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Gli ex alunni della scuola Diaz

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(15 Novembre 2012) Enzo Apicella
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Fra Turchia e Tunisia un velo sulla libertà di espressione

(13 Giugno 2013)

Piazza Taksim è ormai da giorni piena di persone, giovani e famiglie che manifestano pacificamente per un motivo che più pacifico sarebbe difficile immaginarselo: la difesa di un parco pubblico, una delle poche zone verdi al centro di Istanbul, al posto del quale è previsto che sorga l’ennesimo centro commerciale.

A questa democratica espressione di pensiero il governo di Erdogan ha risposto con la forza, gli ultimi scontri 2 notti fa, con le forze antisommossa che hanno riconquistato la piazza (come se si trattasse di una trincea di guerra) ferendo 200 manifestanti. “Vandali e terroristi” per il premier, che ha dichiarato tolleranza zero. “Le proteste in piazza Taksim e nel Parco Gezi sono state totalmente pacifiche e hanno il diritto di continuare - ha detto Andrew Gardner, ricercatore sulla Turchia di Amnesty International, attualmente a Istanbul - Invece di continuare a reprimere attivisti pacifici, le autorità turche dovrebbero iniziare a guardare alle azioni della loro polizia e portare davanti alla giustizia i responsabili degli scioccanti abusi che abbiamo visto nelle ultime due settimane”. Preoccupazione anche da Washington e dalle Nazioni Unite che chiedono alle autorità turche di rispettare il diritto alla libertà di riunirsi dei manifestanti: "Siamo preoccupati da qualsiasi tentativo di punire le persone per aver esercitato il loro diritto alla libertà di parola", ha affermato la portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza, Caitlin Hayden.

Nelle stesse ore la libertà di espressione subisce repressione (si passi il gioco di parole) anche nelle aule di tribunale tunisine. Sono infatti state condannate a 4 mesi e un giorno di reclusione le 3 attiviste delle Femen, Pauline Hillier, Marguerite Stern e Josephine Markmann, arrestate per aver manifestato a seno nudo davanti al tribunale di Tunisi il 29 maggio scorso, per chiedere la scarcerazione della loro compagna tunisina Amina Tyler in carcere dal 19 maggio. Oltraggio alle buone maniere e al pudore e violazione della decenza sono le motivazioni della sentenza. Nel frattempo Amina, diventata simbolo delle libertà e dell’emancipazione femminile nei Paesi del Maghreb, è in prigione con le accuse di offesa alla morale, deturpazione di cimitero e organizzazione criminale.

Due Paesi diversi e lontani, la Turchia e la Tunisia, accomunati però in questi giorni da pericolose ed ingiuste repressioni di un diritto fondamentale, quello di manifestare in maniera libera e pacifica il proprio pensiero ed il proprio dissenso. Un diritto semplice, naturale, che però fa paura, sembra essere il più pericoloso per governati e potenti, un’onda che può cambiare lo status quo. Una libertà, quella di espressione, che spesso si scontra con altre, ed è a volte difficile capire dove sia il confine fra il lecito e l’illecito. Una libertà che deve fare i conti con le nuove tecnologie, le possibilità ma anche le trappole che riservano. Una libertà che crea discussioni, anche nel Paese che più di tutti né ha fatto una bandiera.

"Non sono né un traditore né un eroe, sono un americano. Credo nella libertà di espressione. Ho agito in buona fede, ma è semplicemente giusto che il pubblico si faccia la propria opinione". È la prima battuta di un’intervista al South China Morning Post rilasciata da Edward Snowden, 29 anni, l'ex informatico Cia che si è rifugiato a Hong Kong dopo aver rivelato i dettagli del programma di sorveglianza dell'intelligence statunitense.


13-06-2013

Valentina Valentini - DirittiDistorti

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