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(17 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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EURO: POSIZIONE O MOVIMENTO, PRIMA DI TUTTO SI TRATTA DI CAPIRE

(17 Giugno 2013)

Nella sinistra d’alternativa italiana si è avviata, in contemporanea con altri settori politici come quelli interclassisti di matrice populista, una discussione sul “che fare?” al riguardo dell’Euro: tirarsene fuori, e se sì presentando quale alternativa? Aderire a eventuali proposte referendarie?
Questo dibattito è accompagnato da un altro spunto di riflessione: in realtà, dove ci troviamo, in questo momento, o meglio dove ci collochiamo tra la nostra, apparentemente naturale, posizione d’avanguardia e una diversa posizione di retroguardia, di tipo difensivo laddove il tema centrale piuttosto che quello della rappresentanza e della mediazione politica appare essere quello della ricostituzione di un cosiddetto “blocco sociale” da costruirsi all’interno dell’attualità della frammentazione sociale, attraverso lo sviluppo di “pratiche” di movimento coerenti con l’ispirazione di “classe” che dovrebbe contraddistinguere l’insieme della nostra iniziativa politica.
Si tratta di sviluppare, in premessa a un primo tentativo di risposta a questi elementi di riflessione proposti dal dibattito, un punto al quale ancorare il resto della discussione: va stabilito, infatti, il “dove ci troviamo”, prima ancora di pensare se si rappresenta l’avanguardia o la retroguardia.
La valutazione più convincente che può essere sviluppata a questo proposito è quella del trovarsi all’interno, secondo la definizione gramsciana”, di una “guerra di posizione”, piuttosto che all’interno di una guerra di “movimento”: si tratta, infatti, in questa fase di grande difficoltà di fronteggiare il dominio capitalistico ricostituendo forze e collegando soggettività collettive, attraverso la formulazione di proposte “alte”, tese a delineare un orizzonte di cambiamento radicale attraverso la formazione, non tanto e non solo, di un nuovo “blocco sociale”, ma di un vero e proprio “blocco storico”, ricostruendo, nella complessità, un’identità di classe destinata a durare nel tempo, fornendo il substrato culturale, politico, di appartenenza a nuova e adeguate soggettività politiche di massa.
L’area di riferimento di quest’operazione, dal punto di vista geografico, non potrà che essere l’Europa, pur intendo spirito e lettera di ciò che dobbiamo elaborare e portare avanti attraverso la lotta di pieno recupero della dimensione internazionalista: è evidente, però, come sia necessario prima di tutto rivolgerci all’Europa della sovranazionalità, così come questa è stata, tragicamente dal nostro punto di vista, creata nel corso di questi anni dai padroni della finanza e della politica che stanno gestendo sciaguratamente la crisi.
Premessi questi due elementi: guerra di posizione e dimensione geografica di riferimento intesa come quella europea, la battaglia sull’Euro non appare davvero quella fondamentale da portare avanti.
L’euro, come la lira, il dollaro, la sterlina, lo yen e quant’altro è semplicemente l’espressione “fisica” del dominio capitalistico e l’estrinsecazione visibile (ed anche “tattile”) di quel valore di scambio, che deve far parte del nostro orizzonte di discussione quale elemento di riferimento negativo.
E’ necessario allora tirarci fuori da questa diatriba, Euro sì, Euro no che davvero appare essere una diatriba di retroguardia e collocarci sul serio all’avanguardia, nella consapevolezza – appunto – di rappresentare un’avanguardia all’interno di una guerra di posizione (ci scusiamo per il linguaggio “militare”, ma non pare essercene un altro, nel frangente, così sufficientemente esplicativo).
Ai popoli europei, tra l’altro chiamati alle urne nel 2014 per eleggere i propri rappresentanti al Parlamento di Strasburgo, debbono essere indicati obiettivi politici di alto profilo: la disoccupazione imperante, la fortissima diseguaglianza salariale, la diversità delle condizioni di vita tra una parte e l’altra del continente, il soffocante imperio della BCE, il non riconoscimento del debito, il ruolo frammentato e scarsamente rappresentativo delle istituzioni europee, questi appaiono essere i temi portanti da affrontare.
Serve l’elaborazione di un programma complessivo, in grado di recuperare – da un lato – i principi di fondo del nostro agire politico e dall’altra anche elementi di specifica progettualità riconoscibili sia sul piano sovranazionale sia, per quel che ne rimane e non è poco, su quella della specifica identità nazionale dei diversi settori del proletariato.
Sarà soltanto al livello indicato, quello – appunto – di un programma “fondamentale” sviluppato attorno ai temi dell’identità di classe, di un progetto alternativo anticapitalistico di gestione delle risorse e dell’insieme delle relazioni internazionali, di ruolo delle istituzioni europee all’interno delle quali trovare lo spazio per un’adeguata dimensione di rappresentanza politica che potrà essere portata avanti l’idea di una nuova strutturazione della sinistra d’alternativa collocata ben oltre la ristretta dimensione nazionale: il tema dell’Euro, in questa dimensione, appare davvero un dettaglio.

Franco Astengo e Patrizia Turchi

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