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(3 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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Comma 22

Sul protocollo d’intesa Cgil - Cisl - Uil - Confindustria

(23 Giugno 2013)

Da "Umanità Nova", anno 93, n. 21

parabolaciec

In questo periodo mi è occorso sovente di domandarmi se agli attuali accadimenti non si potesse applicare la categoria gramsciana di rivoluzione passiva intesa come radicale ristrutturazione dall'alto dell'ordinamento politico e delle relazioni sociali.
Una simile lettura degli eventi peraltro bene si collega all'etimo stesso della parola “rivoluzione” propriamente intesa in senso astronomico come il movimento che un pianeta o un altro corpo celeste compie attorno a un centro di massa.
Seguendo questa linea di pensiero possiamo considerare quanto è recentemente avvenuto sul piano elettorale come un mero epifenomeno che rimanda a movimenti profondi del corpo sociale che possiamo definire come crisi della politica dove il termine “politica” è inteso come luogo dove si decidono effettivamente l'allocazione di risorse e scelte significative per la vita sociale.
La crisi della politica si manifesta necessariamente come crisi del sistema dei partiti e quest'ultima non può non avere effetti rilevanti sul quadro sindacale.
In estrema sintesi, sembra evidente che i sindacati concertativi a fronte, per un verso, di un obiettiva debolezza derivante dalla crescita della disoccupazione e dalla riduzione dei salari alle quali nulla sono in grado, per la loro stessa natura concertativa, di opporre e, per l'altro, alla crisi politica rispondono ricomponendo un blocco e lavorando ad un sistema di regole sulla rappresentanza tale da garantire il loro monopolio ed il loro steso ruolo su questo terreno.
Sotto questo profilo non vi sono novità sostanziali rispetto ad un processo che ha visto, ormai da decenni, i sindacati concertativi cercare la legittimazione del loro ruolo da parte del padronato e del governo mentre perdevano quella da parte dei lavoratori.
Non va però sottovalutato il fatto che l'accordo sulla rappresentanza al quale sono pervenuti CGIL CISL UIL e Confindustria in un fragore di applausi da destra, sinistra, sopra e sotto è volto a rendere sempre più impraticabile la l'azione dei lavoratori fuori e contro la gabbia di ferro corporativa che hanno costruito negli anni.
La stessa FIOM è pienamente allineata alla deriva neocorporativa in atto. Non si tratta di una repentina conversione del suo gruppo dirigente ma della presa d'atto che nell'attuale quadro sociale si riduce il margine di gioco per ogni opposizione di sua maestà.

Cosa stabilisce infatti l’accordo?
E' bene ricordare che l’attuale accordo sulla rappresentanza ha le sue radici, e lo dichiara, nell'accordo del 28 giugno 2011 che autorizza le deroghe, cioè i peggioramenti, dei contratti nazionali ed è bene ricordare che l'articolo 8 della legge Sacconi autorizza anche a fare accordi che peggiorano la legge, compreso lo Statuto dei lavoratori. Questa intesa non mette alcun limite a ciò che imprese e maggioranze sindacali possono concordare. Le convenzioni con gli enti pubblici coinvolti, INPS e CNEL, implicano soldi pubblici e quindi leggi che ne autorizzino la spesa. Quindi l'accordo vale solo per i firmatari, ma la legge usa i soldi di tutti per finanziarlo. In sintesi il trucco di fondo è che questo è un accordo che dovrebbe impegnare solo CGIL CISL UIL e Confindustria, ma si applica a tutti e vincola tutti anche per quanto riguarda deroghe a leggi e contratti.
Per quanto riguarda la misurazione della rappresentatività, siamo al comma 22.
Per essere al tavolo dei contratti devi contare le deleghe certificate presso l'INPS, ma per avere il diritto a raccogliere le deleghe devi essere già firmatario di contratti. Quindi i non firmatari di contratti e di questo accordo sono esclusi in partenza dal tavolo.
Tutti i riferimenti al 5% per essi non valgono, perché non possono neanche partecipare alla conta. È bene sottolineare che questo sistema di registrazione delle deleghe è lento e richiede adempimenti burocratici autorizzati dalla legge. Ci vorrà tempo e nel frattempo chi fa i contratti che scadono? CGIL CISL UIL firmatarie di questo accordo e eventualmente UGL e sindacati padronali.
I voti per le RSU, poi, se possibile vengono raccolti dai comitati provinciali, se non possibile non si sa da chi....
Chi raccoglie i voti poi li manda al CNEL, dunque i firmatari dell'accordo sono anche quelli che raccolgono i risultati elettorali...i controllati fanno anche i controllori.

E' bene ricordare poi che, anche per partecipare alle elezioni delle RSU, bisogna aderire alla intesa e quindi accettare i vincoli di esigibilità. Dove ci sono già le RSU si continua in generale a rieleggerle, ma dove ci sono le RSA nominate si può passare alle RSU solo con l 'accordo di tutti e tre i firmatari, basta un veto e non si vota mai. In una fase di ristrutturazione industriale di esternalizzazione e di chiusura di aziende è molto probabile che le RSA si diffondano. Se poi si pensa che nelle aziende Confindustria le RSU sono più diffuse, mentre nei servizi e nel commercio ci sono soprattutto RSA, con questo accordo CGIL CISL UIL rinunciano definitivamente ad estendere le RSU in tutti i luoghi di lavoro. C'è poi la clausola capestro sui delegati eletti. Se cambiano appartenenza sindacale decadono e vengono sostituiti con i primi dei non eletti nella lista sindacale di vecchia appartenenza. Se un delegato diventa scomodo per la sua organizzazione questa lo caccia e lo sostituisce. Se poi è anche scomodo per il padrone...diventa un semplice lavoratore senza più le tutele sindacali... Il tanto esaltato sistema proporzionale puro, senza il terzo di nominati, nasconde la realtà opposta: i delegati sono tutti nominati dalle segreterie e se sgarrano sono fuori. Questo è il PORCELLUM SINDACALE.
Il contratto è valido quando lo sottoscrive la maggioranza dei sindacati di CGIL CISL UIL e viene confermato dalla maggioranza semplice dei lavoratori. I lavoratori sono consultati secondo regole, diverse tra categoria e categoria, concordate tra loro tra i sindacati.
La consultazione certificata di solito non è il referendum, ma il voto in assemblea registrato su verbale. Basta la maggioranza semplice, quindi in una categoria di centomila addetti se votano solo diecimila persone vale la maggioranza tra queste. Il voto certificato ha come problema che sono i dirigenti sindacali che certificano, nessun criterio di trasparenza e controllo della correttezza del voto è annunciato, anzi ancora una volta i controllati sono anche i controllori. Una volta così approvato, l'accordo è esigibile, cioè vincolante per tutti i firmatari e si applica anche a chi non è iscritto a CGIL CISL UIL. I firmatari non possono fare azioni di contrasto, cioè provare in qualche azienda a migliorare le parti negative di un contratto. L'accordo si conclude con l'annuncio del sistema di polizia che sarà realizzato per rendere effettiva la esigibilità.
Dirigenti della FIOM della CGIL hanno detto che non ci sono le sanzioni, È FALSO. I contratti nazionali di categoria DOVRANNO definire clausole di raffreddamento, che, cioè, impediscano lo sciopero e l'azione legale. Se non fai queste clausole non c'è il contratto.
Con queste clausole si definiscono anche le conseguenze, cioè le sanzioni, cioè le punizioni per chi non rispetta la esigibilità. CGIL CISL UIL hanno il compito di esercitare il controllo politico sulle strutture nazionali di categoria, che controlleranno allo stesso modo le strutture sindacali territoriali, che faranno lo stesso con i delegati di fabbrica.
Prima si accetta di non scioperare e di obbedire e poi si hanno i diritti sindacali. La maggioranza dei sindacati firmatari decide sui contratti e la minoranza può solo piegarsi.
Ritengo evidente che quanto avvenuto e, soprattutto, quanto seguirà all’accordo sulla rappresentanza sia la compiuta realizzazione di un modello corporativo sperimentato da tempo ma che qualche perturbazione negli ultimi anni l’aveva vissuta e la prova che Confindustria una scelta l’ha fatta, le serve un sindacato forte ed è pronto a garantire a CGIL CISL UIL questo ruolo in cambio di ulteriori concessioni per quanto riguarda i diritti dei lavoratori.

Per chi, come noi, ha l’obiettivo di scardinare la gabbia corporativa si tratta di operare in due direzioni:

- la denuncia argomentata della natura e della prassi del sindacalismo concertativo e del legame fra riduzione dei diritti e degrado delle condizioni di vita e di lavoro della nostra classe;
- l’organizzazione, il coordinamento, la radicalizzazione proprio di quel conglitto che l’accordo vuole spegnere.

Hic Rhodus hic salta

Cosimo Scarinzi

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