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L'angoscia dell'anguria

L'angoscia dell'anguria

(24 Luglio 2013) Enzo Apicella

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    Comunicati riunione Partiti e Organizzazioni M-L europei

    (24 Giugno 2013)

    Comunicato della riunione di Partiti ed Organizzazioni Marxisti-Leninisti
    d'Europa

    La crisi del sistema capitalista si è ulteriormente aggravata a livello
    mondiale e in Europa prende sempre più la forma di recessione. Allo stesso
    tempo, il rifiuto della politica di austerità non è mai stato così forte e
    massiccio: decine di milioni di lavoratori, uomini e donne, si lanciano nelle
    strade di tutte le capitali europee.
    La politica di austerità imposta dappertutto, invece di "risolvere la crisi",
    come pretendono di far credere i governi neoliberisti e social-liberisti,
    l'approfondisce. Questa politica acuisce la recessione nei paesi più colpiti
    dalla crisi e comincia ad avere conseguenze nei paesi che si sono approfittati
    della crisi degli altri, come è il caso dell'imperialismo tedesco. Questa
    politica fa crescere il debito pubblico ed accresce le disuguaglianze
    economiche, rafforza lo sviluppo disuguale e la concorrenza tra i paesi
    dell'Unione Europea (UE).
    Si tratta di un circolo vizioso che i lavoratori ed i popoli devono spezzare
    se non vogliono essere trascinati in una spirale che li riporterà in
    situazioni che ricordano quelle del 19° secolo.
    Il fiscal compact firmato da Merkel e Sarkozy, è stato accettato tale e quale
    praticamente dalla totalità dei governi dell'UE. È un patto che combina la
    politica di austerità e l’intensificazione della "competitività", che
    chiaramente significa maggiore flessibilità, maggiore facilità di licenziare e
    una riduzione brutale e pesante dei salari, che sono presentati come "costi".
    Noi diciamo che non è il lavoro ad essere un "costo", ma è il capitale ad
    essere sempre più insopportabile per i lavoratori ed i popoli.
    I dirigenti delle principali potenze imperialista europee, a cominciare da
    Merkel e Hollande, pretendono di imporre un "governo europeo", vero e proprio
    Stato maggiore dell'oligarchia finanziaria. Con ciò mirano a rafforzare il
    potere economico e politico dell'oligarchia e a trasformare le istituzioni
    elettive degli Stati – specialmente i parlamenti, ma anche le istituzioni
    regionali e locali - in semplici cinghie di trasmissione della loro politica.
    Approfittando della crisi che ha colpito Cipro, i dirigenti europei hanno
    cominciato una nuova tappa, pretendendo di tassare e far pagare i piccoli
    risparmiatori. Si tratta di un messaggio, di una minaccia ai popoli: domani i
    vostri risparmi saranno confiscati dal capitale.

    Tutto ciò mette in luce il vero obiettivo: sfruttare al massimo la classe
    operaia, liquidare i meccanismi di protezione sociale, indebolire la capacità
    di lotta dei lavoratori, trasferire una parte sempre maggiore della ricchezza
    creata all'oligarchia, ai proprietari del capitale, a quella minoranza che
    vive sulle spalle dei lavoratori e dei popoli. Mentre la povertà assume
    proporzioni mai viste, mentre la fame è una piaga che colpisce milioni di
    donne, di uomini, di bambini, l'oligarchia ostenta la sua ricchezza e vive in
    un lusso sfacciato.

    Austerità fa rima con autoritarismo

    Questa violenta offensiva del capitale è portata avanti con inaudita brutalità
    e calpesta i diritti democratici. L'austerità va di pari passo con
    l'autoritarismo. I governi sono installati dalla Troika (UE, BCE, FMI), alcuni
    Stati, come la Grecia, sono messi sotto tutela, obbligati a presentare
    regolarmente i loro conti davanti a “commissioni di esperti” diretti dalla
    stessa Troika.
    Il movimento operaio e sindacale è il bersaglio principale degli attacchi del
    capitale. In diversi paesi viene criminalizzata la protesta sociale e vengono
    imposti limiti alla pratica dei diritti sindacali. I settori combattivi dei
    lavoratori ed i militanti che si oppongono alla collaborazione di classe sono
    espulsi dai sindacati da dirigenti che attuano questa collaborazione.
    Allo stesso tempo i governi e il padronato portano avanti un'intensa campagna
    per delegittimare il sindacato. Costoro approfittano della crisi, dell'elevato
    numero dei disoccupati, etc., per fare pressione sui lavoratori affinché non
    si iscrivano ai sindacati, sebbene ciò sia un diritto fondamentale contenuto
    nelle costituzioni di tutti gli Stati dell'UE. Le lavoratrici e i lavoratori
    migranti soffrono particolarmente questa politica repressiva. I gruppi
    razzisti e fascisti li accusano e li attaccano. Fuggiti dai loro paesi a causa
    della miseria e della guerra, di cui sono responsabili le potenze
    imperialiste, specialmente in Africa, i migranti subiscono il super-
    sfruttamento ed il razzismo.
    In numerosi paesi il movimento progressista, il movimento politico e quello
    sindacale, si mobilitano e lottano affinché le donne e gli uomini migranti
    abbiano gli stessi diritti dei loro fratelli di classe.

    In diversi paesi dell'UE i gruppi e i partiti razzisti e fascisti diffondono
    le loro idee che sono amplificate dai grandi mezzi di informazione, i quali
    puntano apertamente a influenzare vasti settori delle masse popolari. Alla
    tradizionale demagogia dell'estrema destra xenofoba e razzista, si aggiunge
    oggi una pericolosa demagogia populista che mescola propositi "sociali" a un
    forsennato nazionalismo. Tutti costoro fanno leva sul malcontento delle masse
    e sul profondo rifiuto dei partiti, sia quelli di destra, sia quelli che si
    dicono di sinistra, che applicano la politica di austerità.

    La crisi acutizza le contraddizioni tra le potenze imperialista ed i blocchi
    imperialisti

    Il problema del controllo delle fonti energetiche, delle materie prime, delle
    zone strategiche e dei mercati, è la causa profonda delle guerre di
    aggressione e degli interventi militari delle potenze imperialiste. Dopo la
    Libia, il suo petrolio e le sue ricchezze, è il Mali che adesso subisce la
    politica di guerra. L'imperialismo francese e quello britannico sono state le
    forze più coinvolte nella guerra alla Libia, mentre è l'imperialismo francese
    quello che ha lanciato la guerra in Mali. In entrambi i casi hanno fatto
    appello ai loro alleati europei e dell'UE chiedendo supporto in tali azioni
    reazionarie. Allo stesso tempo, si mantengono truppe in Afghanistan e altri
    paesi sono nel mirino delle potenze imperialiste, particolarmente la Siria.
    L'imperialismo statunitense ed il suo braccio armato, la NATO, fanno pressione
    sugli alleati europei affinché si facciano carico, sempre di più, della
    componente "europea" della NATO, e si impegnino ancor più a livello
    finanziario e militare. La lotta in ogni paese per uscire dalla NATO e per la
    sua dissoluzione è di stringente attualità.
    I popoli d'Europa non hanno nulla da guadagnare da questa politica bellicista
    al servizio esclusivo degli interessi dell'oligarchia finanziaria.
    A essi interessa invece sviluppare concretamente i legami di solidarietà coi
    popoli che soffrono il saccheggio e la dominazione delle potenze imperialista
    europee, specialmente i popoli dell'Africa, per lottare uniti contro il
    sistema di oppressione e sfruttamento.

    Il nostro campo è quello dei lavoratori e dei popoli

    L'aspirazione a lottare uniti contro la politica di austerità, contro i diktat
    della Troika, cresce. La questione di far convergere queste lotte e sviluppare
    la solidarietà al di là le frontiere, è più che mai all’ordine del giorno.
    In molti paesi il rifiuto della politica di austerità, si combina con quello
    della Troika, dell'euro e dell'UE. I sostenitori dell’Europa della reazione e
    del capitale si preoccupano di fronte a tale protesta e cercano di evitarla
    attraverso le posizioni reazionarie sostenute dai partiti e dalle
    organizzazioni fasciste e nazionaliste, che non mettono in discussione il
    sistema capitalista, ma dividono i popoli e li aizzano gli uni contro gli
    altri.
    Le forze riformiste rispondono alle proteste con un patetico ed illusorio
    appello per una "Europa sociale" che non corrisponde per nulla alla realtà.
    Noi proclamiamo che i popoli hanno il diritto a uscire dall'euro così come
    dall'UE. D’altronde, è risaputo che non tutti i paesi europei appartengono
    all’eurozona.
    Assieme alle forze progressiste che difendono quella posizione, affermiamo che
    questo è un problema legato alla questione della difesa della sovranità
    popolare e inscriviamo questa battaglia nella lotta contro la politica di
    austerità imposta dall'UE.
    Affermiamo che se un popolo decide ed impone di uscire dall'euro, noi saremo
    solidali con la lotta che dovrà portare avanti contro l'offensiva
    dell'oligarchia, che farà tutto il possibile per fargli pagare tale decisione.
    In ogni caso, difendiamo la parola d’ordine del rifiuto di pagare il debito,
    che sia espresso in euro o in qualunque altra moneta.

    L'ampiezza della resistenza operaia e popolare, che è chiamata a svilupparsi
    ancora, pone il problema dello sbocco politico da offrire alla ascesa della
    lotta di classe. La classe operaia è all'avanguardia in questa battaglia ed
    ampi settori delle masse lavoratrici, delle città e della campagna, si
    ritrovano assieme nelle piazze, nelle manifestazioni.
    La questione dell'unità della classe operaia e dell'unità di tutti gli strati
    popolari, è fondamentale per sviluppare una politica di fronte che già vede
    espressioni concrete in diversi paesi.
    I nostri Partiti ed Organizzazioni chiamano a sviluppare dovunque questa
    politica, e la inseriscono nella prospettiva della trasformazione
    rivoluzionaria della società e dello sviluppo della solidarietà
    internazionalista.

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    Solidarietà con le proteste dei popoli della Turchia!

    Pieni di indignazione vediamo come il governo turco cerca di reprimere con
    brutale violenza la protesta dei popoli della Turchia.
    Pieni di ammirazione vediamo come i popoli della Turchia non si fanno
    intimidire e di fronte all'oppressione, all'arbitrio, al soggiogamento
    reazionario della vita quotidiana della società da parte del governo e del
    terrore poliziesco, intensificano la loro lotta per i diritti e le libertà
    democratiche. Noi salutiamo questa resistenza e ci dichiariamo solidali con le
    sue rivendicazioni.
    A Istanbul il governo turco vuol distruggere, nell'interesse del capitale, il
    Parco Gezi per aprire uno spazio in cui insediare un mega-progetto edilizio.
    E' stato questo il motivo che ha sviluppato in Turchia, prima di tutto e
    fondamentalmente da parte della gioventù, un ampio movimento di resistenza. Ma
    il movimento va molto al di là dell'occasione e si rivolge contro il governo
    reazionario dell'AKP e di Erdogan! Da lungo tempo esso scatena la rabbia di
    larghe masse contro questo governo.
    Con la sua brutale violenza poliziesca il governo del presidente Erdogan
    rivela di essere una dittatura antipopolare nell'interesse dei monopoli. E'
    dunque giustificato che i dimostranti chiedano la sua caduta, la libertà e la
    democrazia.
    Da molti anni il governo turco, che era prima esaltato come un modello di
    liberaldemocrazia per i paesi islamici della regione, riceve l'appoggio
    dell'UE e degli Stati imperialistici europei per la sua politica reazionaria.
    Adesso, in considerazione dell'ampia rivolta popolare, i paesi imperialistici
    europei prendono ipocritamente le distanze con le loro dichiarazioni sulla
    violenza poliziesca. Erdogan respinge pubblicamente questa ipocrita critica al
    suo governo affermando che le proteste sarebbero ordite da Stati stranieri.
    Noi dichiariamo che questa affermazione del governo Erdogan non è soltanto
    bassamente demagogica, ma è anche un segno che esso non crede che il suo
    popolo sia capace di lottare per i diritti e le libertà democratiche.
    Neppure è accettabile la tesi governativa secondo cui analoghe violenze
    poliziesche sono poste in atto anche dai paesi occidentali. Questa verità non
    può costituire in alcun modo una giustificazione per le rappresaglie. Ciò, se
    rivela, da un lato, che il governo Erdogan prende a modello le pratiche
    antidemocratiche degli Stati occidentali, dimostra, dall'altro, che i diritti
    e le libertà democratiche non possono essere ottenuti con un'adesione all'UE,
    ma soltanto con la lotta popolare.
    In tutta Europa vi sono progetti simili: in Italia, la TAV, che ha suscitato
    un'ampia resistenza in Val di Susa; in Germania a Stoccarda, dove da più di
    tre anni la popolazione sta conducendo un'ampia opposizione contro la
    costruzione di una Stazione ferroviaria sotterranea del costo di oltre 6,8
    miliardi di euro, che ha una capacità pari alla metà di quella della vecchia
    stazione ferroviaria; a Berlino, dove alcuni miliardi di euro sono stati
    investiti in un grande aeroporto che non funziona; in Francia, dove la
    popolazione contrasta attivamente l'aeroporto di Notre Dame des Landes, ecc.
    Essi sono tutti, in un periodo di tagli e di politiche restrittive,
    enormemente costosi, non hanno alcuna utilità per la classe operaia e per il
    popolo, ma da essi devono essere pagati. Inoltre, distruggono la natura e
    l'ambiente. Servono soltanto alle banche, ai grandi gruppi delle costruzioni
    edilizie e agli speculatori immobiliari. Tutti questi progetti vengono imposti
    con la violenza e la demagogia contro la resistenza popolare.
    Noi diamo il nostro appoggio a tutte queste lotte e solidarizziamo con esse.
    Appoggiamo in questi movimenti tutte le tendenze, affinché la lotta possa
    andare anche al di là dei confini nazionali e sia condotta non in modo
    ristretto, ma in una prospettiva politica per la liberà e la democrazia,
    contro il capitale e per un'altra società.
    Nell'attuale situazione, chiamiamo a solidarizzare con la lotta dei popoli
    della Turchia e ad appoggiarne le forze nella loro battaglia per la libertà e
    i diritti democratici.

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    Piattaforma Comunista

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