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(9 Aprile 2013) Enzo Apicella

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Rete 28 Aprile: riesumata la salma della “Sinistra sindacale”

(4 Luglio 2013)

Con lo scioglimento dell'area congressuale la "CGIL che vogliamo", diretta da Gianni Rinaldini, una parte della burocrazia di sinistra della CGIL ha riesumato alla vigilia dell'apertura del congresso che si terrà in autunno, la sinistra sindacale Rete 28 Aprile.
La stessa ha tenuto la sua assemblea nazionale sabato 29 giugno a Roma presso i locali occupati dell'ex Inpdap di viale delle Province dove ha annunciato la presentazione di un documento congressuale alternativo.
Come di consueto, il dibattito molto partecipato (malgrado la sala non fosse molto piena), è stato aperto dal portavoce nazionale della Rete, Giorgio Cremaschi, il quale ha analizzato la situazione politico sindacale criticando aspramente l'accordo sindacale sulla rappresentanza recentemente sottoscritto dalla CGIL con CISL, UIL e Confindustria.
La relazione di Cremaschi è stata ampia e sostanzialmente condivisibile, ha analizzato l'operato politico di governo, la situazione internazionale, il ruolo della CGIL di sostegno all'azione politica del PD e del governo di unità nazionale presieduto da Letta che, in totale continuità con il precedente governo Monti, vuole continuare ad attuare le politiche di austerity come chiesto da Confindustria.
Malgrado io abbia condiviso quasi totalmente l'analisi politica di Cremaschi, nel mio intervento ho posto alcune questioni sulle quali il gruppo dirigente dell'apparato CGIL che si riconosce nella Rete, continua a dimostrare di non voler assolutamente aprire la discussione.
Uno dei limiti della relazione di Cremaschi è stato di non aver fornito alcun bilancio critico delle esperienze negli ultimi venti anni delle aree programmatiche o aree congressuali che si sono avvicendate nella battaglia di opposizione all’interno della CGIL.
Sarebbe bastato rispondere alla seguente domanda: com’è possibile che da Essere sindacato in poi, fino ad arrivare alla "CGIL che vogliamo", tutte le aree di sinistra sindacale non siano riuscite a bloccare, ma nemmeno ad ostacolare il processo degenerativo della direzione nazionale, in anni in cui si è rivelata sempre più chiaramente la complicità con i progetti della borghesia italiana da parte della maggioranza dei quadri dirigenti della CGIL?
Com’è possibile che dopo tanti anni di attività sindacale da parte della burocrazia di sinistra non si è riusciti a costruire nei posti di lavoro un coordinamento di lavoratori organizzati in modo intercategoriale che svolgesse il ruolo di traino delle lotte per fronteggiare l'attacco padronale e governativo ai diritti e al salario dei lavoratori dipendenti? E' tutto spiegabile nell'azione politica concertativa del gruppo dirigente della maggioranza che ha bloccato tali possibili processi?
Senza ombra di dubbio, il gruppo dirigente della CGIL, ha pesanti responsabilità politiche sul peggioramento dei diritti dei lavoratori.
Allo stesso tempo però, penso che questo tipo di critica, non sia sufficiente per comprendere appieno la deriva imboccata dall'organizzazione.
La crisi della CGIL è ancora più profonda, e non investe solo ed esclusivamente il gruppo dirigente che ieri si riconosceva nella politica concertativa di Cofferati e ora appoggia incondizionatamente Susanna Camusso, ma coinvolge l'intero struttura politica dell'organizzazione e la totalità del gruppo dirigente.
Nel corso degli anni, invece di combattere le pratiche di apparato che consentono ogni tipo di manovra contro gli interessi dei lavoratori da parte del gruppo dirigente dell'organizzazione, hanno favorito e sostenuto meccanismi che non sono affatto rappresentativi della base o dei delegati sindacali più combattivi; meccanismi che continuano a non consentire ai lavoratori di decidere veramente la composizione democratica dei gruppi dirigenti, anche nell’opposizione.
Il meccanismo congressuale di confronto/scontro tra apparati, ha determinato l'istaurarsi di un automatismo classico del gioco delle parti tra burocrazia di destra e di sinistra che si riproduce ormai ogni quattro anni per osmosi sindacale.
La contrattazione tra le varie frange della burocrazia per occupare i posti di direzione politica nell'apparato è sempre avvenuta ancora prima dell'apertura delle assemblee congressuali di base, dove lo scontro politico, che si accendeva al momento della presentazione delle mozioni congressuali nei posti di lavoro, si spegneva successivamente man mano che venivano convocati i congressi di categoria e confederali a livello provinciale, regionale e nazionale.
Questa modalità burocratica di affrontare sia la composizione dei gruppi dirigenti sia le vertenze sindacali, ha contribuito a determinare nel corpo attivo dei delegati più combattivi che compongono le RSA/RSU scoraggiamento e passivizzazione.
La centralità dei delegati sindacali, come soggetto di direzione politico-sindacale, che nelle istanze congressuali è sempre stata rivendicata dalle varie esperienze della sinistra sindacale, nella realtà non è mai stata applicata dagli stessi soggetti che la rivendicavano.
I risultati sono oggi sotto gli occhi di tutti e mostrano la scarsa rappresentatività della stessa Rete 28 Aprile, dove la presenza dei delegati sindacali è pressoché nulla, sia nella direzione della Rete, sia alla base.
Invece di invertire la tendenza sul piano della democrazia dando un vero ruolo a quei delegati di posto di lavoro che rischiano in prima persona nelle aziende per la loro attività sindacale, si è continuato ad accettare una prassi ormai consolidata in CGIL, per cui a decidere e dirigere sono i funzionari e non i delegati sindacali o altre rappresentanze reali della base.
Questa metodologia ha accomunato nel tempo le correnti dell’apparato sindacale di destra (Trentin, Cofferati, Epifani, Camusso) e, sia pure in misura minore, quelle di sinistra (Bertinotti, Patta, Danini, Cremaschi).
Nel mio intervento ho descritto questo iter fallimentare delle varie esperienze di sinistra (Rete 28 Aprile inclusa) e ho anche detto che non è più procrastinabile, poiché lede principi fondamentali come l'etica e la morale del fare attività politica e sindacale, l’apertura di una seria riflessione sul fatto che nei congressi di base i dirigenti sindacali violano sistematicamente le stesse regole congressuali che l'organizzazione definisce prima dell'avvio della fase congressuale.
Questo problema cruciale, che nello scorso congresso è stato più volte sollevato dai gruppi dirigenti di entrambe le mozioni che reciprocamente si sono accusate di aver commesso scorrettezze alterando i dati dei voti, rappresenta il punto più basso della degenerazione politica ed etica dell'organizzazione.
In questo contesto mi chiedo e chiedo a ciò che resta della Rete 28 Aprile (dalla quale comunque mi sono dimesso alcuni mesi fa con lettera pubblica dopo avervi lavorato per anni con passione e sincerità): che senso ha fare il congresso?
Non sarebbe meglio smetterla di rincorrere le scadenze e le logiche della burocrazia nazionale, concentrando le poche energie rimaste sulla necessità di lavorare seriamente all’organizzazione di vertenze e lotte dal basso? al loro coordinamento? al conseguimento di qualche vittoria parziale e minima, ma che consenta ai lavoratori di riprendere coraggio in vista di scadenze di lotta più ampie?
Ritengo che sia un errore partecipare a un congresso in cui i giochi sono già fatti e in cui la Rete 28 Aprile conta solo di ottenere o conservare qualche incarico, quale posto di funzionario.
Del resto, bastava guardare alla presidenza dell’assemblea per capire che a dirigere la Rete sono i funzionari e non i delegati dei posti di lavoro.
Non credo che si debba sottostare al trucco di un congresso che ha questo tipo di modalità, e soprattutto non credo che per cambiare la CGIL ci sia bisogno di far entrare nel grosso del gruppo dirigente altri piccoli aspiranti dirigenti che non sono espressione delle lotte dei lavoratori, che non sono interni al mondo del lavoro e che si battono in fondo per mantenere i propri incarichi da funzionari o per conquistarne di nuovi.
Non ho dubbi che se la ripresa del conflitto sociale nel nostro paese ci sarà, prima o poi, ciò non sarà il frutto di battaglie burocratiche nella CGIL e nemmeno di una crescita del numero di funzionari della Rete 28 Aprile in seno all’apparato.
Potrà essere invece solo il frutto della volontà e capacità delle masse dei lavoratori salariati di determinare processi di autorganizzazione dal basso con pratiche democratiche e conflittuali finalizzate alla riconquista di diritti e salario persi durante vent'anni di concertazione sindacale.
Il nocciolo del mio intervento è stato che senza una rivoluzione etica all’interno della Cgil ma anche all’interno delle varie sigle politiche che compongono la Rete 28 aprile, il potere della burocrazia nazionale resterà intatto e anzi si rafforzerà ulteriormente, come sta accadendo nella stessa Fiom.


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Andrea Furlan
RSA Filcams - CGIL Roma - nord

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