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La "questione Natuzzi" e l'unica via possibile

Nazionalizzare senza indennizzo sotto controllo operaio

(8 Luglio 2013)

Panoramica della vicenda relativa alla procedura di disoccupazione per quasi 2000 dipendenti Natuzzi tra gli stabilimenti di Matera e Ginosa

La cronaca dal mondo del lavoro si è arricchita da qualche giorno dell’ennesima vicenda a tinte fosche. La Natuzzi Spa, produttrice di divani, mobili e accessori, ha presentato un piano industriale di riorganizzazione che prevede l’apertura di 1726 procedure di mobilità e il sostanziale smantellamento di ben tre stabilimenti tra Basilicata e Puglia, di cui due a Matera e uno a Ginosa.
Venerdì un incontro al Ministero dello sviluppo economico tra azienda e sindacati, ha provvisoriamente sospeso i termini della procedura che tuttavia, a detta dell’azienda, “rimane in essere”.
Il pericolo per i lavoratori lucani e pugliesi, quindi, non è scongiurato e una lunga lotta si prospetta nelle prossime settimane per evitare un’altra catastrofe sociale in un’area già segnata dall’altissimo tasso di disoccupazione ed emigrazione.

LA CRISI DEL SALOTTO
Tra gli anni Ottanta e Novanta nell’area murgiana compresa tra le Provincie di Matera, Bari e Taranto, si sviluppò un polo industriale basato sul mobile imbottito che arrivò a impiegare quasi quindicimila lavoratori diventando l’orgoglio, il fiore all’occhiello, di un’area dove il settore economico secondario aveva incontrato da sempre difficoltà di espansione.
All’inizio degli anni Duemila la svolta. Nel giro di pochissimo le aziende passano da 520 a 100, con ovvi risvolti occupazionali: si passa da 15mila lavoratori ai 6mila attuali, indotto compreso.

ANALISI DI UN PIANO DI DELOCALIZZAZIONE
Lunedì primo luglio duemilatredici rischia di essere ricordato come la data di morte degli stabilimenti di Matera e Ginosa. Il piano che è stato beffardamente e sfacciatamente denominato “salvaguardia del polo Italia” non è altro che un brutale taglio al personale, preludio al trasferimento della produzione in aree con un costo del lavoro più basso, probabilmente la Romania.
La causa è, appunto, l’alto costo del lavoro, e il pretesto sarebbe la concorrenza, definita sleale dai padroni nostrani, di un polo parallelo costituito da numerose piccole aziende che operano nella medesima area sfruttando manodopera cinese a costo inferiore.
Ma a chi bisogna attribuire realmente la responsabilità di questo quadro drammatico? Le colpe dello sfascio del polo del salotto non sono certo dei lavoratori, gli unici veri produttori della ricchezza sociale che gronda come il grasso dalla pinguedine dei padroni e dei loro servi istituzionali. Vanno invece ricercate esclusivamente nella crisi mondiale del capitalismo, cioè in quell’ambiente fondato sulla sovrapproduzione di merci da parte dei lavoratori che ha saturato il mercato internazionale. Di qui nasce la necessità da parte dei capitalisti di delocalizzare le produzioni nell’Est e nell’estremo Oriente, dove i nostri fratelli proletari vengono remunerati con salari di fame, senza diritti di nessun genere. Di qui nasce l’illusione degli sfruttatori di poter competere sul mercato mondiale delle merci. Grazie a questa legge inesorabile, complice l’immobilismo dei manager aziendali, gli stabilimenti sono progressivamente diventati “cadaveri industriali” tenuti in vita artificialmente dalla cassa integrazione.
Non sono bastati, soltanto pochi mesi fa, i patetici triti e ritriti sbandieramenti dei
Governatori di Puglia e Basilicata, Nichi Vendola e Vito De Filippo, circa un accordo di
programma che avrebbe sostanzialmente foraggiato il distretto del mobile imbottito con altri 101
milioni di euro in cambio della promessa di “salvaguardia e consolidamento della filiera
produttiva dell’area murgiana”. Questo dato, alla luce della recente decisione di Natuzzi, già basterebbe a tirare le somme circa l’operato politico delle istituzioni locali, ma sarebbe sbagliato trascurare i fiumi di danaro pubblico che dalle Regioni e da Bruxelles si sono riversati sul polo del salotto per la formazione di operai presi a tempo determinato, con l’illusione di una possibile assunzione, e scaricati al termine del percorso formativo. Altri soldi pubblici buttati (non senza le ombre del clientelismo) e altri giovani e meno giovani senza uno straccio di contratto.
Un approfondimento merita, infine, la “questione cinese”, ossia la questione delle fabbriche operanti nell’area murgiana in mano a padroni cinesi che sfruttano manodopera cinese. Da anni ormai, le aziende del polo del salotto e del mobile imbottito che chiudono o delocalizzano indicano la concorrenza sleale di questi “poli ombra” come una delle cause principali delle loro difficoltà.
L’esistenza di uno sfruttamento brutale, senza diritti e senza tutele di lavoratori asiatici è cosa nota da anni e che prosegue nell’incredibile indifferenza generale di istituzioni, sindacati e organi di informazione. Nell’ambito di una lettura di classe e internazionalista, non potevamo chiudere la
nostra analisi senza denunciare anche questa ingiustizia perpetrata ai danni della classe mondiale dei lavoratori, e indirizzare perciò la lotta internazionalista dei lavoratori contro i padroni di ogni risma e contro ogni tentativo di dividere i lavoratori su basi etniche, razziali o religiose.

LE ILLUSIONI E LE SOLUZIONI
Quella di venerdì è già stata definita da più parti una “tregua in attesa del prossimo incontro del 15 luglio”, ma sappiamo bene che lo scopo dell’azienda Natuzzi è soltanto quello di ricevere, dietro il ricatto dei licenziamenti, altri regali dalla politica, come accaduto con l’accordo di programma di febbraio.
Gli impegni assunti nei confronti dei lavoratori da eventuali futuri accordi, però, rischiano di essere disattesi ancora una volta e questa situazione non è più tollerabile. Da comunisti, l’unica soluzione che auspichiamo è costituita dall’esproprio senza indennizzo e il passaggio sotto il controllo dei lavoratori della Natuzzi e di tutte le fabbriche che, dopo aver mangiato per anni
danaro pubblico, pianificano fughe e trasferimenti di produzione all’estero.
Il PCL esprime massima solidarietà e vicinanza agli operai della Natuzzi. Manteniamo alta la guardia e siamo pronti a partecipare in prima fila a tutte le lotte che si prefiggono la salvaguardia del lavoro e dei diritti dei lavoratori.

7 Luglio 2013

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI
NUCLEO PROVINCIALE DI MATERA

Fonte

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