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Una nazione di assassini

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Ritorno a Gezi Park

(12 Luglio 2013)


Serena Tarabini da Istanbul fa il punto della situazione sul movimento nato attorno a Gezi Park dopo la riapertura del parco e la morte, a seguito di oltre venti giorni di coma, del giovanissimo Ali Ismail Korkmaz.

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Tre giorni fa è salito a cinque il numero delle persone che dall’inizio delle proteste in Turchia hanno perso la vita. Tutte giovanissime e di questi Ali Ismail era il più giovane. Uno studente di 19 anni che era rimasto ferito durante le manifestazioni nella città anatolica di Eskisehir, il 2 giugno scorso, nel pieno delle proteste partite da Gezi Park: scappando da una carica di lacrimogeni, era stato aggredito da gruppo di persone in abiti civili che lo avevano picchiato selvaggiamente. Una di quelle squadre che si sono viste spesso scendere per strada con bastoni e machete durante le proteste per dare la caccia ai manifestanti, agendo del tutto indisturbati. Ali è entrato in coma il giorno seguente per emorragia celebrale, dopo essere stato rifiutato da due ospedali, e senza che in nessun modo si riuscisse a risalire ai suoi aggressori.

La notizia della sua morte ha percorso come una scarica elettrica tutto il paese e innescato nuove manifestazioni diffuse su tutto il territorio. L’11 luglio Antakya, la sua città - che ha dato i natali anche a un'altra giovane vittima della repressione, Abdullah Comer, 26 anni - era profondamente scossa e le migliaia di persone che sono accorse al suo funerale e che poi hanno voluto proseguire a manifestare sono state attaccate duramente con i gas e gli idranti, provocando diversi feriti anche gravi.

Migliaia di persone hanno formato cortei e raduni anche ad Istanbul, in diversi quartieri come Kadikoy, Besiktas, Kurtulus, Akirkoy, e sulla centrale Istiklal. Da lì, dopo aver di nuovo apparecchiato in strada per rompere insieme il digiuno diurno del Ramadan, le persone hanno poi raggiunto piazza Taksim e si sono radunate sulla scalinata di accesso a Gezi Park, a pochi metri dalle forze di polizia in tenuta antisommossa, che in quest’occasione non sono entrate in azione ed hanno lasciato il corteo fluire dento il parco, riaperto da un paio di giorni.

Diverso l’atteggiamento il giorno seguente, quando le forze di polizia hanno sgomberato il banchetto comunitario di fine digiuno diventato ormai appuntamento quotidiano di lotta e condivisione, anch’esso non più tollerabile dall’autoritarismo dell’AKP.

Gezi Park ha riaperto da qualche giorno, in maniera controversa e con tutto il suo carico di arresti e feriti dei giorni scorsi. Entrarci in un momento qualunque della giornata fa un effetto strano, per chi ha vissuto i giorni elettrizzanti dell’occupazione: ci sono gli alberi, ci sono le persone, ma si sente la mancanza di qualcosa, forse il senso forte di spazio comune che dava quell’utilizzo anarchico e un po’ confuso ma che scaldava il cuore e metteva in marcia i piedi. La sera del funerale di Ali Ismail Korkmaz, Gezi Park è tornato ad essere non solo un parco ma molto di più, con il ritorno dei cartelli, degli striscioni, delle performance improvvisate, dei cori. Tuttavia, la sensazione di essere tenuti sotto stretto controllo non è in realtà una sensazione, ma un semplice dato di fatto. I 50 attivisti della piattaforma di solidarietà con Taksim sono stati rilasciati solo ieri, dopo essere stati trattenuti per giorni senza nessuna accusa credibile, mentre le loro case venivano perquisite. L’ordine degli architetti e degli ingengneri, una realtà che ha avuto un grosso peso nel contrattare anche dal punto di vista legale il progetto che prevedeva la distruzione del parco, è stato delegittimato pesantemente da una legge ad hoc approvata alla velocità della luce due giorni fa. Ieri è stato confermato l’arresto del Presidente dell’Ordine dei medici e del Segretario dell’ordine degli Architetti. Continuano a susseguirsi quindi notizie e fatti sconcertanti in termini di repressione. Ma continuano anche le assemblee nei parchi, e continuano le manifestazioni. Oggi, solo a Istanbul, ne sono previste due, entrambe dirette a Taksim. Stiamo a vedere.


Istanbul, 12-07-2013

Serena Tarabini - DinamoPress

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