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Roma: Repubblica 'scopre' la mafia lidense

(16 Luglio 2013)

ostiarep

“Ostia come Corleone”, “Ostia assediata dai clan, ma sulla mafia regna l’omertà”, questi alcuni titoli. Nella peggiore tradizione del giornalismo italiano è ripartita la macchina del fango sulla periferia romana. La ricerca del titolo sensazionale rafforza la narrazione parziale della realtà, dove al centro vengono messi solo i nomi del “sistema” (“Che da vent'anni, a Ostia, dopo la dissoluzione della Banda della Magliana, comandano tre famiglie, dai cognomi che fanno abbassare lo sguardo. Che da vent'anni, a Ostia, non si muove paglia che non vogliano o non sappiano i Fasciani, i Triassi, gli Spada.” Cit. Repubblica).

Timidamente si fa il nome di qualche politico a partire dalla Giunta di Giacomo Vizzani (Pdl), come il dirigente dell'Ufficio Tecnico del XIII Municipio,Aldo Papalini, che firma 32 "determinazioni dirigenziali" per "lavori di somma urgenza" che appaltano 14 milioni di opere senza gara. Mario Bellavista, che gestiva uno dei cinque capanni sequestrati sull’arenile di Castel Porziano, ex dirigente dell'Ufficio tecnico di Ostia, già capogruppo Pdl al XIII municipio. Ferdinando Colloca (fratello dell'ex Pdl, ex Udc e poi Fli, Salvatore), candidato alle ultime amministrative con Casa Pound e socio dello stabilimento “Orsa Maggiore”, attualmente sotto inchiesta. Nomi parziali e non certo esaustivi per quella che viene presentata come la Roma criminale.

In passato si è ricordata la differenza tra criminalità di potere e illegalità di sussistenza, proprio mentre si militarizzava piazza Gasparri. Una cosa la vogliamo dire chiaramente, Repubblica non sta facendo i nomi dei veri padroni di Ostia, sta solo mettendo alla luce eventi noti di natura criminale. Ridicole interviste per strada, tagliate ad arte, non sono lo specchio di un litorale omertoso, sono piuttosto la costruzione narrativa di un giornalismo fazioso. I veri omertosi sono i fautori di questo giornalismo spiccio che racconta solo mezze verità.

Con questo non diciamo che la criminalità organizzata non esiste. Diciamo piuttosto che Repubblica doveva sottolineare il legame profondo tra mafia, alta imprenditoria, fascisti ripuliti e politica, unica vera "cittadinanza" omertosa del litorale romano. Diciamo piuttosto che la battaglia per le spiagge libere, la fine delle concessioni balneari, hanno il valore di mandare a casa una classe dirigente collusa e devota al malaffare. Diciamo piuttosto che siamo stanchi di essere vittime dei Saviano di turno che criminalizzano un territorio fatto da precari, disoccupati e famiglie che lottano tutti i giorni per un presente dignitoso. Diciamo che per liberare un territorio dalle mafie bisogna che la ricchezza venga ridistribuita e non regalata ai soliti noti.

Infoaut

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