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All'altare della patria

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(27 Aprile 2011) Enzo Apicella
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    Bahrein: dinamite contro la polizia

    (19 Luglio 2013)

    Attacchi continui, prova della mancata pacificazione della piccola petromonarchia. Le opposizioni: "Manifestazione il 14 agosto". Ma il governo l'ha già vietata.

    bahrdin

    di Sonia Grieco

    Roma, 19 luglio 2013, Nena News - Il Bahrein è in fermento. Se ne parla poco, ma nel piccolo regno del Golfo Persico da due anni è in corso una sollevazione contro il re Hamad bin Isa al Khalifa, iniziata sull'onda della primavera araba, che sta assumendo i connotati di uno scontro settario e rischia di destabilizzare un Paese chiave nello scacchiere mediorientale. Bastione dell'Occidente contro le mire espansionistiche dell'Iran, il Bahrein ospita la base di comando della flotta statunitense nel Golfo Persico.

    Mercoledì scorso un attacco dinamitardo (senza vittime) contro una moschea sunnita della capitale Manama, nelle vicinanze del palazzo reale, ha riportato sotto i riflettori questo piccolo arcipelago la cui popolazione è a maggioranza sciita, ma che è governato da 200 anni dalla dinastia sunnita al Khalifa. Lo squilibrio demografico ha sempre creato tensioni e l'autobomba di mercoledì è soltanto l'ultimo di una serie di attacchi con bombe molotov e ordigni rudimentali contro commissariati e forze di sicurezza nei villaggi sciiti.

    L'insofferenza degli sciiti aumenta, alimentata dalle forti ripercussioni che la guerra civile siriana - con un contenuto religioso sempre più marcato - ha sul regno guidato da re Hamad, tra i più attivi nell'accusare l'Iran ed Hezbollah (alleati di Bashar al Assad, il presidente siriano) di avere un ruolo sovversivo nella regione. Gli sciiti denunciano discriminazioni e accusano la casa reale di voler rovesciare la composizione demografica del Paese, favorendo il rilascio della cittadinanza agli immigrati sunniti.

    Sebbene la rivolta popolare, che due anni fa aveva portato in piazza della Perla migliaia di persone, sia stata schiacciata dal governo di Manama con il sostegno delle truppe inviate dal Consiglio di cooperazione del Golfo (GCC), le proteste proseguono. E pure la repressione silenziosa che ha portato in carcere, con pene pesantissime, persino i medici che avevano soccorso i manifestanti sgomberati con la forza dalla piazza. E agli inviati dell'Onu per i reati di tortura non è concesso di visitare il Bahrein, fatto passato sotto silenzio.

    La popolazione si mobilita e chiede più libertà e di essere rappresentata al governo. Le flebili aperture iniziate nel 2002 con "riforme" calate dall'alto (il sultanato divenne una monarchia costituzionale e fu concesso alle donne di votare e candidarsi) non hanno minacciato l'oligarchia sunnita e la casa reale. Né lo hanno fatto i buoni risultati elettorali dei partiti sciiti, poiché è sempre la Camera alta, di nomina regia, a detenere effettivamente il potere esercitando il diritto di veto sulle proposte di legge.

    Sull'onda degli accadimenti egiziani i gruppi di opposizione del Bahrein hanno lanciato una grande manifestazione per il 14 agosto, ma la risposta del governo è stata secca: divieto di manifestare sotto la minaccia di rispondere con la forza alle proteste.

    Nena News

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