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(16 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Siria: che fine ha fatto la Conferenza di Ginevra?

Teorizzata da Washington e Mosca, avrebbe dovuto tenersi a fine maggio, poi a giugno, quindi a luglio, infine ad agosto. Ora la sua convocazione è slittata a settembre.

(24 Luglio 2013)

confginfin

Manifestazione di curdi siriani con il ritratto di Abdallah Ocalan

Roma, 24 luglio 2013, Nena News - Lakhadr Brahimi fa quasi tenerezza. L'inviato speciale dell'Onu (e della Lega araba) dice di sperare ancora di veder nascere la Conferenza internazionale di Ginevra sulla Siria. «E' molto difficile portare a una conferenza simile gli stessi che si sono uccisi l'un l'altro per due anni», ha commentato Brahimi ieri a margine di un evento a Washington lasciando sconcertati i presenti. Nessuno ci crede più. "Ginevra 2", teorizzata da Washington e Mosca, avrebbe dovuto tenersi a fine maggio, poi a giugno, quindi a luglio, infine il mese prossimo. Ora la sua convocazione è slittata a settembre.

Si dice che pesino su questi rinvii sia il disaccordo tra Stati Uniti e Russia sulla presenza di Teheran alla Conferenza sia le divisioni in seno all'opposizione siriana che rendono difficile individuare un interlocutore unico per il fronte anti-Damasco. In realtà anche i meno esperti di vicende siriane hanno capito che la soluzione che le parti coinvolte hanno scelto è quella del campo di battaglia e non del tavolo delle trattative.

Così si combatte come e più di prima. E in questi ultimi giorni sono tornati ad alzare la testa i "generali" dell'Esercito libero siriano (Els, la milizia armata dell'opposizione), che avevano passato le ultime settimane a leccarsi le ferite subite con la sconfitta di Qusayr, a inizio giugno, contro le Forze Armate governative sostenute dai guerriglieri libanesi di Hezbollah. Bashar al Zoabi, sedicente comandante dell'Esl nella Siria meridionale, ha riferito al quotidiano panarabo al Hayat che «entro la fine del Ramadan» (ai primi di agosto) i combattenti ai suoi ordini saranno in grado di conquistare tutto il sud della Siria, grazie agli ingenti rifornimenti di armi, pagati dalle "democratiche" petromonarchie del Golfo, che arrivano dalla Giordania.

Secondo Al Zoabi i ribelli controllerebbero già il 60% della Siria meridionale, territorio da dove è relativamente più semplice lanciare l'assalto verso Damasco.

Per la fine del Ramadan l'opposizione conta anche di annunciare la nascita di un «governo transitorio» guidato, pare, dall'islamista (e dentista) Ahmad Tohmeh al-Khodr di Deir al Zor, che raccolto il sostegno entusiasta dell'Arabia saudita e il favore del Fratelli Musulmani che hanno frettolosamente messo in disparte Ghassan Hitto, il loro "premier incaricato" rimasto per quattro mesi con le mani in mano, incapace di mettere in piedi un esecutivo e di gestire il flusso enorme di milioni di dollari che i petromonarchi garantiscono all'opposizione siriana.

Sono solo voci, però. E' certo invece che venerdì il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, invece di contribuire alla convocazione della Conferenza di Ginevra 2 per mettere fine al bagno in Siria, incontrerà per la prima volta a New York una delegazione della Coalizione nazionale siriana, capeggiata dal suo nuovo leader, Ahmad Assi Jarba, un leader tribale gradito ai sauditi e proveniente dall'estremo nord dove da giorni si combattono battaglie sanguinose tra i guerriglieri curdi e i qaedisti, ossia le due forze che contano davvero sul terreno. A differenza dei ribelli dell'Els più bravi a rilasciare interviste e a diramare comunicati che a combattere, almeno a giudicare dalle cronache quotidiane della guerra civile.

Le unità curde siriane continuano nella loro avanzata nella zona settentrionale del Paese dove hanno cacciato i miliziani dello "Stato Islamico dell'Iraq e del Levante" e del Fronte al Nusra". Combattimenti fra miliziani curdi e qaedisti sono in corso in queste ore in diversi punti delle provincie settentrionali di Hassakeh e Raqqa per il controllo di un territorio vitale dove transitano armi, soldi (e jihadisti) in arrivo dalla Turchia e dall'Iraq e dove si trovano anche giacimenti di petrolio.

Forti della loro superiorità militare, i curdi siriani negli ultimi giorni hanno conquistato decine di località. I leader politici dei curdi siriani, che si tengono a distanza dal governo centrale e dall'opposizione, avevano preso il posto dell'Esercito siriano ritiratosi da molte posizioni nel nord del Paese all'inizio delle ostilità. Adesso intendono procedere all'amministrazione autonoma della aree a maggioranza curda che, invece, i ribelli anti-Bashar Assad non intendono riconoscere. Su pressione anche della Turchia che lancia avvertimenti pesanti alla leadership curda siriana, alleata (in buona parte) al Pkk di Abdallah Ocalan.

Michele Giorgio - Il Manifesto

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