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La Francia impone al Mali le presidenziali

(25 Luglio 2013)

La Francia impone al Mali le presidenziali Domenica si vota tra rischi di illegittimità e difficoltà di reperire la tessera elettorale. Ma al popolo non è stata lasciata scelta: elezioni per avere nuovi finanziamenti.

franciamali

di Sonia Grieco

Roma, 25 luglio 2013, Nena News - Un Paese in guerra va al voto durante il Ramadan e la stagione delle piogge, in una situazione di grande insicurezza -con centinaia di migliaia di sfollati e profughi- che potrebbe portare alle urne appena il 25% della popolazione, chiamato a scegliere tra 28 candidati alla presidenza. È alto il rischio che le elezioni di domenica prossima in Mali aggiungano problemi e tensioni a una situazione già complicata, perché se questi sono i numeri, il prossimo presidente potrebbe avere un serio problema di legittimità. Ma i maliani non hanno avuto scelta: la cosiddetta comunità internazionale, Francia in testa, ha posto le presidenziali e le politiche come condizione per sbloccare quattro miliardi di aiuti. Gli aiuti internazionali sono stati sospesi dopo il golpe del marzo 2012 e il Paese è a corto di soldi, lo sono anche le organizzazioni non governative: la gente fatica a mangiare, il cibo scarseggia e durante il Ramadan i prezzi sono aumentati.

Da un anno e mezzo il Mali sta vivendo una crisi terribile. La rivolta dei tuareg iniziata nel gennaio del 2012 è stata seguita, due mesi dopo, da un colpo di Stato militare, mentre il Nord veniva occupato dai gruppi jihadisti legati ad al Qaeda. Con l'intervento francese contro gli islamisti, lo scorso gennaio, il Paese è diventato il teatro di una enorme missione delle Nazioni Unite. Ma la sicurezza non è stata ristabilita su tutto il territorio e per molti elettori sarà impossibile ottenere il certificato elettorale, visti i tempi ristretti e le difficoltà negli spostamenti, poiché anche le piogge rendono impraticabili le strade.

Voice of America fa notare che a causa del conflitto 400.000 maliani sono fuggiti dalle loro case e altri 300.000 vivono nei campi oltre confine. Difficile che tornino nelle città e nei villaggi per munirsi dei documenti necessari per partecipare al voto, le loro priorità sono ben altre. Inoltre, ci sono circa 300.000 persone che dovrebbero votare per la prima volta, ma potrebbero non essere nelle liste elettorali poiché non state incluse nell'ultimo censimento.

Insomma, elezioni che dovrebbero portare stabilità e democrazia al Paese sono vissute da molti maliani come un ricatto: niente voto, niente soldi. «Queste non saranno le elezioni maliane, ma elezioni che si tengono in Mali», ha detto Naffet Keita, docente di sociologia a Bamako, al sito d'informazione francese Mediapart. «Sono i francesi a decidere tutto, mettendoci davanti al fatto compiuto».

D'altronde i 28 candidati in lizza sono quasi tutti esponenti della vecchia politica, ex ministri ed ex primi ministri sulla scena da decenni. Difficile immaginare che dalle urne esca un rinnovamento reale. Con così poco tempo per dare spazio in campagna elettorale ai pochi volti nuovi scesi nell'agone politico, i maliani, pensano molti analisti, voteranno i soliti noti. E poi tutti i candidati hanno fatto, più o meno, le stesse promesse: riconciliazione nazionale, lavoro, lotta alla corruzione e rinnovamento delle Forze armate. Ma la realizzazione di ogni programma elettorale è subordinata alla pacificazione del Paese e all'ottenimento di una maggioranza chiara e solida per governare.

Tra i favoriti c'è Ibrahim Boubacar Keita, più conosciuto come IBK, dalle sue iniziali. È stato primo ministro e presidente del Parlamento, nonché oppositore di ATT (Amadou Toumani Toure), il presidente deposto dal golpe. Altri due ex premier annoverati tra i possibili vincitori sono l'economista Soumana Sacko e Modibo Sidibe. Poi c'è l'ex ministro delle Finanze Soumaila Cisse, politico di lungo corso. Un altro tra i favoriti è il geologo Dramane Dembele, con una carriera politica meno corposa, ma sostenuto dal più grande partito del Paese, Adema. Il più giovane dei candidati è il 38enne Moussa Mara, ex sindaco del IV Comune del distretto di Bamako. E l'unica donna è la parlamentare Aichata Chada Haidara. Se nessuno di loro otterrà la maggioranza domenica, si va al ballottaggio l'11 agosto.

Ma perché tanta fretta, senza il tempo di preparare bene le elezioni? Per molti maliani gli obiettivi dei francesi non sono quelli dichiarati di ristabilire la democrazia e lo Stato di diritto. «Quelli che decidono per noi (Parigi e New York) hanno piani militari e politici, ma non hanno pensato a un piano economico», ha spiegato Aminata Traoré, ex ministra della Cultura, al sito Mediapart. «Quale modello economico potrà sostituire quello del narcostato che domina il Nord del Mali? Bisognerà pure dare da mangiare alle popolazioni del Nord. Di questo Hollande non parla mai». Al Nord, poi, ci sono riserve di uranio che molti Stati stranieri temono possano cadere nelle mani dei qaedisti.

Intanto, il primo luglio ha preso il via la missione Onu e i caschi blu sono presenti in maniera massiccia nel Paese, mentre il dispiegamento dell'esercito maliano nelle regioni settentrionali si scontra con il dominio del Movimento nazionale di liberazione dell'Azawad, gli indipendentisti tuareg. Si andrà alle urne in un clima di inquietudine e sotto la pressione internazionale e il risultato rischia di alimentare le divisioni che stanno lacerando il Paese, prolungandone la crisi.

Nena News

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