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(26 Luglio 2013)
Per sopravvivere politicamente, dopo aver disertato la pur ben poco radicale “sinistra” del Pd ed essersi beccato tutte le possibili contestazioni pubbliche, Stefano Fassina, già cantore del neo-umanesimo integrale e laburista, secondo l’alta ispirazione di papa Ratzinger presunta convergente con Occupy Wall Street, ha scoperto che l’evasione fiscale è evasione di sopravvivenza. Bella sfortuna, certo, aver fatto questa dichiarazione un paio di giorni dopo la chiassosa protesta di due sopravvissuti fiscali quali Dolce e Gabbana, una sfiga che manco il messaggio copiaincollato di cordoglio cino-galiziano di Rajoy dopo il disastro ferroviario di Santiago. Altrettanto micidiali sono stati gli elogi della destra o lo scandalizzato cipiglio della sinistra per cui ogni tassa è bella e oggetto del desiderio.
Fassina ci ha fatto una figura da cani: non si può ciarlare per mesi, sulla scia di Ratzinger e Bagnasco, sul lavoro (compreso quello imprenditoriale) come fonte di identità della persona, sul decent work, sul principio di solidarietà e la ricostruzione di un’etica ordinativa del lavoro e poi strizzare l’occhio a evasori indifferenziati nei convegni della Confcommercio. Abbiamo capito: Fassina vuole sostituire –sconvolgente innovazione, ritorno al futuro come si afferma in una sua relazione sul tema al Pd– la «persona che lavora» ai desueti concetti di classe operaia e operaio massa (non pravalebunt!), l’antropologia di un «soggetto autonomo di decisione morale» al portatore di relazioni economico-sociali (che puzza di marxismo), insomma l’imprenditore di se stesso che non è esattamente il contrario del neo-liberismo (leggersi Foucault). Ma, suvvia, identificare la mancata erogazione degli scontrini fiscali con la «democrazia della classe media... il rapporto persona-lavoro-democrazia», addirittura la conciliazione del personalismo cattolico con «l’attenzione alle asimmetriche relazioni economiche e sociali al centro delle culture socialista e laburista» (wow, il conflitto!), non sarà esagerato?
Hanno allora ragione i critici superciliosi che hanno sconfessato Fassina, in nome della bellezza di Equitalia e della dolcezza dell’Agenzia delle Entrate? Non sarà invece il caso di vedere come è strutturata l’imposizione fiscale e chi ne è colpito, prima di piangere lacrime solidali sui tartassati generici, dove confluiscono settori diversi ed eterogenei –banche e s.p.a. quanto piccoli negozianti e imprenditori? In primo luogo occorrerebbe diminuire e di molto la tassazione sul salario dipendente e differito, i cui percettori non possono sfuggire al prelievo alla fonte. Pare che questo rilancerebbe pure i consumi e farebbe sopravvivere i pensionati al minimo, no? Poi bisognerebbe prendere in considerazione i vari balzelli (tasse, accise, contributi obbligatori Inps, anticipi dell’Iva) che martirizzano i lavoratori precari più o meno costretti a figurare da lavoratori autonomi o che comunque non riusciranno a vedere una pensione al termine dei loro versamenti. Ah, se il Pd fosse al governo e Fassina fosse ministro o vice-ministro, di questo dovrebbe occuparsi, non di encicliche, Imu, sigarette elettroniche ed evasione biopolitica, ops, scusate, ci stanno, non me n'ero accorto...
Per una radicale ristrutturazione del sistema fiscale non occorre soltanto uscire dalla larghe coalizioni, che mai consentirebbero strumenti di seria imposizione patrimoniale, ma anche ricontrattare a livello europeo gli obblighi assunti e costituzionalizzati. Tutto il resto è una farsa, funzionale solo alla sopravvivenza personale di questo o quel personaggio e alle ancor più squallide manovre sul combinato congiunto degli equilibri di governo e del congresso Pd. La ridda degli Alieni
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