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(8 Febbraio 2011) Enzo Apicella
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    Gradisca d'Isonzo, un migrante in coma dopo la rivolta contro i pestaggi al Cie

    (14 Agosto 2013)

    gradisca

    14/08/2013 07:48

    Mentre scriviamo lotta fra la vita e la morte. Era rinchiuso fino a circa dodici ore fa nel Cie di Gradisca D’Isonzo ma la prefetto Maria Augusta Marrosu, ha firmato per la sua liberazione. Non sappiamo se potrà vedere quel foglio che lo affranca come un moderno schiavo. Cittadino marocchino, nato nel 1978 era rinchiuso nel centro da pochi giorni, non sappiamo ancora se si sia gettato o, se insieme ad un altro prigioniero sia caduto accidentalmente dal tetto della caserma da cui urlava la propria richiesta di libertà. Ha battuto la testa ed ora, è ricoverato in rianimazione all’ospedale di Trieste in coma farmacologico.

    Il pestaggio alla fine del Ramadam
    Il frutto di una storia micidiale, partorito da quella “Guantanamo italiana” che è il Cie di Gradisca, quasi sul confine con la Slovenia, aperto nel febbraio 2006 con la contrarietà di gran parte del territorio. Negli anni erano normali le rivolte, le fughe, i pestaggi e le violazioni di ogni diritto. Da ultimo, nel 2011 attraverso una normativa di emergenza erano stati tolti ai detenuti anche i cellulari, per evitare qualsiasi comunicazione col mondo esterno. Racconta Gala, una delle attiviste della Tenda per la Pace che da sempre svolge lavoro di controinformazione e di denuncia sulla struttura: «Abbiamo saputo venerdì mattina di un pestaggio. Giovedì finiva alla mezzanotte il Ramadan, 30 giorni di digiuno giornaliero nel caldo torrido e fra il cemento e i detenuti hanno chiesto di poter restare nel cortile del centro per festeggiare. Un momento importante per qualsiasi musulmano. Alle 2 sono partiti i lacrimogeni per costringere ognuno a rientrare nelle proprie celle. Fra i ragazzi ce ne sono che soffrono di asma. Uno si è sentito male, stava soffocando. I suoi amici hanno tentato di rompere le pareti di plexiglass per aiutarlo a respirare. Il ragazzo era svenuto. E allora, da quello che ci hanno raccontato, sono partiti i pestaggi». Si cerca di contattare qualche istituzionale, prima interviene l’onorevole Pilozzi, ma la prefettura cerca di minimizzare. L’ex Caserma Polonio che ospita il Cie è divisa in 3 aree, una per i richiedenti asilo, un Cara, una come centro di accoglienza e la terza è il vero e proprio Cie. Se l’asilo viene negato si passa rapidamente dalla condizione di asilante a quella di trattenuto.

    La testimonianza della parlamentare di Sel
    Intanto nel Cara scoppia un altro problema. Erano arrivati da Lampedusa 40 giovani eritrei che non volevano farsi prendere le impronte. La ragione è semplice, se si viene intercettati in Italia la protezione è solo di facciata. Vogliono andare in altri paesi europei dove le condizioni sono migliori e magari hanno anche parenti. Iniziano uno sciopero della fame e della sete, c’è anche una donna in stato di gravidanza. La situazione sembra senza sbocco fino all’intervento gratuito di un avvocato dell’Asgi, Gianfranco Schiavone e poi di un sacerdote eritreo. I giovani vengono fotografati, non lasciano impronte e viene loro chiesto soltanto di rispettare l’orario del Cara, libera uscita dalle 8 alle 20. Un chiaro invito a sparire e a sbarazzarsi così del problema. Tra l’altro il Cara è in sovrannumero, si son dovuti aggiungere 2 letti per ogni camerata e il caldo impazza. Insomma, tutto sembra risolto per gli eritrei alle 17 di sabato. Nel Cie le cose vanno diversamente. Nella notte fra sabato e domenica entra la parlamentare di Sel Serena Pellegrino e si trova di fronte ad una scena devastante. Infiniti gli atti di autolesionismo, uno si era infilato una penna nella guancia per chiedere aiuto. La parlamentare arriva a pestaggio già svolto, ci sono i video che testimoniano la quantità di lacrimogeni tirati nella struttura. «Quando è arrivata lei hanno fatto entrare anche l’ambulanza – racconta ancora Gala che è rimasta con le altre attiviste fino alle 4 del mattino a vigilare – Prima chiamavamo il 118 ma ci ridevano in faccia perché le vite di chi è li dentro non contano nulla».

    Esercito in tenuta antisommossa
    La visita della parlamentare sembra allentare la tensione, garantisce un intervento continuativo, discute per un po’ con una delegazione dei rivoltosi e poi con l’intero gruppo asserragliato sul tetto, promettendo di tornare il giorno successivo. «Ma prima di vedere uscire la parlamentare – raccontano le ragazze attiviste, sostenute anche dalla campagna LasciateCIEntrare – abbiamo visto uscire un quantitativo enorme e spropositato di soldati. Si soldati dell’esercito in tenuta antisommossa. Ma è possibile questo? È da considerare normale? Le trattative avevano aspetti surreali. Alcuni volevano essere trasferiti in altri centri dove, a detta loro, il tempo massimo di reclusione sarebbe stato di 6 mesi. Altri volevano solo poter utilizzare gli spazi comuni, la mensa, il campo di calcio, avere i cellulari come avviene negli altri Cie. Intanto, la prefetta non c’era e ad occuparsi della situazione era una funzionaria che gestisce temporaneamente anche il Cara. I ragazzi sono tornati la mattina sui tetti, dopo aver subito le ennesime inutili perquisizioni. Si erano dotati di spranghe ed erano disposti a tutto. Intanto veniva diffuso in tv il video che mostrava il lancio assurdo di lacrimogeni. Sono scesi nel pomeriggio disposti a trattare ma la tensione non si rompe e il ministero sembra un muro di gomma. Con alcuni elementi assurdi. Un funzionario di polizia ci ha detto che il controllo dei cellulari è blando e alcuni possono chiamare. I mezzi di informazione hanno mostrato il video senza commenti e poi hanno dichiarato che l’impegno degli agenti nel Cie diminuisce il loro impegno nella città. Non si sono limitati ad altro.

    "Situazione fuori controllo"
    «L'onorevole Pellegrino -dichiara Gabriella Guido, portavoce di LasciateCIEntrare - ha potuto verificare quanto la situazione fosse "totalmente fuori controllo". La Tenda dei Diritti e della Pace ricorda la condizione totalmente disumana nel quale versa la gestione di quel CIE. La campagna LasciateCIEntrare chiede che di questa responsabilità se ne assumano il peso la Prefettura, la Questura ed il Ministero degli Interni. Ricordiamo che un'indagine è già in corso per truffa aggravata ai danni dello Stato proprio per il Cie di Gradisca: 13 gli indagati tra i quali l'ente gestore e la viceprefetto». Gabriella Guido, ha affermato :«In Italia ed in Parlamento si discute soltanto delle battute incivili della Lega. Sono anni che denunciamo la situazione della grave violazione dei diritti umani. Sono due anni che insieme a noi entrano nei CIE parlamentari, avvocati, giornalisti, consiglieri regionali. Dobbiamo forse ammettere che vedere, conoscere la realtà non serve davvero a nulla? Che siamo o forse vogliamo rimanere impotenti oltre che indifferenti a tutto questo ? La campagna insieme all'ASGI sta verificando le condizioni per la presentazione di Esposti alla Procura».

    "Chiudere il lager di Gradisca d'Isonzo"
    Intanto un uomo, padre di due figli che vivono in Svizzera, è in coma farmacologico. La prognosi è ovviamente riservata e poco si riesce a capire da quanto filtra da questura e prefettura. L’altro ragazzo caduto è meno grave e quindi piantonato all’ospedale di Gorizia, il presidente del Comitato per la tutela dei diritti umani del senato, Luigi Manconi, allertato del caso – doveva recarsi a gradisca ad inizio settembre – ha chiesto urgentemente al ministro Alfano di intervenire per modificare leggi sull’immigrazione che producono solo disastri. Ma la politica romana sembra molto distante, per questo gli attivisti della zona hanno indetto per sabato 17 agosto, a partire dalle ore 16 un corteo a Gradisca, da Piazza dell’Unità d’Italia. La parola d’ordine è chiara e diretta “Non è ammissibile” per questo chiedono la chiusura immediata del “Lager di Gradisca d’Isonzo”. Intanto improvvisamente l’attenzione sul centro si riaccende. Un uomo in coma viene liberato, la circolare che vieta l’utilizzo dei cellulari viene sospesa, ci si accorge forse di aver creato una polveriera? Sarebbe forse il caso che intanto una vice prefetta inquisita e una prefetta che si è dimostrata incapace di gestire l’ordine pubblico venissero immediatamente sospese da un incarico che non è alla loro portata. La dottoressa Marrosu, dopo aver gestito chissà come la commissione territoriale per i richiedenti asilo sembra ormai inammovibile dal suo ruolo di prefetta. Sembra convinta di poter decidere e fare il bello e il cattivo tempo. Forse è meglio che cambi mestiere.

    stefano galieni - controlacrisi.org

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