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Il mondo è ipocrita, l'Ecuador archivia il progetto Yasuní-It

(17 Agosto 2013)

rafael

Rafael Correa

«Con profonda tristezza ma con assoluta responsabilità verso il nostro popolo e la storia, ho dovuto prendere la decisione più difficile»: il presidente ecuadoriano Rafael Correa annuncia la fine dell'iniziativa Yasuní-Itt, la «proposta più seria e concreta contro i cambiamenti climatici nella storia umana, che l'Ecuador avanzò al mondo sei anni fa con allegria e ingenuità».

Progetto archiviato perché «il mondo ci ha ingannati, è una grande ipocrisia».
Con l'iniziativa, in effetti rivoluzionaria, il paese andino si impegnava a lasciare sotto terra una riserva di 920 milioni di barili di greggio che si trova nel bacino Itt (Ishpingo, Tambococha, Tiputini), compreso nel parco amazzonico Yasuní, una delle principale riserve di biodiversità al mondo. Così si sarebbe risparmiata all'atmosfera l'emissione di 410 milioni di tonnellate di gas serra. In cambio i paesi creditori climatici dovevano versare la metà dei mancati incassi - e cioè 3,6 miliardi di dollari su 12 anni - a un Trust Fund creato nel 2010 sotto gli auspici dell'Onu.
Ma l'impegno non è stato onorato: sono arrivati solo 13,3 milioni di dollari dal 2010 a oggi: un misero 0,37% di quanto atteso. Eppure, ha spiegato Correa, «non chiedevamo carità ma corresponsabilità», e oltretutto «il sacrificio principale lo avrebbe fatto l'Ecuador e non i responsabili storici e attuali della crisi climatica, i paesi ricchi».
Il presidente ha spiegato che l'Ecuador non può fare di più, perché deve pensare al suo popolo. E ha cercato di minimizzare i danni. «Il dilemma non è fra natura ed estrattivismo» perché solo l'1% del parco, che ha un milione di ettari, sarà interessato dall'estrazione, quindi ci sarà il 99% del parco e al tempo stesso le risorse economiche pubbliche necessarie per combattere la povertà nel paese: «Utilizzeremo i proventi per scuole, ospedali, acqua pulita e alimentazione nelle province autonome amazzoniche». Ha poi chiesto soprattutto ai giovani di «non credere agli opportunisti che cercheranno di destabilizzarci» e «non cadere nella violenza che cercheranno i fondamentalisti dell'ambiente».
Indigeni e ambientalisti già protestano. Correa è accusato - non da ieri - di aver assunto un approccio «mercantile»: presentando come una compensazione per i servizi naturali offerti dal suo paese un progetto che si sarebbe dovuto portare avanti comunque, per ragioni ecologiche, visto che la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera è ormai arrivata alla follia di 401 parti per milione. Per i critici inoltre il petrolio dell'Itt è pesante, e poi l'estrazione provocherà una grande distruzione dell'ecosistema. Il progetto era stato ideato dal gruppo Acción Ecológica e dall'ex ministro dell'energia e delle miniere Alberto Acosta, poi entrati in conflitto con la politica governativa, definita «petrokeynesiana». Acosta si è presentato contro Correa alle ultime presidenziali, raccogliendo solo il 3% dei suffragi.
Il caso ha la portata storica di un dilemma: è possibile costruire buen vivir e giustizia sociale ed ecologica senza cambiare il modello economico, e anzi trovando le risorse necessarie proprio nello sfruttamento del petrolio e delle risorse minerarie, magari por ahora? Ma al tempo stesso, come costruire l'ecosocialismo in un paese povero? Correa non dimentica che «la gran parte delle emissioni di gas serra avviene nella fase del consumo di idrocarburi, e i responsabili sono i paesi ricchi».

Marinella Correggia, il manifesto

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