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(16 Agosto 2012) Enzo Apicella

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SIRIA OGGI: SCONTRO TRA FAZIONI BORGHESI.

Schierarvisi o lanciare una vera solidarietà internazionalista?

(18 Agosto 2013)

Dal numero VIII di Alternativa di Classe

Sono circa due anni e mezzo che in Siria si combatte, ed il dibattito sulle vicende siriane, svoltosi nella sinistra italiana, è stato sin qui tanto ampio, quanto deludente. Il suo tratto più vistoso è stato l’acceso scontro fra i sostenitori del regime di Assad e quelli della guerriglia appoggiata da paesi occidentali, Turchia e petromonarchie. Attraverso due esempi, illustreremo a quali esiti è approdata tale contrapposizione.
Il primo è rappresentato da un’intervista al Segretario del “Partito comunista siriano”, Ammar Baghdash1. Tale documento è indicativo perché nasce dalla collaborazione fra tre testate online (Contropiano, Marx21, SibiaLiria), che non si limitano a denunciare giustamente le ingerenze degli imperialisti di casa nostra in Siria, ma arrivano fino a lodare l’operato di Assad. Non a caso hanno scelto di interloquire con il leader di una forza interna al governo di Damasco, peraltro prendendo per buono l’improprio paragone da questi effettuato fra il suo Paese e la Spagna del 1936. Del resto, nel testo vi sono molte altre considerazioni perlomeno discutibili, come quelle sull’Islam politico; una volta specificato che esso non è un fenomeno omogeneo (affermazione sulla quale si può convenire), l’intervistato si spinge a dividerlo tra componenti “reazionarie” e “progressiste”: le prime comprenderebbero i Fratelli Musulmani, le seconde Hezbollah e …l’Iran! Che i Fratelli Musulmani siano una forza reazionaria è confermato dal modo in cui hanno governato l’Egitto, nel segno della commistione fra tentativo di imporre un rigido controllo sui costumi sociali da un lato e applicazione di un liberismo compassionevole dall’altro. Rimane, però, “strabiliante” la collocazione in ambito progressista del regime iraniano della Repubblica islamica, noto, tra altri misfatti, per la drammatica condizione di subalternità cui costringe le donne...
Ma Baghdash precisa che la definizione è stata data in base al ruolo del paese in questione “nella lotta contro l’imperialismo”. In sostanza, si ragiona nei termini esclusivi dello schieramento geopolitico. Oggi, la guerra civile siriana ha sempre più assunto i connotati di uno scontro per procura, in cui ogni fazione è sostenuta da un polo. Quello che appoggia Assad, guidato da Russia e Cina (anch’essi – lo ricordiamo – paesi imperialisti) e composto anche da Hezbollah e Iran, è considerato una sponda non solo da Baghdash, ma anche dai suoi acritici intervistatori.
Il secondo esempio ci viene da un organo di informazione che, sulla Siria, ha assunto la posizione esattamente inversa: “La Comune”, giornale di “Socialismo Rivoluzionario”. Qui si esprime una solidarietà incondizionata nei confronti della “rivoluzione siriana”, senza fare le dovute distinzioni tra le contestazioni ad Assad della prima fase, animate da ampi settori della popolazione colpiti da quasi un decennio di politiche liberiste, e la situazione attuale, che vede le spinte iniziali soffocate, con una opposizione armata caratterizzata dallo scontro tra due forze. Sono l’Esl (Esercito siriano libero), originariamente creato da militari disertori per difendere i cortei dalla repressione di Assad, ma presto postosi al servizio di vari padrini esterni; e il Fronte Al-Nusra, di ispirazione qaedista e formato da combattenti islamici sunniti che spesso vengono dall’estero. A questi due gruppi ne andrebbero aggiunti altri, di minore entità, talvolta anch’essi segnati da una forte ispirazione confessionale.
Il giornale di “Socialismo Rivoluzionario” pare non essersi accorto del mutato scenario, e si sbilancia in valutazioni sorprendenti sulla vicenda di un ragazzo genovese, Giuliano Ibrahim Delnevo, convertitosi all’Islam e morto in campo di battaglia in Siria. Egli sarebbe stato spinto “da un legittimo moto di solidarietà nei confronti del popolo siriano (…) di fronte ad una terribile dittatura”2 . Invero, con tutta la pietà che si deve ai morti, va detto in modo chiaro che la guerra che questi combatteva era mossa da ben altre istanze. In sostanza, egli era partecipe della volontà di trasformare la lotta contro lo sciita Assad in un ennesimo capitolo dell’aspro scontro globale fra le due grandi famiglie dell’Islam. Però, nell’articolo de “La Comune”, Delnevo viene trasfigurato in “combattente internazionalista”, magari improbabile erede di quel Carlo Rosselli che nel 1936 andò a combattere in Spagna...
Qui si dirà che gli esempi forniti non esauriscono tutto il dibattito sulla questione. Ed è vero: ci sono state forze – di certo a noi non contigue, come ad esempio “FalceMartello” – che al riguardo hanno saputo articolare un discorso serio, nel segno del rifiuto tanto del regime antiproletario di Assad quanto dei gruppi armati foraggiati dalle potenze occidentali. Ma le posizioni più diffuse sono proprio del tipo di quelle che abbiamo riportato, ed anzi, volendo farci del male, in rete avremmo potuto trovare anche scritti più imbarazzanti di quelli qui considerati…
Come reagire a questa situazione? Prima di tutto, su un piano generale, va respinto il rigurgito “campista” che si sta delineando in larghi settori della sinistra di classe. L’esperienza storica ci ha insegnato quanto sia controproducente, per il proletariato internazionale, fare riferimento a un blocco geopolitico contro un altro. Perché, in quest’ottica, i soggetti proletari, con i loro bisogni e le loro istanze di trasformazione sociale, finiscono per essere schiacciati in uno scontro più grande di loro, in cui tutto deve essere sacrificato all’affermazione dei paesi-guida. Non stupisce che chi oggi si schiera con Assad, consideri i lunghi mesi del 2011 in cui questi ha fatto cannoneggiare una rivolta disarmata come un dettaglio, magari sgradevole, ma trascurabile, rispetto alle esigenze di tenuta dell’asse Damasco-Teheran-Mosca-Pechino.
Oltre a questa importante considerazione, è necessaria una valutazione più circostanziata degli avvenimenti in corso, tale da mettere fuori gioco le mitologie più in voga. In particolare, si pensi all’intervento di una potenza di area, l’Arabia Saudita, nello scenario qui esaminato. Intanto, per demistificare la pretesa di questo regime dinastico di presentarsi come “liberatore” della Siria, si pensi al suo sanguinario intervento in Bahrein, concordato con gli USA e volto a reprimere una rivolta che poteva minare la stabilità del Paese che ospita la V° Flotta della Marina statunitense! Nel caso siriano, questa ricca e potente monarchia all’inizio della sollevazione contro Assad, preoccupandosi che la rivolta si potesse estendere ai Paesi arabi del Golfo, della cui coalizione è leader, ha appoggiato il regime siriano; quando ha visto che, comunque, le contestazioni non si placavano, ha deciso di sostenerle “pro domo sua”, cioè puntando a snaturarle: prima ha favorito l’emigrazione dei propri jihadisti interni in quello sfortunato Paese; poi, in un secondo momento, ha finanziato i ribelli armati, con una particolare predilezione per il Fronte Al-Nusra. In questo modo esso ha guadagnato terreno, perché si è trovato nella condizione di associare alle azioni armate la creazione di un “welfare informale”, capace di rispondere ad alcune necessità primarie della popolazione immiserita dal conflitto3. Ciò deve far riflettere: in fondo i sauditi si sono posti il problema di come fronteggiare – contrastandola, in principio, riducendola ad un proprio disegno, poi – una rivolta popolare.
Forse sulla questione le forze internazionaliste sono in ritardo, essendosi limitate a ribadire sia l’opposizione radicale a tutti gli imperialismi presenti, direttamente o “per procura”, in Siria, a partire da quello italiano, che la scelta di stare dalla parte dei proletari siriani, “bastonati” a destra e a manca. Forse avremmo dovuto pensare a come dialettizzarci in modo più concreto con tale situazione. Oggi c’è una guerra civile, che è una gara a chi commette più efferatezze, e in cui il dato della contrapposizione religiosa diventa sempre più evidente. Il Paese, poi, sembra essersi definitivamente spaccato in tre parti: la prima controllata dal regime, la seconda contesa tra l’Esl e il Fronte Al-Nusra e la terza, confinante con la Turchia, in mano ai kurdi. Che cosa si può fare in uno scenario siffatto? Probabilmente poco, ma ci sono segni che vanno comunque colti. Mesi fa esponenti in Italia di una “opposizione siriana antimperialista” hanno parlato di dimostrazioni pubbliche avvenute, in cui ci si scagliava contro tutti gli eserciti in lotta (quello lealista, quello “libero”, quelli islamisti), considerati tutti banditi. Una preziosa testimonianza, relativa ad un sentimento molto diffuso, che non esprime solo la stanchezza legata ad una guerra, che sembra ormai interminabile, ma rinvia anche alla consapevolezza di un’espropriazione. In particolare, la cospicua parte della società che si è sollevata contro Assad (formata anche da settori proletari, delle campagne e non solo), ora probabilmente avverte di essere stata scippata della sua protesta e si esprime in questo modo, forse, per ora, l’unico possibile.
Lanciare oggi, da qui, un segnale di solidarietà internazionalista ai proletari siriani, contro tutti i responsabili – interni ed esterni – dello scannatoio in atto, non equivale a veicolare una posizione astratta. Bensì, come abbiamo visto, a dialogare con spinte effettivamente presenti in loco. Con buona pace di tutti quelli che pretendono di tirarci per la giacca, dicendo che “in questo scontro si sta da una parte o dall’altra”. A loro, visto che siamo in Italia, in nome della libertà d’espressione, possiamo riconoscere il diritto di continuare a giocare a “Risiko”, ma non certo quello di impartirci lezioni.


1. Sergio Cararo, Marinella Correggia, Maurizio Musolino, “Comunisti siriani: ‘la Siria come la Spagna repubblicana’”, 19 luglio 2013 (http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1747)
2. Renato Scarola, “Verità e solidarietà per la rivoluzione siriana”, 19 giugno 2013 (http://www.lacomuneonline.it/index.php?option=com_content&view=article&id=750%3AGiuliano-Ibrahim-Delnevo-assassinato-dalle-truppe-di-Assad-Verita-e-solidarieta-per-la-rivoluzione-siriana&catid=38%3Amondo&Itemid=156&lang=it)
3. Verosimilmente, questa fornitura di servizi alla popolazione, non genera vero consenso. Ma in un contesto di difficoltà immani, c’è chi si “lascia prendere per fame”.


N.B.: si ripristinano, qui, le note che per esigenze di spazio sono state omesse nella versione cartacea del giornale.

Alternativa di Classe

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