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(3 Febbraio 2012) Enzo Apicella

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Ma chi ha detto che non c'è!!

Per un primo parziale bilancio del corteo del 6/11, per iniziare un ragionamento sulle prospettive della Rete per i Diritti ed il Reddito:

(20 Novembre 2004)

All'indomani della manifestazione del 6 Novembre, a Roma, contro la precarietà e per il Reddito/Salario per tutti, possiamo incominciare a tracciare un primo/parziale bilancio utile all'individuazione dei successivi passaggi politici/organizzativi che il movimento, in tutte le sue molteplici componenti, dovrà affrontare.

Non era scontato confermare l'appuntamento di piazza e la realizzazione della giornata di lotta. Nelle settimane precedenti la decisione della GAD (la Grande Alleanza Democratica ossia la versione nuova dell'Ulivo allargata al PRC) di svolgere, per il 6 Novembre, una manifestazione contro la Finanziaria varata dal governo Berlusconi aveva provocato parecchio disorientamento fin dentro il movimento di lotta ed alcune sue aree militanti.

Adducendo a preoccupazioni circa l'eventualità di un oscuramento mediatico da parte della GAD molti compagni erano preoccupati della coincidenza nella stessa giornata e nella stessa città delle due manifestazioni. Qualcuno, dietro palese suggerimento dei vertici del PRC, proponeva di far slittare l' indizione della manifestazione contro la precarietà ad una data da destinarsi la quale non si sarebbe mai concretizzata visto il fitto calendario di iniziative redatto in questo scorcio di autunno.

Inoltre uno slittamento avrebbe chiaramente significato - di fatto - al di là della evidente subordinazione verso il costituendo nuovo moloch ulivista, un depotenziamento delle ragioni sociali della manifestazione la quale è stata costruita in stretta sintonia con un ampio ventaglio di iniziative diffuse ed in crescendo, in tutta Italia, alla vigilia del 6/11.

Non a caso Fausto Bertinotti, quando la manifestazione della GAD non era ancora stata cancellata, è apparso seriamente allarmato dal profilo politico che il corteo del 6 contro la precarietà andava assumendo ed ha scritto una - strumentale - lettera alla Rete Nazionale per il Reddito per invitarla a non considerare alternativi ed antitetici i due appuntamenti romani.

In questo contesto i compagni e le realtà di movimento che hanno contribuito a mantenere ferma e convinta la motivazione e la data della manifestazione del 6/11 hanno dovuto faticare, non poco, per affermare questa posizione in barba a tutti i vari tentativi (.qualcuno anche in perfetta buona fede!!) di rinviare/affossare sine die il corteo.

Attraverso vari Incontri e Convegni (Incontrotempo a Roma ad Acrobax, No Work a Milano presso la Casa Loca) si è dovuto interloquire con una posizione politica la quale movendo da presunte specificità del movimento di lotta alla precarietà tendeva a far ripiegare l'iniziativa di mobilitazione unicamente all'interno di una dimensione localistica e territoriale la quale, per le caratteristiche con cui si evidenzia, è tutt'altra cosa dalla sacrosanta esigenza/necessità di promuovere tutti gli sforzi in direzione di un efficace e vero radicamento sociale.

In queste riunioni molti hanno inteso, accanto ai dubbi e le perplessità circa la validità di una discesa unitaria e centrale in piazza all' immediato, riproporre una sorta di acclarata separazione/incomunicabilità tra le diverse figure sociali prodotte dai processi di precarizzazione del lavoro/i e della intera vita.

Una separazione/incomunicabilità che intendiamo, con l'iniziativa di movimento, con l'inchiesta, la ricerca collettiva e con appropriate configurazioni organizzative superare in avanti verso possibili e necessari processi di incontro e riunificazione tra le diverse figure divise e contrapposte dal lavorio del capitale e dalle sue sofisticate "politiche sociali" le quali suscitano annichilimento e rassegnazione verso ogni possibilità di riscatto collettivo

Particolarmente i settori più legati alla Rete Precog hanno, spesso, evidenziato una interpretazione possibile della lotta alla precarietà fondata esclusivamente su questo specifico segmento dell'universo della infinita giungla dei lavori parcellizzati e precari. Secondo questi compagni il cognitariato sarebbe il settore centrale ed unificante di un movimento di lotta attorno cui determinare il conflitto e le pratiche di disobbedienza. Ascoltando questi compagni e le modalità con le quali ripropongono - ossessivamente - le loro categorie interpretative sembra rivedere la stessa metodologia/mitologia con la quale, sul finire degli anni'70, molti militanti teorizzarono la nascita, lo sviluppo e l'affermazione del nuovo soggetto rivoluzionario e, quindi, automaticamente riunificate dell'intera composizione di classe: l'operaio sociale!! Quelle stesse granitiche certezze, quelle stesse forzature assolutizzanti vengono riproposte oggi banalizzando una discussione, ed un ricerca sul campo, la quale dovrebbe porsi il problema collettivo di un nuovo scandaglio sociale per interpretare le modificazioni strutturali intervenute nel mercato del lavoro e nell' intera società. Ma questo è un altro discorso da reimpostare prossimamente in maniera più argomentata....


L'avere, quindi, mantenuto fermo l'appuntamento di piazza è stato un primo importante risultato da valorizzare adeguatamente. Del resto la stessa riuscita numerica e politica della manifestazione dà ragione a quanti - a vario titolo - si sono battuti per realizzare concretamente il corteo del 6/11 in tutti i suoi aspetti.

Il Corteo romano: quel che si avanza è uno strano soldato...

La giornata del 6 Novembre di questo anno è stata diversa dal corteo dell' anno scorso tenuto, sempre a Roma, il 22 Novembre 2003. Stavolta, in piazza, è iniziato a delinearsi quell'intreccio e quella mescolanza tra le variegate figure, colpite dagli effetti della precarietà, favorendo - seppur tendenzialmente - una prima definizione/abbozzo di blocco sociale. La stessa composizione del corteo ha, nei fatti, simboleggiato la necessità di superare e ricomporre quella artificiale paratia/separazione tra le tradizionali figure dello sfruttamento e le nuove forme di sottomissione e di alienazione ai dettami del mercato e della moderna valorizzazione capitalistica.

Certo, al momento, risultano ancora prevalentemente agenti quei soggetti "più politicizzati" (giovani studenti, aree contigue ai Centri Sociali.) oppure i settori provenienti da cicli di organizzazione sperimentati e collaudati nel corso degli anni (disoccupati organizzati, precari LSU/LPU.).

Ma, da qualche anno, sono iniziati ad apparire - grazie al nuovo impegno dei sindacati di base in questi settori - lavoratori dei trasporti, della scuola, dei vari servizi ossia di tutti quei comparti dove le politiche di deregolamentazione - varate, con accentuazioni diverse ma all'interno di una unitaria filosofia, sia dai governi del Cavaliere e sia da quelli cosiddetti amici dell'Ulivo - stanno producendo i loro micidiali effetti di frammentazione politica e sociale.

Inoltre, a dimostrazione di come il convulso procedere della crisi interviene oggettivamente dentro le dinamiche dello scontro di classe, alla manifestazione contro la precarietà hanno fatto capolino prime rappresentanze organizzate di immigrati i quali stanno iniziando ad intrecciare il loro percorso di autorganizzazione e di mobilitazione con le altre interlocuzioni sociali. Del resto il lavoro/sfruttamento migrante rappresenta, in maniera lampante, una delle esemplificazioni più classiche della precarietà elevata a sistema di vita, di relazioni umane, di riproduzione sociale e di subordinazione coatta.

Ma il dato da assumere positivamente riguarda il contesto generale nel quale si è svolta la manifestazione. Questo corteo (con le relative forme di azione diretta) non è avvenuto in una situazione di vuoto politico e/o di totale passivizzazione sociale.

Da almeno un anno, in maniera necessariamente differente, sono iniziate a lievitare prime e sperimentali tentativi di organizzazione attorno alla tematica del contrasto alla dilagante precarietà e per il diritto a reclamare un Reddito/Salario per tutti.

Dagli iniziali tentativi di autorganizzazione dei precari al Nord, alle storiche battaglie dei disoccupati al Sud si è alimentata, attraverso mille difficoltà ma con una irriducibile volontà a non abbassare supinamente la testa, una permanenza del conflitto la quale ha contribuito a mantenere viva una attenzione sociale antagonistica verso una fenomenologia (la precarizzazione) che i moderni apologeti del nuovo capitalismo mondializzato vorrebbero imporre, addirittura, come uno spazio liberato/liberante da poter usare/governare/gestire a proprio piacimento!!

E' utile tentare di rintracciare un filo, anche se non continuativo, tra le iniziative degli ultimi tempi ed un lento scavo, a volte apertamente sperimentale, condotto negli ultimi anni. Dalla comparsa delle tute arancione - non quelle del lager di Guantanamo - ma quelle dei giovani licenziati del portale Matrix apparse nella primavera del 2002, ai Chinaworkers a Milano, dalla prima Maj Day.fino alla nascita di San Precario, l'esperienza di Global Beach a Venezia ma anche la lunga e ricca stagione delle lotte per il lavoro al Sud, a Napoli, a Bari, a Matera, a Palermo dove la disoccupazione di massa si configura come dato permanente e strutturale. Ed ancora i Convegni di Trieste e Napoli dove si sono confrontati i compagni che animano le varie reti organizzative con delegazioni di movimento provenienti dal resto d'Europa le quali hanno socializzato le esperienze e le pratiche che si attuano.

Insomma il movimento che si è espresso nella giornata del 6/11 non è all' anno zero, non muove ora i primi passi, anche se è, tutt'ora, lontano dal rappresentare una collaudata e stabilizzata tendenza verso la definizione/costruzione di una nuova e riconosciuta identità di lotta ed organizzazione proletaria e popolare.

Sono però, in campo, tutti i coefficienti politici affinché si possa determinare, anche a breve scadenza, un rafforzamento del movimento ed un più organico intreccio tra le lotte dei precari e la generalità del movimento no/war.

La parola d'ordine "Reddito per Tutti e Guerra per Nessuno" è, da sempre, assunta come dato unificante ed orizzonte strategico della contaminazione tra i vari spezzoni di movimento. Esistono, ora, le condizioni affinché questo slogan sia più articolato ed argomentato (la lotta alla crescita delle spese militari, al complesso bellico, alla crescente militarizzazione dei territori.) allo scopo di favorire una unità tra i movimenti, sempre più incardinata, su percorsi materiali e direttamente percepibili da tutti.

Le forme di lotta: l'isteria dei soliti noti e la rievocazione interessata dei fantasmi!!

Le azioni di lotta concretizzatesi il 6 Novembre a Roma (il supermercato Panorama e la Libreria Feltrinelli) hanno - e non poteva essere diversamente - provocato il solito grido d'ordine contro il movimento. Non stupisce l'abbaiare scomposto e l'isteria dei personaggi legati alla destra ed agli ambienti del governo Berlusconi. Ognuno fa il suo mestiere!!

Peccheremmo di superficialità se non cogliessimo nelle parole e nelle concrete direttive alle questure, emanate dal Ministro dell'Interni, Pisanu, una tentazione da parte del governo e della direzione degli apparati repressivi dello stato di approfittare del caso e della sua interessata strumentalizzazione per operare - soprattutto preventivamente - una stretta autoritaria contro i movimenti di lotta. Già, nel mese di settembre, Fini aveva aizzato i giovani del suo partito contro i pacifisti ed i frequentatori dei Centri Sociali classificandoli come sabotatori della patria perché si battono contro le aggressioni militari e per il ritiro delle truppe dall'Irak. Inoltre il rinfocolare dell'allarme terrorismo a causa della bruciacchiatura delle porte di alcune Agenzie di Lavoro Interinali rafforza quel humus politico e culturale già intravisto e sostanziatosi, con effetti nefasti sull'autonomia dei movimenti di lotta, nella rinnovata Union Sacrè Nazionale nelle settimane del sequestro delle due Simona. Tutto ciò alla vigilia di una stagione processuale (Cosenza in primis) contro i protagonisti di un importante capitolo delle lotte no global e no war deve far rafforzare la battaglia contro ogni tentativo di criminalizzazione del conflitto e per l' affermazione della piena libertà di lotta e di organizzazione politica e sindacale.

Ciò che, invece, dovrebbe far riflettere molti compagni sono i commenti di una "sinistra" sempre più compatibilizzata ed integrata la quale non ha perso occasione per rievocare i fantasmi di una stagione e di una vicenda politica passata (quella del terrorismo!!) accostando, volgarmente, le autoriduzioni e la propaganda contro l'aumento dei prezzi ed il carovita ai supermercati con l'esperienza della lotta armata e della guerriglia metropolitana.

Senza voler riproporre il bestiario delle varie posizioni, espressesi in questi giorni, rinviamo alla lettura dei giornali per prendere atto di questa autentica vergogna e del pernicioso tentativo di voler stroncare, sul nascere, la crescita del movimento di lotta, il portato delle sue ragioni e la sua generalizzazione.

Particolarmente grave appare la posizione del PRC, il quale attraverso un comunicato ufficiale della Segreteria Nazionale, ha definito "sbagliata e controproducente" l'azione di autoriduzione adducendo "alla produzione di danni per l'intero movimento". Bertinotti, addirittura, ha parlato di "atti di sopraffazione e di violenza"!!

Ancora una volta il PRC, accentuando ulteriormente il suo corso/approdo degenerativo, si è espresso in aperta contrapposizione con il conflitto di classe (e non è la prima volta!!) ricollocandosi - in barba a tutti i sofismi sulla "centralità del/dei movimenti" - nell'alveo della tranquilla dialettica dell'alternanza democratica dietro il comodo paravento della impellente priorità di favorire l'accesso, assieme a Prodi, Rutelli, Fassino, D'Alema, Mastella ed all'insieme dei poteri forti, al governo del paese.

Una scritta murale lungo il corteo diceva: "Bertinotti o sei parte del problema o sei parte della soluzione". Probabilmente i compagni, estensori di tale scritta, sono riusciti a compiere, in una sola riga, una felice sentesi dei nodi politici che attraversano il movimento!!

Dopo il 6 Novembre:..il punto ed il progetto!!

La giornata del 6 Novembre apre prospettive interessanti per lo sviluppo delle lotte. Le vari Reti che hanno promosso ed animato questo appuntamento possono vantare di essere riuscite ad imporre - non solo nell'immaginario mediatico ma, anche, nella materialità oggettiva dell'agenda politica - l' emergenza/urgenza di una nuova questione sociale che attiene ad una pluralità di soggetti e prefigura una pratica di trasformazione e di lotta radicale.

L'adeguato contrasto alla precarietà, la richiesta di Reddito/Salario Garantito, il diritto alla casa, l'opposizione al carovita, l'accesso gratuito ai saperi e la lotta alla anacronistica appropriazione privatistica della proprietà intellettuale, la battaglia per nuovi diritti politici e sindacali potranno trovare - a partire dalle iniziative già nelle prossime settimane - nuova linfa per una loro estensione ed incuneamento nella società.

L'indispensabile pratica del conflitto, che accompagna lo sviluppo di queste lotte e di queste vertenze, deve saper rifuggire dall'assumere/introiettare, anche involontariamente, un nuovo e paralizzante dispositivo ideologico il quale apparirebbe come una stridente superfetazione sul corpo vivo del movimento.

Le azioni dirette, i blocchi, le autoriduzioni, le varie iniziative - in questa fase dello scontro ed alla luce dei generali rapporti di forza vigenti - non possono sostituire tutto il resto dell'ampio ventaglio delle forme di lotta disponibili.

Necessariamente alcune azioni forti rivestono, e rivestiranno, la funzione della propaganda simbolica ed allusiva e non costituiscono, ad oggi, la sola ed unica strada percorribile ai fini dell'attivizzazione e della mobilitazione del movimento.

L'intelligenza dei protagonisti di questa battaglia deve impedire, con il dispiegamento articolato del massimo della comunicazione e dell'iniziativa di coinvolgimento verso la generalità delle figure sociali, che si affermi, come purtroppo sta accadendo in questi giorni, lo stereotipato cliché di violenti sulla ricchezza politica ed umana del movimento!!

Volgendo, ora, il nostro sguardo alla situazione politica generale ed alle prospettive che si delineano riscontriamo che esiste un filo nero tra i vari programmi - vere e proprie idee di società - riscontrabili nei diversi poli politici della borghesia. Da questo assunto politico, da questa consapevolezza occorre ripartire con le iniziative e la costruzione dei processi di autorganizzazione sociale.

Nei meandri del liberismo selvaggio di Berlusconi e nelle auliche ricette economico/sociali di Montezemolo e/o di Prodi sono contenuti approcci analitici e conseguenti articolati legislativi i quali, se interpretati alla luce delle attuali esigenze dell'Azienda/Italia e delle sue palpabili difficoltà nell'ambito dei processi di competizione globale del capitalismo internazionale, prospettano, per i ceti sociali subalterni e per i cosiddetti ultimi della classe, una sorta di Welfare dei miserabili. Una linea di tendenza sempre più immanente la quale precipita, a cerchi concentrici e coinvolgenti, sull'intero universo del lavoro e dei lavori. Anche chi, temporaneamente e/o provvisoriamente, conserva alcune garanzie normative e salariale è sempre più investito dai rovinosi processi di precarietà e di disgregazione sociale.

In alcune vicende/simbolo sono già leggibili pericolosi fenomeni di contrapposizione tra settori della classe resi concorrenti tra loro dai perversi meccanismi di ristrutturazione selvaggia.

In Italia, ma nell'intera Unione Europea, ciò che si afferma è un modello di sviluppo ad alta flessibilità dove gli stessi meccanismi di accumulazione sono, costantemente, rimodellati su tale necessità. Ovunque si ratificano e costituiscono strutture istituzionali che impongono nella società il principio del costo minimo e del massimo beneficio. In questo modo si vuole affermare la logica del massimo grado di adattabilità dell'intera società alle esigenze, mutevoli, del mercato.

Alla luce di questi processi di innovazione capitalistica e delle modificazioni che provocano sarebbe esiziale per un movimento che, legittimamente, aspira ad una vasta rappresentanza sociale ripiegare o rifluire nelle pieghe di un rivendicazionismo minimalista, circoscritto al proprio ridotto territoriale o legato all' eccezionale episodicità delle esplosioni di ribellione incontrollata.

Reddito, Diritti, Dignità, Riduzione Generalizzata dell'Orario di Lavoro, sono gli obiettivi pratici e percorribili da un movimento maturo e consapevole delle proprie potenzialità espansive e coinvolgenti verso l' insieme delle figure del "vecchio" e del "nuovo" proletariato.

Nel rifiuto di ogni complesso d'inferiorità nei confronti del politicantismo ufficiale ed istituzionalizzato, nella paziente ed attenta opera di ricostruzione e di riqualificazione di nuovi vincoli di unità e di solidarietà di classe, nell'attraversamento conflittuale dell'intero corpo sociale - in questa Musica Ribelle - è possibile sancire l'agire politico antagonistico del movimento.

I/Le compagni di RED LINK

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