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(16 Agosto 2012) Enzo Apicella

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GUERRA,
A CIASCUNO LA SUA SCADENZA!

ipocrisie democratiche, sirene vaticane, mezze stagioni pacifiste

(8 Settembre 2013)

I tentennamenti e gli appelli alla democrazia borghese anglo-americani, uniti all’assenza di una univoca posizione europea sulla crisi siriana sono l’altra faccia del relativo declino occidentale sullo scacchiere del nuovo mondo pluripolare.
All’indebolimento del peso percentuale economico sul mercato mondiale corrisponde dialetticamente la fine tendenziale del primato militare e della funzione di gendarme della “nazione indispensabile”, e dei suoi storici alleati europei.
Le attuali “guerre per procura” stanno trasformandosi da “interventi umanitari” a guerre dei nervi in cui ogni potenza sonda le potenziali risposte dell’altra, nel comune predatorio interesse strategico e con l’utilizzo delle piu’ becere ideologie guerrafondaie, o di difesa del diritto internazionale borghese.
Nel prossimo nuovo-equilibrio post-1989 non ci saranno “gendarmi” né, probabilmente, egemonie economiche ed ideologiche.
Il piattume omologante del capitalismo sta unificando il mondo sotto il segno di una concorrenza sempre piu’ dura che presto muterà gli odierni scontri regionali in battaglie continentali per lo sfruttamento delle risorse idriche ed energetiche.
L’attuale caos nel quale le istituzioni della giurisdizione internazionale non riescono a mettere alcun ordine, è destinato ad amplificarsi a causa della moltiplicazione delle potenze e del protrarsi della crisi mondiale.
A pagare, come al solito, il proletariato, ovunque.
In occidente con il raschiamento di diritti e libertà, nelle officine del mondo con uno sfruttamento da “accumulazione originaria”, in medio oriente ed in Africa depredato da boia locali e dall’interessato “aiuto” dei continenti Russo e Cinese.
Contro tutto questo pochi ed inadeguati sono gli episodi di rivolta, troppo spesso rifluiti nell’opportunismo parlamentare o, peggio, utilizzati nella lotta tra frazioni di potere, o utili al rafforzamento di un qualche fondamentalismo.

Agli squilli di guerra ognuno risponde come può, chi adeguandosi, chi girando la testa da un'altra parte, chi, come in Italia, continuando ad occuparsi di “politica, magistratura e sistemi elettorali”.
Alla consueta ipocrisia democratica “contro l’uso delle armi chimiche”, da tutti prodotte, usate e commercializzate risponde la chiesa cattolica con l’evocazione miracolistica di una pace indistinta piovuta dal cielo.


Quanto al pacifismo, senza le moltitudini dei papa-boys mobilitati dal “movimentista” Woytila, e quindi numericamente ridotto ed ininfluente, procede in ordine sparso tra riproposizione di un antiamericanismo fuori dal mondo e la richiesta (a chi?) di trattative al posto delle armi.
E cosi’, a rimorchio della scadenza del congresso americano che dovrebbe legittimare l’intervento militare, abbiamo la scadenza del vaticano nella giornata mondiale di digiuno e preghiera del 7 settembre, e qualche scadenzuccia assembleare dei “nostri pacifisti trattativisti” figliocci di Assad.
Il proletariato, potenza “in sè” assente, sembra non avere scadenze, imprigionato in un mondo e in una vita di lavoro salariato, di sfruttamento, di crisi e di guerre.
Eppure il movimento reale esprime una sua maturità storica per un passaggio epocale ad un altro modo di produzione e di sistema sociale, senza però trovare ancora una soggettività di classe cosciente ed in grado di intercettare questa tendenza, per scioglierla nella rivoluzione.
Già, la rivoluzione! Questa è la scadenza del proletariato, e questo dovrebbe, e potrebbe essere il rimedio contro la guerra imperialista e la pace capitalista.

Per questo noi non siamo equidistanti.
Noi siamo contro tutti i padroni.
Quelli Italiani, innanzitutto.
Ma anche contro quelli Europei, Americani, Inglesi.
E contro quelli Siriani, Libici, Egiziani, Tunisini, Irakeni, Iraniani.
E contro tutti gli altri.

Lo siamo nei periodi di “pace” ed in quelli di guerra, perché la guerra e la “pace” sono ambedue utili al padrone, al suo sistema capitalista, al suo perpetuamento.
Per questo stiamo solo e sempre dalla parte del proletariato internazionale, contro la guerra e la pace dei padroni.
Perché se in pace siamo sfruttati ed uccisi dal lavoro salariato, in guerra siamo arruolati ed uccisi su tutti i fronti, sempre e comunque per il profitto.
Per questo pensiamo che “non ci sarà mai pace finchè vivrà un padrone”.

Adesso tocca alla Siria, snodo di interessi che fanno gola a grandi come a piccole potenze, ai guerrafondai continentali come ai rais autoctoni.
Si annunciano “guerre lampo” e “resistenze”, ma a pagare saranno i lavoratori siriani e quelli di tutto il mondo, intrappolati tra esercito di stato e “ribellione” fondamentalista, arruolati dietro bandiere nazionali e continentali, in concorrenza tra di loro, orfani di una propria organizzazione autonoma , capace di capire e lottare sul serio per la liberazione di classe.


4 settembre 2013

C O M B A T
Roma/Viterbo

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