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(11 Settembre 2010) Enzo Apicella
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Cile 11/09/73: il golpe per fermare la rivoluzione»

(12 Settembre 2013)

11 settembre 2013

Intervista di Checchino Antonini, per Popoff, a Erwin Ibarra, ex militante dell’Esercito di Liberazione Nazionale. All’interno dell’assemblea fondativa di Sinistra Anticapitalista è previsto un incontro con Erwin Ibarra e Antonio Moscato sul golpe cileno del 1973

«Tre anni prima del golpe la vittoria di Allende fu anche un effetto delle divisioni nella destra. Unidad Popular, invece, era la coalizione che aveva messo insieme i due principali partiti operai (il Pc e i socialisti) con due forze borghesi (il partito radicale e una scissione della Dc, la Izquierda Cristiana) su quello che venne chiamato il “programma delle 40 misure”».
L’undici settembre del 73 sorprese Erwin Ibarra, diciannovenne, all’ombra delle Ande, non lontano da Santiago. Lì, a Cañaveral, c’era una delle residenze presidenziali trasformata in scuola militare e politica del Grupo de Amigos Personales del Presidente, una sorta di scorta armata di Allende.
«Tra le 40 misure del governo popolare c’era la nazionalizzazione delle miniere di rame che andava a intaccare i poderosi interessi delle multinazionali nordamericane. C’era la riforma agraria che prevedeva l’esproprio delle terre incolte dei grossi latifondisti (a cui comunque venivano lasciate proprietà per 80 ettari di terra) e misure per il diritto alla casa e allo studio».
Erwin ricorda la quasi gratuità dell’istruzione – «dai quaderni delle scuole elementari fino ai testi universitari, dalla mensa ai trasporti» e le misure che facilitavano l’accesso alla casa o l’acquisto di un trattore per i contadini. «Si trattava di un riformismo che oggi definiremmo forte e che puntava a stabilire diritti fondamentali. Non era mai successo prima».
«Tutti i bambini videro riconosciuto il diritto a mezzo litro di latte al giorno, a scuola o a casa, nelle città o sulla Cordigliera, distribuito con il coinvolgimento delle organizzazioni popolari. Era latte in polvere a lunga conservazione così da poter arrivare ovunque nel Paese, anche nei villaggi sperduti sulle Ande. Alcune misure erano così radicali come mai avevamo visto in Cile. Così sul diritto alla casa per il quale venne istituito il Ministero cileno de Vivienda. Vennero costruite moltissime case. Ricorda Erwin le Mejoras, un tipo di case di legno, che facevano parte della “reforma vivenda”. Quel riformismo forte, dunque, aveva fatto imbestialire le multinazionali, settori della borghesia nazionale, specie quella agraria. Ma la coalizione aveva anche promosso la nascita di una nuova industria manifatturiera, c’erano tantissime piccole fabbriche, accanto alla più antica industria legata all’estrazione del rame, del carbone o del salnitro. «E, in rapporto diretto con l’intera classe operaia nacque la Cut, la Central Única de Trabajadores de Chile, il sindacato della nuova e della “antica” classe operaia. Tutto ciò fece sì che donne, giovani, operai e contadini cominciarono a sentirsi “governo”, a porsi il problema del potere. Perciò cominciarono ad andare oltre le 40 misure, senza aspettare Unidad Popular».
Quando l’11 settembre cominciò il colpo di stato, Erwin e i suoi compagni uscirono dalla scuola per dirigersi verso la città: un gruppo si diresse verso la Moneda, il palazzo presidenziale. Ma fu intercettato e morirono tutti. Erwin era con l’altro gruppo che venne impegnato in uno scontro attorno alla residenza privata di Allende, in Avenida Tomás Moro 200. Alle 13.30 di quel giorno arrivò l’ordine di evacuare.
«Prima del pronunciamiento di Pinochet molti contadini avevano sperimentato l’occupazione delle terre con le armi in pugno. Nascevano i Cera, centri per la riforma agraria, una forma di autorganizzazione del proletariato rurale. Bisognava armarsi perché i latifondisti avevano armato a loro volta un’organizzazione paramilitare che si chiamava Patria e libertà per riprendersi le terre. Si sparava, c’erano morti. Era una forma quasi di guerra civile, una domanda di potere da parte di masse sempre più larghe. L’emigrazione interna, intanto, aveva portato alla periferia delle città più grandi, settori di proletariato precario. Sorgevano ovunque degli accampamenti da cui ci si muoveva per occupare case e terre. E con loro nascevano le milizie per l’autodifesa, per difendere le conquiste».
La dinamica era la stessa per i Cordones industriales, coordinamenti di lavoratori delle fabbriche della cintura di Santiago. «Anche loro si ponevano il problema del potere, dell’autodifesa ma anche il problema di cosa produrre e come distribuirlo», continua a raccontare Erwin.
«Nel giugno prima del golpe c’era stato il “Tankazo”, tentativo di golpe da parte dei militari del Gruppo di artiglieria della caserma Tacna e gli operai dei cordones si sono costruiti dei blindati rudimentali usando i veicoli da lavoro e con quelli si sono difesi. Quella volta i tank arrivarono alla Moneda. Non fu il programma delle 40 misure a produrre il golpe ma lo spettro di questo potere duale, dell’autorganizzazione delle masse. La controffensiva della borghesia era già inziata nel ’72 quando venivano sistematicamente imboscati i prodotti alimentari come zucchero, caffé, farina. C’erano lunghe file per il pane. La borghesia controllava i mezzi di trasporto ma gli operai inziarono l’occupazione delle fabbriche e organizzavano forme di distribuzione popolare. Era chiaro che il problema era il controllo della produzione. Questo il clima in cui si preparò l’8 settembre. Quello che è mancato fu un’organizzazione politica capace di collegare queste lotte».
La fuga da Avenida Tomás Moro 200 fu l’inizio della clandestinità. Nei primi giorni ci fu qualche scontro ma poi si trattò solo di tentare di sopravvivere, senza contatti con la famiglia, a una repressione crudele che stroncò ogni tentativo di resistenza organizzata con torture ed esecuzioni sommarie.
Fino alla vittoria di Allende, nel ’70, Erwin aveva militato nell’Eln, l’esercito di liberazione nazionale, nato alla fine degli anni ’60 su impulso di settori socialisti, c’era lo stesso Allende, e con lo scopo di fornire sostegno logistico alle guerriglie guevariste. Quando Unidad Popular sbancò le urne, un settore dell’Eln seguì l’orbita di Allende, un altro scelse una tendenza rivoluzionaria. La maggior parte di questi si ritrovò nel Gap e veniva addestrata per tornare, dopo un anno, a lavorare tra i campesinos o nelle occupazioni di case. Erwin non fece in tempo a farlo.
«Se non c’è stato quel soggetto politico capace di collegare le lotte, forse è stato per un problema di tempo. La sinistra cilena vedeva un partito comunista molto vicino a Mosca, un partito socialista ancora più forte che aveva un carattere “centrista”, ossia con molte anime e schierato con i paesi che allora di definivano “non allineati”. I radicali potremmo definirli una forza borghese di centrosinistra. E poi, fuori da Unidad Popular e dal governo, c’era il Mir, Movimiento de Izquierda Revolucionaria de Chile, spina nel fianco sinistro del governo che aveva una presenza consistente tra i contadini (con l’Mcr, il movimento dei campesinos rivoluzionari) e tra gli studenti col Fer, Frente de Estudiantes Revolucionarios. Al momento del golpe era un’organizzazione in crescita ma aveva intrapreso un dialogo con il governo e forse questo è stato un freno per lo sviluppo delle lotte in alcune situazioni».
Dopo Natale, nelle prime settimane del ’74, Erwin e i suoi compagni del Gap decidono di rifugiarsi nell’Ambasciata italiana ma devono farlo armi in pugno scontrandosi con i soldati che presidiavano le residenze diplomatiche per sventare la fuga dei sovversivi. Nonostante ciò quello dei cileni sarebbe stato il più grande esilio di massa dai tempi della sconfitta della rivoluzione spagnola. Ottiene il riconoscimento dello status di rifugiato e in Italia continua quella riflessione sui danni dell’assenza di un’organizzazione complessiva rivoluzionaria, politica e militare. E’ in questo periodo, alla fine del ’74, che si avvicina alle posizioni della Quarta Internazionale, nella sua rottura sia col riformismo sia con lo stalinismo, nelle quali continua a riconoscersi.
«L’autorganizzazione ha bisogno di difendersi e di garantire la propria indipendenza ma ha anche il bisogno di risposte ampie, di collegamenti internazionali. La borghesia queste cose ce l’ha, il golpe fu deciso e finanziato dalle multinazionali e anche da settori della Dc italiana. Per trovare un abbozzo di resistenza organizzata bisognerà aspettare dieci anni quando settori di Mir e del partito comunista diedero vita al Frente Patriótico Manuel Rodríguez che praticava la lotta armata e giunse a realizzare un attentato allo stesso Pinochet che portò all’uccisione di molte delle sue guardie. Nelle città più importanti sorsero Comisiones Rodriguistas ma poi il Pc frenò quel processo perché lo metteva in difficoltà con la tradizione dei partiti sudamericani di allineamento con Mosca. E fu la borghesia a preparare la fuoriuscita dal regime. Il partito socialista, ormai mutato geneticamente in tutto il pianeta avrebbe guidato la linea della riconciliazione nazionale tra le vittime e il loro boia. E’ un’offesa alla memoria, non ci può essere alcun perdono. E non possiamo perdere la memoria di quello che è stato».
Dieci anni dopo il golpe anche Erwin provò a tornare in Cile, da clandestino, secondo un progetto della Quarta Internazionale per fornire supporto ai gruppi rimasti in patria. Ma fu subito arrestato. Per liberarlo servì una campagna organizzata soprattutto dalla Lega comunista rivoluzionaria francese e, sulla sua scia, dal Partito comunista italiano, che riuscì a smuovere le diplomazie dei rispettivi paesi e del Vaticano. Erwin Ibarra prenderà parte dal 20 al 22 settembre all’assemblea nazionale fondativa di Sinistra Anticapitalista, l’organizzazione che, dopo la scissione di Sinistra critica, continua il lavoro della Quarta internazionale in Italia.

SINISTRA ANTICAPITALISTA VENETO

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