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War!

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(27 Agosto 2013) Enzo Apicella
Obama ha deciso di attaccare la Siria, in ogni caso.

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SINISTRA ITALIANA E GUERRA: DUE POSIZIONI NON NE FANNO UNA

(13 Settembre 2013)

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Inquadrare la reale dinamica della guerra, nel contesto dell’imperialismo, è da anni un esercizio difficile per la sinistra italiana. Non è certo l’unico, vista la situazione. Ma è utile soffermarsi una volta tanto sulla visione che si ha della guerra in quella parte politica nella quale ci si aspetterebbe albergassero idee chiare. Purtroppo è l’ennesima occasione dettata dall’emergenza. L’ultima fu in occasione della Libia, una quindicina di anni fa fu la volta della Jugoslavia, e poi l’Iraq.
La costante si basa sul consolidamento di due posizioni estreme, aprioristiche, di fatto subalterne. Entrambi hanno uno strumentale collegamento con la realtà, letta solo in parzialità contrapposte. Da un lato abbiamo una impostazione che si definisce antiimperialista ma che, nella sostanza si confonde con la geopolitica. Il caso della Siria è emblematico, prendiamolo per rendere più comprensibile la critica. Siccome abbiamo in questo paese quella che certamente è una aggressione dell’esterno, gestita, attraverso l’Esercito Siriano Libero (ALS), da Qatar, Arabia Saudita e Turchia per affermare una loro egemonia nella regione in chiave antiiraniana e guardata di buon occhio dagli USA, e non solo, è gioco forza che il male minore, o per qualcuno il bene maggiore, sia costituito dal regime di Assad, supportato dalla Russia. Ma la Russia, e il BRICS, non costituiscono un altro campo imperialista? Tale visione/posizione trascura il fatto che quello di Assad è un regime autocratico, molto più autocratico anche rispetto a quello che fu di Assad padre. Forse per incapacità soggettiva, forse per sfilacciamento degli alawiti e di tutto il tessuto della borghesia urbana modernizzatrice e di conseguenza anche del Partito Baath in qualità di corpo intermedio, laico, socialista. Inoltre, da questa angolatura si trascura l’esistenza di una opposizione non violenta, laica, rivoluzionaria e socialista che fa capo al Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico in Siria e che è avversata al contempo sia dal regime che dall’ALS comprese le ali maggiormente fondamentaliste sunnite di quest’ultima. Come ha spiegato bene Stefano Macera in una precedente nota su questo giornale.
E veniamo alla posizione opposta che fa di nuovo breccia nella sinistra italiana, quella che parte da un abbaglio clamoroso che è il presupposto, inesistente, che la guerra costituirebbe la risposta sbagliata al comportamento “criminale” di Assad. Questa visione espunge totalmente ogni analisi, per altro supportata dai fatti, che ci dice che siamo al cospetto della guerra imperialista. Paradossalmente anche questa visione trascura l’esistenza del CNCD e sovrappone il dato della repressione, negato dagli “antiimperialisti”, con quello della risposta militare alla aggressione svolta per mano dell’ALS. La repressione con incarceramento, torture, e quant’altro, che si scatena contro i democratici e i socialisti è un campo di azione del regime che non si può e non si deve confondere con l’azione militare, che definirei legittima, contro le milizie armate. Semmai occorrerebbe sottolineare il fatto che l’ALS e i fondamentalisti sunniti usino la popolazione civile come scudo umano. Quale dovrebbe essere una posizione corretta della sinistra? A mio avviso dovrebbe essere quella di denunciare l’inesistenza della tanto sbandierata comunità internazionale. Se esistesse, attraverso l’ONU, spingerebbe verso l’unica soluzione sensata, di cui la proposta russa sulle armi chimiche potrebbe essere benissimo una parte. E sarebbe quella di un intervento militare interpositivo e di una aiuto alla creazione di un governo di unità nazionale composto da tutte le forze politiche genuinamente siriane, Baath compreso, che abbia il mandato di organizzare elezioni democratiche e fermare i combattimenti. La democrazia è un’altra delle cose messe tra abbondanti parentesi da chi si definisce “antiimperialista” qui in Italia, come il CNCD non lo fosse. Quasi come se la democrazia non dovesse essere una architrave politica condivisa bensì un lusso da rimandare a tempi migliori. Anche perché, in termini di analisi scientifica è chiaro che siamo al cospetto della guerra imperialista, ma dovendo usare una condivisione più larga a livello popolare per costruire un movimento contro la guerra è necessario condividere pezzi di verità e mediare il linguaggio. Per la pace, per la giustizia sociale e per la democrazia dovrebbero essere parole d’ordine che richiamino un minimo comun denominatore adeguato alla situazione.

Antonello Badessi

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