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Ucraina - Irak: come ti applico due pesi e due misure

(27 Novembre 2004)

I miei abituali lettori non si arrabbieranno, spero, se intervengo anch'io negli affari interni di qualcuno. Ma , visto che lo fanno tutti, a destra e a manca, anch'io vorrei esercitare questo diritto.
Adesso leggo che il signor Colin Powell (quello che andò al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, prima che cominciasse la guerra di aggressione contro un paese sovrano denominato Irak, e dichiarò di avere le prove che Saddam Hussein aveva armi di distruzione di massa) considera invalide le elezioni in Ucraina, perchè - così ha affermato - "non soddisfano gli standard internazionali e non ci sono state indagini sui numerosi e credibili resoconti di brogli e di abusi"...

Noi sappiamo che Colin Powell è un bugiardo. E, essendo stato bugiardo nell'anno 2002, non si vede perchè non potrebbe esserlo altrettanto nel 2004.

Tuttavia, io dichiaro solennemente di non avere visto con i miei occhi le elezioni in Ucraina. Io non c'ero. Ero da un'altra parte. Non c'era neanche Colin Powell.

Anche lui era da un'altra parte. Siamo pari. E non mi sogno neppure di affermare che le elezioni in Ucraina si siano svolte in modo ineccepibile.

Se, anzi, qualcuno mi chiedesse cosa ne penso, risponderei che sarei davvero oltremodo stupito se quelle elezioni fossero state regolari. Non mi risulta che ci siano state elezioni regolari nello spazio ex-sovietico dal 1991 ai giorni nostri. Ma non mi risulta nemmeno che gli osservatori stranieri, inviati a controllarne la regolarità, si siano molto indignati.

Per la verità si potrebbe riassumere così: si sono indignati selettivamente, qua e là, qualche volta sì, qualche volta no. Spesso no, anche quando i sospetti erano più che evidenti. Gli ambasciatori occidentali convocavano gli osservatori internazionali dei rispettivi paesi e, di regola, comunicavano loro, qualche volta addirittura in anticipo, che, a loro avviso, le elezioni sarebbero state regolari. E gli osservatori - se non avevano ancora capito l'antifona - la capivano in quel momento, e si adeguavano.

Parlo non per sentito dire, ma in qualità di testimone.

Quindi mi pare lecito, come minimo, sottolineare che l'atteggiamento dell'Occidente non è sempre stato equanime. I sacri principi qualche volta - per non dire spesso - sono stati lasciati da parte in nome dei meno sacri (ma molto più concreti) interessi.

Ecco perchè io penso che il popolo di Ucraina, quale che sia la sua volontà maggioritaria - della qual cosa difficilmente potremo avere dimostrazioni concrete e attendibili - sia oggi vittima non solo della poca onestà dei suoi governanti, ma anche della scarsissima obiettività degli Occidentali.

E' chiaro come il sole quali sono gl'interessi in gioco. Mezza Ucraina vuole andare con la Russia, l'altra mezza vuole andare con l'America e con l'Europa. Questo è lo stato delle cose e, America e Europa da una parte, Russia dall'altra, tirano ciascuna la coperta dalla parte che loro interessa, cioè dalla propria.

Saggezza avrebbe voluto che , per evitare drammi, i dirigenti politici ucraini si mettessero d'accordo prima per gestire politicamente e pacificamente il contrasto. Sfortunatamente la piccolezza degli uni e degli altri ha portato il paese sull'orlo dello scontro. Ci sarebbe da augurarsi, adesso, che la saggezza che è mancata a Kiev la si ripeschi in extremis nelle capitali che contano: Mosca e Washington, in primo luogo, ma anche Berlino, Parigi, Bruxelles.

E speriamo che vada tutto, bene, incrociamo le dita dietro la schiena, come si fa a Napoli per scongiurare il malocchio. Poi segniamo sul calendario la data del 30 gennaio 2005. E' quella in cui voteranno gli iracheni. Un intero grande paese sarà portato alle urne in guerra, senza osservatori internazionali, senza regole che non siano quelle delle truppe occupanti. Ma volete scommettere? Colin Powell non sarà più al suo posto, sostituito da Condoleeza Rice, ma si può essere certi fin da ora che la signora dirà che le elezioni irachene sono state valide, validissime, ineccepibili.

articolo del 25 novembre 2004, in uscita sul settimanale russo Kompania

Giulietto Chiesa

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