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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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L’assemblea di Chianciano, un dibattito per non rassegnarsi e per organizzarsi

(16 Settembre 2013)

Venerdì 20 settembre si apre l’assemblea seminariale che costituirà formalmente la nuova organizzazione politica Sinistra Anticapitalista.

vivalarev

Il quadro politico e sociale nel nostro paese è segnato da una persistente offensiva delle forze politiche e sociali della borghesia che finora non ha trovato una risposta efficace da parte del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori, fortemente divisi e qualche volta anche demoralizzati, in difficoltà a trovare piattaforme rivendicative, indicazioni politiche e un percorso di mobilitazione per contrastare la violenza delle politiche liberiste in atto. Col patto europeo del fiscal compact potranno diventare ancora più dure.

Né c’è alcuna corrispondenza tra questa situazione di emergenza e il dibattito politico che si intreccia sui media, tutto segnato da falsi scontri tra le forze politiche dominanti che producono soltanto bersagli e contrasti di comodo, occultando il senso vero di quel che sta avvenendo, cioè la piena concordanza di centro destra e centro sinistra, non solo sulle scelte economiche e sociali, ma sulla stessa involuzione istituzionale, mettendo mano ulteriormente (non scordiamo lo sfregio del pareggio di bilancio e l’accordo del 31 maggio) all’impianto democratico della Costituzione. Siamo dentro una logica di ulteriore rafforzamento dell’esecutivo per garantire la stabilità borghese, cioè la piena efficacia dell’azione padronale per infliggere una sconfitta storica alla classe lavoratrice; il governo Letta rappresenta politicamente e simbolicamente tutto il marcio delle scelte della borghesia.

La crisi in corso non è la classica “nottata” a cui si deve dare il tempo di passare, come in tanti, anzi quasi tutti, nella sinistra ancora sperano, ma una ristrutturazione storica del capitalismo che deve chiudere l’età dell’oro dei diritti del lavoro successiva al secondo dopoguerra e riportare in forme nuove ed anche più dure le polarizzazioni sociali del sistema economico basato sul profitto.

Della terribile sofferenza del mondo del lavoro, dei disastri della disoccupazione e della precarietà, del crollo del reddito delle classi popolari, non c’è traccia nei dibattiti sulle scelte politiche economiche da intraprendere: o per meglio dire la condizione sociale della classe lavoratrice compare solo nelle statistiche e nelle documentazioni sociologiche, nelle inchieste di qualche giornalista; tutto questo però è completamente separato dalla individuazione delle cause e dai soggetti sociali che volutamente l’hanno prodotta. In altri termini si nasconde, né si vuole individuare chi ne è responsabile, chi sono i nemici, e tanto più non si dà voce a coloro, forze organizzate o parziali movimento sociali di lotta che provano a contrastare questa involuzione avanzando obbiettivi alternativi.

Quasi non ci viene da parlare delle organizzazioni sindacali, che pure dovrebbero essere quelle deputate a costruire la risposta e la mobilitazione di massa, tanto sono subalterne alle politiche del padronato: la firma del recente programma comune con la Confindustria, non contiene nulla di nuovo, confermando solo quanto già viene fatto, ma assume un significato simbolico perché lancia un messaggio devastante: “facciamo l’alleanza dei produttori, uniti padroni e capitalisti per chiedere al governo, le rivendicazioni… dei padroni”. La classe operaia dovrebbe scomparire in quanto classe.

Diversi settori della sinistra, che pure propongono condivisibili intenti di difesa della democrazia e del lavoro (ci riferiamo in particolare oggi al tandem Rodotà-Landini), hanno progetti condizionati da un pesante handicap: il loro orizzonte, in una forma o in un’altra, resta interno o condizionato dal mondo PD, cioè da uno dei soggetti portanti della politica borghese neoliberista. Quel partito non è un interlocutore da condizionare con mobilitazioni dell’opinione pubblica democratica e popolare, ma un avversario politico e di classe da sconfiggere, provando a strappargli settori di lavoratori che ancora oggi influenza.

Per questo è necessaria una sinistra realmente alternativa, cioè anticapitalista, e quindi rivoluzionaria, che si ponga fuori dagli orizzonti delle impraticabili politiche riformiste, che abbia consapevolezza del nuovo periodo storico in cui siamo entrati, della durezza e complessità dello scontro, che riallarghi e consolidi l’area sociale e politica della coscienza di classe.
Il nome dell’organizzazione indica chi è il nemico da combattere ed abbattere, ma contemporaneamente colleghiamo la “critica dell’economia politica” a un progetto politico a positivo, a una idea di costruzione di una società democratica, socialista e libertaria, in cui a decidere sulle grandi scelte siano le diverse espressioni e forme dell’autogestione delle lavoratrici e dei lavoratori, il potere di chi produce quotidianamente la ricchezza della società.

Vogliamo contribuire a costruire un ponte tra le resistenze di oggi e un nuovo grande movimento che riponga concretamente la questione del potere e dell’alternativa che oggi potremmo definire ecosocialista.

In molti ci dicono: “ma perché fate una organizzazione, che cosa serve?” oppure “Perché non vi mettete tutti insieme, perché non fate l’unità della sinistra”.

Molte volte queste domande sono mal poste, o avanzate da soggetti che non hanno le carte in regola sia per loro pratiche opportunistiche verificate nel tempo, sia per concezioni ideologiche e politiche segnate da profonde deformazioni burocratiche, se non staliniste tout court. In ogni caso la risposta si pone a diversi livelli.

In primo luogo poniamo a nostra volta una domanda; “è utile o no organizzare un collettivo di militanti attivo, dinamico, che ha un percorso di lavoro di diverse categorie di lavoratori, che è presente in movimenti sociali, tematici e territoriali, che ha formazione politica forte e rinnovata e spirito collaborativo ed unitario?”.

Noi pensiamo proprio di sì perché in questo modo si dà un contribuito non disperso alla costruzione delle lotte, quindi più forte ed efficace; inoltre ci sarà più forza per contrastare la demoralizzazione o la semplice rabbia inefficace e più strumenti collettivi per essere più incidenti su una realtà avversa.

E il nostro lavoro vuole avere anche una indispensabile valenza femminista, gestito in primo luogo attraverso le pratiche e l’attività delle nostre compagne in un contesto di crisi in cui tutte le scelte dell’austerità colpiscono sempre più la condizione delle donne nei suoi diversi aspetti, sociali ed individuali.

Pensiamo che sia utile militare in Sinistra Anticapitalista perché i nostri sforzi sono tesi al 100 % a costruire le lotte della classe lavoratrice e dei diversi movimenti sociali, perché non siamo in alcun modo settari ed ogni volta che c’è la minima occasione pratichiamo il massimo di politica unitaria sul piano concreto, quello della mobilitazione. E questo a partire dalle prossime scadenze di ottobre.

Lavoriamo anche perché nel nostro paese non scompaia una specie rara, quasi in via di estinzione, ma fondamentale per il futuro del movimento operaio e dei movimenti sociali: il sindacalismo di classe; lavoriamo perché sia più forte l’attività dei sindacati di base, e che continui ad esistere anche nella CGIL, una corrente portatrice del sindacalismo di classe.

Ma poniamo ai nostri interlocutori anche una seconda domanda: “Unità su quale orientamento politico e per fare che cosa? Unità per correre dietro al PD via Vendola, unità per subordinarsi ai burocrati sindacali che puntano solo a preservare apparati e comode nicchie in un inverecondo compromesso con il padronato?”. Oggi un’organizzazione che non abbia una linea chiaramente alternativa rispetto alla cosiddetta sinistra ufficiale, può raccogliere consensi e anche speranze, ma è inutile ad affrontare i nodi di fondo.

Non ci consideriamo il centro del mondo e ci battiamo invece costantemente perché nel paese si configuri una ricomposizione politica che coinvolga tutti coloro che stanno dentro il perimetro anticapitalista e difendono una prospettiva di democrazia dal basso, di un movimento anticapitalista e libertario, contro ogni concezione burocratica.

Per questo pensiamo che il tentativo di configurare questo strumento attraverso l’iniziativa di Ross@ non solo sia importante, ma che sia oggi il solo che si propone nel nostro paese e vada quindi perseguito con consapevolezza e determinazione.

Infine Sinistra Anticapitalista è una forza internazionalista. Poiché questo termine, come tanti altri, è stato distorto in vari modi nella storia della sinistra, vogliamo, per semplicità riproporre quanto scritto nel vecchio manifesto del 1848:
“I comunisti si distinguono dagli altri partiti proletari solo per il fatto che da una parte essi mettono in rilievo e fanno valere gli interessi comuni, indipendenti dalla nazionalità, dell’intero proletariato, nelle varie lotte nazionali dei proletari; e dall’altra per il fatto che sostengono costantemente l’interesse del movimento complessivo, attraverso i vari stadi dello sviluppo percorsi dalla lotta fra il proletariato e la borghesia.”

Per questo siamo oggi per l’unità delle lotte contro l’Europa del fiscal compact tra i lavoratori dei diversi paesi europei: a fianco dei lavoratori greci e spagnoli, ma senza mai perdere di vista anche il movimento operaio nei cosiddetti paesi forti, in primis la Germania; a fianco delle masse arabe che hanno lottato per cacciare le dittature che le opprimevano, impegnate in una difficilissima lotta per far avanzare le conquiste sociali e democratiche, contro ogni ritorno indietro, per sviluppare fino in fondo le dinamiche di emancipazione e liberazione.

Per questo siamo contro ogni intervento imperialista che da sempre è condotto per le sue finalità controrivoluzionarie; ma siamo anche con la lotta del popolo siriano per i suoi diritti democratici e sociali e per cacciare la dittatura di Assad.

E’ curioso, per non dire ipocrita, che nel nostro paese ci siano forze che, mentre propongono la battaglia democratica per la difesa della Costituzione, in nome di una realpolitik ”campista”, più o meno esplicitata o nascosta (realpolitik campista, per altro, non solo desueta, ma profondamente errata), disconoscano nei fatti i sacrosanti diritti dei popoli del Medio Oriente tra cui quello siriano, di conquistare libertà e democrazia, strumenti indispensabili per intraprendere il percorso per una profonda rivoluzione sociale.

Per questo la folta delegazione estera che sarà presente al nostro congresso, non è un fiore all’occhiello, per mostrare la nostra “nobiltà”, ma parte integrante della nostra assemblea; abbiamo costruito questa assemblea già discutendo a fondo insieme dei nostri e dei loro compiti, concependo la loro partecipazione come una sinergia di lavoro da consolidare nelle diverse modalità con cui interverranno nella discussione.

La nostra azione si colloca dunque in un rapporto dispiegato con le diverse forze anticapitaliste dell’Europa, ma non solo, (vedasi in proposito la dichiarazione delle forze della sinistra rivoluzionaria araba sulla Siria e contro l’intervento imperialista); e in questo quadro continuerà dunque il rapporto da tempo intrattenuto con le forze della Quarta Internazionale.

Da venerdì non vogliamo costruire un “evento”, ma un luogo collettivo di dibattito, di appartenenza e di impegno a un lavoro comune, che sappiamo essere difficile, ma che vale la pena di fare; lo proponiamo a tutte e tutti coloro che non vogliono rassegnarsi alla banalità conformista e reazionaria che ci circonda.

Franco Turigliatto - Sinistra Anticapitalista

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