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(10 Ottobre 2011) Enzo Apicella

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Spd contro l'incubo dei «mini-jobs», un quarto dei tedeschi prende meno di 450 euro al mese

(21 Settembre 2013)



Analisi / DISOCCUPAZIONE MAI COSÌ BASSA (5,5%) MA IL PRECARIATO DILAGA

«Immagino un paese in cui ognuno possa vivere del proprio lavoro, in cui il rapporto di lavoro normale sia quello a tempo indeterminato, in cui un buon livello di protezione sociale e previdenziale sia la norma per i lavoratori».

Questa è stata una delle prime frasi del candidato socialdemocratico Peer Steinbrück nel dibattito televisivo con Angela Merkel. A testimonianza del fatto che la questione del lavoro precario ha acquisito notevole importanza nella contesa elettorale tedesca.
La Germania è internazionalmente percepita come un paese economicamente di successo. I partiti che hanno formato il governo uscente (Cdu-Csu e Fdp) colgono ogni occasione per rappresentare l'economia tedesca degli ultimi quattro anni come una nave sicura in un mare in burrasca. Un'immagine che è costruita da un alto tasso di crescita in rapporto ai partner europei, una molto celebrata eccedenza commerciale e una disoccupazione in costante diminuzione negli ultimi anni. La quota di disoccupazione nel 2012 era solo del 5,5%, il livello più basso dai tempi della riunificazione delle due Germanie.
La diminuzione del numero di disoccupati ha, però, anche un'altra faccia della medaglia: l'aumento sostanziale dei cosiddetti lavori atipici: part-time, contratti a tempo determinato, lavoro interinale e Minijobs (contratti sotto i 450 euro al mese e sostanzialmente senza copertura previdenziale). Come in altri paesi europei, la comparsa di queste forme di lavoro, spesso precario, risale all'inizio degli anni '90: all'epoca riguardavano il 15% dei lavoratori dipendenti tedeschi. Su questa dinamica già in atto, si sono innestate le riforme del mercato del lavoro approvate dal governo di Gerhard Schröder (Spd-Verdi) nel 2002-2004. Risultato: oggi è uno su quattro ad avere un contratto atipico.
È innegabile che il lavoro precario fosse già ampiamente diffuso prima dell'operato del governo in carica, e sembra addirittura che sia sceso leggermente nel 2012. Per quale ragione, allora, il problema è entrato per la prima volta con forza solamente in questa campagna elettorale? Dal punto di vista economico, perché l'occupazione atipica è diventata, in seguito alla diminuzione dei disoccupati, molto più visibile. Da quello politico, perché la Spd lo ha utilizzato per affermare il proprio ruolo di opposizione degli ultimi anni. Alle elezioni del 2009 solo i Verdi e la Linke avevano sottolineato il problema del lavoro atipico, mentre i socialdemocratici, appena usciti dal governo di grosse Koalition, non avevano alcun interesse ad affrontare la questione. Quattro anni dopo, qualsiasi argomento che possa scalfire l'immagine di successo veicolata dalla cancelliera Merkel viene utilizzata con forza da Steinbrück. In effetti, se i tedeschi debbano gioire del basso tasso di disoccupazione, a fronte però di un'alternativa rappresentata da lavori mal pagati e insicuri, è diventata una domanda tanto legittima quanto urgente.
Una seconda ragione politica che mette la questione della precarietà del lavoro al centro del dibattito elettorale è rappresentata dalla consistenza numerica degli elettori «atipici»: quasi otto milioni di lavoratori tedeschi non possono essere trascurati dalla competizione elettorale dei partiti. Nel 2009 questa fetta di elettorato si espresse proporzionalmente in misura maggiore rispetto ai lavoratori «garantiti» per i Verdi e la Linke; oggi i socialdemocratici hanno un forte interesse a strappare parte di questi voti ai concorrenti di sinistra.
I lavoratori atipici hanno visioni politiche differenti dagli occupati «garantiti», anche comparando differenti stati europei. Dalle analisi effettuate emerge come persone con contratti a termine rispondano più spesso degli altri che la loro situazione economica li rende insicuri e, conseguentemente, sostengano un forte cambiamento delle politiche del lavoro. Inoltre si identificano di più con i partiti di sinistra minori, come i verdi o altri partiti di sinistra socialista. In Paesi come la Gran Bretagna o la Danimarca, dove i lavoratori a tempo indeterminato non beneficiano di significative protezioni contro il licenziamento, le differenze nelle preferenze politiche tra questi ultimi e gli atipici non sono significative.
Occupazioni atipiche si accompagnano solitamente a bassi stipendi, insicurezza lavorativa e scarsa protezione previdenziale. Naturalmente, in questa campagna elettorale Merkel e la Cdu hanno sostanzialmente ignorato il tema.
Nel programma dei democristiani la molteplicità di forme di lavoro atipiche viene presentata come un'opportunità di ingresso nel mercato del lavoro. La liberale Fdp è convinta ancor più degli effetti benefici di questi contratti. Va registrato che, bontà loro, nessuno dei due partiti propone un'ulteriore precarizzazione delle forme di lavoro.
Come già sottolineato, questa è la prima volta che la Spd pone con forza, in un'elezione federale, il problema del precariato. Fra le proposte per neutralizzarne gli effetti negativi c'è il salario minimo legale, che contrasterebbe i salari bassi tra i lavoratori interinali e i Minijobs. I sostenitori del salario minimo legale - fra cui i sindacati - smentiscono i presunti effetti negativi per l'occupazione, derivanti dall'introduzione di un salario minimo: se ne ha conferma delle più recenti ricerche empiriche sul tema. Verdi e Linke si differenziano dalla Spd nell'auspicare una regolamentazione più stringente dei contratti atipici e maggiori garanzie per i disoccupati.
Nella sostanziale apatia e prevedibilità della campagna elettorale tedesca, è da registrare come un dato positivo che il problema stringente della precarietà, nonché generale insicurezza dei lavoratori, conquisti spazio sulla scena. Peccato che i sondaggi non consentano di sperare in svolte davvero significative: in caso di probabile vittoria di Angela Merkel si tornerebbe celermente a preoccuparsi esclusivamente dei depositi finanziari della classe media.
(traduzione dal tedesco di Alberto Fierro)

Georg Picot, il manifesto

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