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Egitto, tornano gli slogan della rivoluzione: Pane e libertà

(24 Settembre 2013)

Nasce oggi un nuovo movimento, Revolution Path Front, in opposizione alla Fratellanza e al golpe militare. Obiettivo, la redistribuzione della ricchezza in un Paese tradito

piazzatahrir

Piazza Tahrir nel gennaio 2011

dalla redazione

Roma, 24 settembre 2013, Nena News - Ieri un tribunale del Cairo ha messo al bando l'organizzazione Fratelli Musulmani: proprietà sequestrate, sedi chiuse, attività vietate. Oggi è giunta la prima risposta dei sostenitori islamisti del deposto presidente Morsi - tuttora agli arresti - di fronte alla sede delle Nazioni Unite nella capitale. Ad organizzare la manifestazione è stata l'Alleanza Nazionale per il Sostegno della Legittimità.

Intanto, però, alla base c'è chi si muove in direzioni alternative, contro la Fratellanza e contro l'esercito. È nato oggi un nuovo gruppo, Revolution Path Front, formato da attivisti con l'obiettivo di tornare ai principi originari e scatenanti la rivoluzione del 25 gennaio 2013: "Pane, libertà e giustizia sociale". Oggi a mezzogiorno la campagna verrà ufficialmente lanciata, come riporta la pagina Facebook del nuovo movimento. L'obiettivo, "ridistribuire le ricchezze tra le classi povere egiziane", sfidando le politiche perpetrate prima dai Fratelli Musulmani e ora dal nuovo governo che, secondo Revolution Path Front, non ha ancora adottato alcuna misura in merito.

"Siamo un gruppo alternativo che combatterà contro l'oppressione militare e contro la violenza e il settarismo dei Fratelli Musulmani, per tornare alla rivoluzione del 25 gennaio", spiegano gli attivisti. Hatem Tallima, portavoce del Revolution Path Front, si dice ottimista: il movimento "saprà rappresentare la voce collettiva di chi sostiene tali idee di giustizia sociale. Seppure, so che il numero di persone che credono in questi principi per ora è limitato".

E punta il dito contro la Fratellanza, che tradendo lo spirito rivoluzionario egiziano hanno tolto ogni speranza ai manifestanti, ormai convinti di non poter ottenere nulla se non "uno Stato autoritario": "La nomina di 17 governatori provenienti dall'esercito, la reintroduzione di personaggi legati a Mubarak nelle istituzioni statali e il modo in cui le assemblee costituenti sono state formate - spiega Tallima - fanno capire che l'Egitto non sta camminando nel giusto sentiero".

Dal gennaio 2011, l'Egitto ha visto alternarsi governi di natura diversa, da quello militare a quello islamista, senza però assistere ad un miglioramento delle condizioni socio-economiche della popolazione, che spinsero il popolo egiziano in piazza contro il regime di Mubarak. Il tasso di disoccupazione si attesta ancora intorno al 13%, mentre la Banca Mondiale calcola che un quinto della popolazione viva sotto la soglia di povertà.

A peggiorare una situazione critica è stato anche il governo Morsi che ha optato per politiche di libero mercato, attraverso la ristrutturazione del sistema economico (volta ad attrarre il prestito da quasi 5 miliardi di dollari dell'FMI) i tagli alla spesa pubblica e la spinta verso una maggiore privatizzazione del settore produttivo. Una serie di politiche che hanno provocato la reazione delle classi lavoratrici, che nell'anno di governo islamista, hanno organizzato manifestazioni per chiedere migliori condizioni salariali, incentivi alle aziende in procinto di chiudere i battenti, nuove opportunità di lavoro. Secondo i dati pubblicati dal Centro Egiziano per gli Studi Economici e Sociali, nel 2012 si sono tenuti 3.187 scioperi, 2.400 le proteste da gennaio a maggio 2013.

La risposta dell'esecutivo è stata la repressione, scelta pagata a duro prezzo. Ora la palla passa al nuovo governo, figlio di un golpe militare, gestito da quell'esercito che da anni possiede e controlla gran parte dell'economia egiziana.

Nena News

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