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Libia, carceri: si muore di tortura e maltrattamenti

(8 Ottobre 2013)

A denunciarlo è un rapporto dell'Onu e della Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) diffuso una settimana fa.

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Roma, 8 ottobre 2013, Nena News - Si muore di tortura e di maltrattamenti nelle carceri libiche nominalmente sotto l'autorità del governo ma de facto sotto il controllo delle milizie armate due anni dopo il rovesciamento di Gheddafi. A denunciarlo è un rapporto dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (UNHCHR) e della Missione di Supporto delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) diffuso una settimana fa. Il rapporto documenta casi di arresti arbitrari, motivati da regolamenti di conti personali o tribali, di uomini prelevati forzatamente dal posto di lavoro o da casa, picchiati, violentati e lasciati senza cibo nelle prigioni in condizioni disumane.

Nelle carceri controllate dal governo che il personale delle Nazioni Unite è riuscito a visitare, le condizioni e il trattamento dei detenuti sono migliori che in quelle gestite dalle milizie in cui secondo i dati del rapporto ONU la tortura è più frequente soprattutto immediatamente dopo l'arresto e durante gli interrogatori come mezzo per estorcere confessioni e informazioni, i colloqui con i legali sono negati e alle famiglie sono concesse sporadiche visite. A settembre 2013, secondo i dati del Ministero della Giustizia della Libia, degli 8000 detenuti (senza processo) accusati di aver combattuto per Gheddafi, 4000 erano sotto la custodia della Judicial Police. I rimanenti 4000 sotto la custodia della Military Police - che rientra sotto l'autorità del Ministero della Difesa -, del SSC e del Combating Crime Department - entrambi composti principalmente da brigate armate che operano sotto l'autorità del Ministero dell'Interno - e di brigate armate che non rispondono all'autorità di alcun Ministero.

UNSMIL ha documentato 27 casi di morte in carcere dovuti quasi certamente a tortura da quando Gheddafi è stato catturato e ucciso nel 2011. Undici di questi solo tra gennaio e giugno 2013 e tutti nelle prigioni controllate dalle milizie.

La detenzione arbitraria e la tortura erano sistematici già sotto il regime di Gheddafi nonostante un sistema normativo di tutela dei detenuti. Leggi del regime a salvaguardia dei diritti del prigioniero a cui si è aggiunta lo scorso aprile la legge Criminalising Torture, Enforced Disappearances and Discrimination adottata dal General National Congress per cui tortura, sparizioni forzate e discriminazione sono e rimangono crimini e come tali punibili.

Sin dalla fine della rivolta che ha rovesciato Muammar Gheddafi, i nuovi governanti della Libia tentano a fatica di controllare una miriade di ex gruppi ribelli che rifiutano di deporre le armi e mettere da parte ogni aspirazione politica.

Il loro processo di affiliazione presso i Ministeri della Giustizia, della Difesa e degli Interni fa parte di un disegno strategico di inglobamento delle milizie armate nel circuito governativo, con risultati però ad oggi sconfortanti visto che le brigate continuano a mantenere il controllo effettivo dei centri di detenzione e rivendicano prepotentemente le loro aspirazioni di esercizio del potere contribuendo in questo modo a rendere altamente precarie le condizioni di sicurezza in un Paese, la Libia, ricco non più solo di petrolio ma anche di armi.

Rita Plantera - Nena News

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