">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni    (Visualizza la Mappa del sito )

Ustica. Monumento all'assassino ignoto

Ustica. Monumento all'assassino ignoto

(28 Giugno 2011) Enzo Apicella
Trentunesimo anniversario della Strage di Ustica

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Omicidi di stato)

Rinasce l'inchiesta sul caso Uva

(9 Ottobre 2013)

RESPINTA LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE. Nuove indagini nei confronti degli otto agenti di polizia e carabinieri accusati di lesioni colpose


VARESE. Non è finita. Nel giorno in cui il caso Uva poteva morire con un'archiviazione per gli uomini in divisa coinvolti nella morte di Giuseppe la notte del 14 giugno del 2008, l'inchiesta rinasce e adesso sotto la lente degli investigatori ci saranno proprio i fatti avvenuti prima del trasferimento dell'uomo, ormai in fin di vita, all'ospedale di Circolo, dove poi il suo cuore avrebbe smesso di battere. Tre ore piene di mistero: alle 2 e 55 Uva e il suo amico Alberto Bigioggero vengono portati nella caserma dei carabinieri in via Saffi, alle 5 e 41 l'ambulanza con Giuseppe a bordo arriva al pronto soccorso.
Il sostituto procuratore di Varese Agostino Abate - che in un processo precedente sullo stesso caso aveva messo sotto accusa un medico, poi assolto con formula piena - ha sempre sostenuto che Giuseppe Uva non sarebbe mai stato pestato in caserma, la morte sarebbe avvenuta a causa delle sue «precarie condizioni di vita» e i segni evidenti delle botte sul suo corpo se le sarebbe procurate da solo, particolare più volte rimarcato anche ieri in aula, davanti agli increduli familiari della vittima. Il gup è entrato in camera di consiglio poco dopo pranzo e ne è uscito intorno alle 18 e 30 con il responso: le indagini su Paolo Righetti, Stefano Del Bosco, Gioacchino Rubino, Luigi Empirio, Pierfrancesco Colucci, Francesco Barone Focarelli, Bruno Belisario e Vito Capuano continuano. Anzi, cominciano adesso, visto che malgrado i tanti appelli della famiglia Uva e la raccomandazione del giudice Orazio Muscato, la procura di Varese non si è mai mossa con decisione in questo senso, arrivando anzi a aprire un fascicolo per il reato di diffamazione nei confronti di Lucia Uva, degli autori del documentario Nei Secoli Fedele Adriano Chiarelli e Stefano Menghini, dell'inviato delle Iene Mauro Casciari e del direttore di Italia Uno Luca Tiraboschi.
«È l'ennesima volta che un giudice sconfessa l'impianto accusatorio del pm Abate - commentano quelli di Malapolizia - e indica come risolutiva la strada delle indagini su carabinieri e poliziotti».
Il reato ipotizzato per i due carabinieri e i sei poliziotti è di lesioni personali semplici, con la procura lombarda che era addirittura arrivata a chiedere l'archiviazione per le posizioni degli uomini in divisa: un ribaltone che avrebbe condannato all'oblio il caso Uva. Quando tutto sembrava perduto, a luglio il gip Giuseppe Battarino ha respinto le richieste del pm e rinviato la discussione a ieri. «La stessa qualificazione giuridica dei fatti - scrisse il giudice - risultante dall'iscrizione delle persone presenti nella caserma dei carabinieri per mere lesioni personali semplici, contraddice gli esiti argomentativi della sentenza numero 498 del 2012 (quella che assolse i medici dell'ospedale, ndr) ed è apodittica di fronte a un evento, la morte di Giuseppe Uva, da ritenersi allo stato privo di spiegazione giudizialmente accettabile». Una stroncatura netta delle tesi di Abate e uno squarcio di speranza per i familiari del falegname morto a 42 anni.
«Finalmente - dice Lucia Uva al manifesto -, abbiamo fatto un passo avanti verso la verità. Un altro giudice ha smentito la tesi secondo la quale Giuseppe sarebbe morto per colpa dei medici: bisogna indagare su quello che è successo in caserma, noi lo diciamo da sempre. Esco distrutta da questa giornata ma sono veramente soddisfatta. Attenzione però, non è ancora finita». La conclusione delle nuove indagini è fissata per il 31 dicembre, solo allora si saprà se nasce o se muore l'inchiesta sulla caserma di via Saffi.

Mario Di Vito, il manifesto

10366