">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Freedom Flotilla

Freedom Flotilla

(30 Maggio 2010) Enzo Apicella
Israele ha dichiarata che la Marina militare bloccherà le nove imbarcazioni della Freedom Flotilla, cariche di aiuti umanitari per Gaza

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

APPUNTAMENTI
(Imperialismo e guerra)

SITI WEB
(Imperialismo e guerra)

La strada accidentata della transizione tunisina

(16 Ottobre 2013)

L'accordo del 5 ottobre ha avviato una fase di transizione che, pur scongiurando per ora l'esplosione della crisi violenta, non sgombra il campo da incertezza e contrasti

stradacc

di Francesca Gnetti

Roma, 16 ottobre 2013, Nena News - La Tunisia, per prima attraversata dall'ondata di rivolta che ha sommerso gli altri paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, sta tentando di trovare la sua strada per uscire dalla crisi politica che segna la fase successiva alla primavera araba nella regione. È un percorso accidentato, in cui aperture democratiche si susseguono a involuzioni e resistenze. L'accordo firmato il 5 ottobre tra le forze politiche rivali ha fissato un programma che dovrebbe portare alle dimissioni del governo guidato dal partito islamico Ennahda e alla costituzione di un esecutivo di tecnici per guidare il paese verso nuove elezioni. Si è così inaugurata una fase di transizione che, pur scongiurando per il momento l'esplosione della crisi come avvenuto nel vicino Egitto, non sgombra il campo da incertezza e contrasti.

L'approvazione l'11 ottobre da parte dell'Assemblea nazionale costituente di una legge per fondare un'autorità di prevenzione e lotta alla tortura è stata salutata con entusiasmo dalle organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani. La decisione, che rende la Tunisia il primo paese della regione a dotarsi di un meccanismo preventivo contro tutte le forme di tortura e di trattamento inumano e degradante, è un motivo di speranza per chi confida nel buon esito della transizione. Un gruppo di sedici persone, tra cui alcune donne, nominato dall'Assemblea legislativa, avrà il potere di visitare i luoghi di detenzione, parlare in privato con i prigionieri, chiedere indagini e presentare raccomandazioni per l'adozione di misure volte a sradicare la tortura. È un'occasione per il paese di liberarsi della scomoda eredità del regime di Zine El Abidine Ben Ali, durante il quale la tortura e il maltrattamento dei detenuti erano una pratica comune, e di prendere le distanze da simili violazioni dei diritti umani avvenute nel periodo post-rivoluzionario e denunciate da alcune organizzazioni.

Nonostante i passi avanti, però, è ancora presto per dire se la fragile democrazia tunisina riuscirà a tenersi in piedi. Le tensioni tra la coalizione al governo e l'opposizione, infatti, sono già tornate a galla. Il primo ministro, Ali Laarayedh, ha posto quattro condizioni che devono essere soddisfatte prima del ritiro di Ennahda: la ratifica di una bozza di Costituzione, la riforma della commissione elettorale, l'approvazione di una nuova legge elettorale e la definizione di una data per le elezioni parlamentari e presidenziali. I gruppi all'opposizione hanno risposto accusando il governo di volere ritardare i negoziati per restare al potere e hanno chiamato i tunisini a partecipare a una protesta il 23 ottobre per chiedere la formazione di un governo di transizione. Le tre settimane di colloqui previste dall'accordo del 5 ottobre per arrivare alla nomina del governo provvisorio potrebbero quindi rivelarsi insufficienti per sciogliere i nodi che hanno portato allo stallo politico che ha segnato il paese negli ultimi mesi.

Ennahda è ancora in tempo per chiudere gli spiragli di dialogo aperti nelle scorse settimane e le opposizioni sono in grado di mobilitare di nuovo le folle che hanno agitato il paese con manifestazioni e proteste in seguito all'uccisione lo scorso 25 luglio del dirigente del Fronte Popolare Muhammad Brahmi, avvenuta a sei mesi di distanza dall'omicidio di Chokri Belaid, un altro leader dell'opposizione. Il contesto è reso ancora più esplosivo dall'azione, vicino alla frontiera con l'Algeria, dei militanti legati ad al Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi), sostenuti dal gruppo salafita di Ansar al Sharia, dichiarato fuorilegge dal governo a fine agosto.

Gli ostacoli da superare sono molti, ma nei quasi tre anni trascorsi dalla caduta di Ben Ali il paese ha dimostrato di saper trovare i suoi strumenti per andare avanti. Molto più piccola del vicino Egitto, la Tunisia ha un esercito modesto poco propenso a interferire negli affari interni e una società civile forte e composta sopratutto da cittadini della classe media, in grado di afferrare le redini della gestione della crisi, sfuggite di mano alla classe politica. È stato infatti il sindacato Ugtt (Union Générale Tunisienne du Travail), assieme alla controparte dei datori di lavoro e ai gruppi per la difesa dei diritti umani, a mediare tra governo e opposizione per giungere all'accordo. L'inclusione nella roadmap della transizione dei principali gruppi politici laici, come Nidaa Tounes e il Fronte Popolare, dimostra inoltre la volontà di Ennahda di favorire un vero processo di dialogo, nonostante i malumori dello zoccolo più duro del suo bacino elettorale. Se la fase di transizione porterà a un vero processo di riconciliazione nazionale, la Tunisia potrà proporsi ancora una volta come modello da ricalcare per l'intera regione. E ci sarebbe da sperare che altri paesi seguano la sua strada.

Nena News

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Paese arabo»

Ultime notizie dell'autore «Nena News»

7270