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(28 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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(Lotte operaie nella crisi)

Per un movimento di lotta ampio, duraturo, unitario!
Contro l'attacco del capitale
nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei territori!

(22 Ottobre 2013)

Volantino distribuito a Roma il 19 ottobre

Lavoratori/trici, studenti/esse, compagni/e,

finalmente convergono oggi in un solo luogo le molte e frammentate spinte di lotta esistenti in Italia. E' un fatto positivo, ma perché questo 19 ottobre sia davvero l'inizio di una lotta ampia, dura, unitaria contro banche, padroni e governo Letta-Berlusconi, è indispensabile fare chiarezza su alcune questioni fondamentali.

La prima è il carattere epocale dell'attacco capitalistico e statale scatenato contro di noi. Il capitalismo mondiale è precipitato dal 2007 nella più grande crisi della sua storia, e non riesce a venirne a capo. Anzi, nel mentre si profila all'orizzonte un nuovo grande crash finanziario, la crisi si approfondisce in Europa e s'allarga progressivamente ai cosiddetti Brics. Questo vuol dire che è davanti a noi una lunga fase di scontro frontale con i poteri forti del capitalismo nazionale e globale perché per i capitalisti la via obbligata da battere è quella di una brutale svalorizzazione generale della forza-lavoro. Ogni prospettiva di facile soluzione dei nostri problemi con meri cambi di maggioranze di governo è pura illusione. Le sole "riforme" di cui è capace questo sistema sociale in profondissima crisi sono le "riforme" reazionarie e anti-popolari fucinate dal FMI, dalla BCE e dalle bande di ministri, "saggi" ed "esperti" nominati da Napolitano.

La seconda questione fondamentale è il carattere globale di questo attacco. Globale perché coinvolge tanto le condizioni materiali quanto il piano ideologico; perché avviene ad un tempo sul piano del diritto e su quello politico; perché non risparmia nessun settore della classe lavoratrice; e, infine, perché non riguarda solo l'Italia, riguarda l'intero campo dei lavoratori e dei giovani senza futuro del mondo.
Per rispondere in modo efficace a un attacco del genere, siamo tutti obbligati a fare un bilancio dei nostri interventi e a compiere il massimo sforzo per superare gli elementi di chiusura settoriale, categoriale, localistica, tematica, generazionale, di sigle sindacali, che ancora ci affliggono. E siamo obbligati anche ad alzare lo sguardo oltre i confini nazionali per trarre indicazioni e forza dalle battaglie che i proletari, gli sfruttati, i giovani stanno conducendo in tanti altri paesi del mondo, dall'Egitto al Sud-Africa alla Cina, dal Brasile al Messico, dal Portogallo alla Grecia alla Slovenia. Battaglie che dobbiamo sentire nostre, che sono nostre perché anche da esse dipende la rinascita qui in Italia di un autentico movimento di classe.

Terza questione fondamentale: l'epicentro di questa vera e propria guerra di classe dall'alto sono i luoghi di lavoro e il mercato del lavoro. Dove ormai succede di tutto: salari da 2,5-3 euro l'ora; salari non pagati per mesi; stagisti al posto di dipendenti salariati. Catene infinite di appalti e sub-appalti. Prolungamento degli orari, straordinari non pagati, orari comunicati il giorno prima. Ritmi di lavoro insostenibili. Soprusi padronali illimitati. Sistematica violazione dei contratti. Lavoratori umiliati. Strutture sindacali sempre più agenti da cinghie di trasmissione delle direzioni aziendali... Tutto questo mentre la disoccupazione e la precarizzazione dell'esistenza dei giovani e dei meno giovani ha raggiunto livelli insostenibili.
I nostri nemici (banche, padroni e padroncini, governo, apparati dello stato, mafie varie) puntano le loro carte sulla divisione e sulla concorrenza tra i lavoratori, tra uomini e donne, stabili e precari, lavoratori dei settori privati e dello stato, occupati e disoccupati, anziani e giovani, autoctoni e immigrati. All'opposto noi dobbiamo lavorare tenacemente all'unificazione - nella lotta!, poiché senza lotta nessuna unificazione è possibile - di tutte le "figure" che compongono la classe sociale che vive del proprio lavoro. Così come dobbiamo puntare sulla convergenza dei movimenti di protesta "territoriali", dal No-Tav al No-Muos, dallo Stop Biocidio alle occupazioni di case, ancora in piedi nonostante le intimidazioni e la repressione statale.

L'ultima questione fondamentale riguarda l'intervento verso la massa dei lavoratori. Questa massa finora non si è mossa, e oggi non è qui. In essa sono prevalsi finora il disorientamento, la paura, la sfiducia, ma sarebbe un errore imperdonabile dare per persa la grande maggioranza dei salariati, specialmente quella che continua ad essere iscritta a CGIL-CISL-UIL, e puntare tutto e solo sui più coscienti, o presunti tali, o sui soli settori marginali o "esclusi". Non c'è dubbio che gli apparati di CGIL-CISL-UIL, come i partiti politici di loro riferimento, si sono integralmente, definitivamente subordinati alle necessità delle imprese e dell'economia nazionale, e sono irrecuperabili alla lotta anti-capitalista. Guai, però, a pensare la stessa cosa dei milioni di lavoratori che tutt'oggi continuano a seguirli. In tutti i luoghi di lavoro, anche dove oggi non si muove foglia, si stanno accumulando una rabbia e una voglia di reagire che la continuazione della crisi e la durezza dei sacrifici e delle umiliazioni faranno prima o poi esplodere. Ed è proprio su questo che le forze oggi qui in campo debbono contare, senza infantili illusioni di auto-sufficienza.

Solo un'auto-attivazione, un'auto-organizzazione di massa su larga scala dei lavoratori e degli studenti in cerca di un futuro potrà rovesciare gli attuali rapporti di forza attraverso un potente seguito di lotte sui luoghi di lavoro e nelle piazze. Nessun superamento dell'attuale debolezza del movimento di classe è possibile per via elettorale, parlamentare, referendaria o legale (s'è visto dove è finita, ad esempio, la "terribile" offensiva legale anti-Marchionne di Landini...), o aggrappandosi a un dettato costituzionale nel quale è stato inserito il principio-guida dell'austerità di bilancio per i prossimi decenni, e che per il resto è ridotto a poco più che carta straccia, e non delle più pulite.
La nostra arma vincente è una sola: la ripresa e la globalizzazione delle lotte e dell'organizzazione di classe sostenuta da un programma coerente con i bisogni vitali dei lavoratori.

E dunque rilanciamo un No forte e chiaro, senza formule equivoche, al pagamento del debito di stato in quanto debito di classe, contratto dallo stato per favorire l'accumulazione del capitale, per sussidiare le banche e le imprese, per foraggiare clientele dagli smisurati appetiti, per ampliare i corpi di polizia e gli apparati bellici con cui intimidire e colpire le genti di colore - dagli F-35, alla portaerei Garibaldi, ai droni, alle operazioni Frontex contro gli immigrati, rafforzate dal governo Letta dopo la strage di stato di Lampedusa. Facciamo entrare questo obiettivo politico generale nelle mobilitazioni studentesche per il diritto allo studio e nelle mobilitazioni di difesa del diritto alla salute e ai servizi sociali, perché la distruzione di questi diritti (parziali) conquistati dalle classi lavoratrici passa oggi attraverso la rottura del cappio del debito di stato.

Puntiamo a far vivere e a radicare nei luoghi di lavoro, tra gli operai usurati dal sovraccarico di lavoro e tra i disoccupati e i precari, usurati dall'assenza o dall'incertezza del lavoro, la necessità sempre più urgente di una ripresa della lotta per la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro a parità di salario ("lavorare meno, lavorare tutti"); rivendicazione che unisce le due componenti della classe lavoratrice, che il mercato e i padroni contrappongono quotidianamente, mezzo di lotta al super-sfruttamento, alla disoccupazione, al lavoro saltuario di massa; una rivendicazione storica del movimento operaio, che unisce i lavoratori dell'Europa ai lavoratori dei continenti "di colore". Diamo voce all'esigenza di un recupero del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, falcidiati dall'inflazione e dalla distruzione del welfare, attraverso il ritorno alla indicizzazione di essi. E opponiamo alle cento e più proposte di "redditi" minimi di cittadinanza, di sopravvivenza, etc., niente altro che elemosine di stato, la proposta di un salario garantito per i licenziati e i senza lavoro, finanziato da imposte sui patrimoni di capitalisti e ricchi.

Rilanciamo la necessità di abrogare tutta la legislazione speciale contro gli immigrati, a iniziare dalla Bossi-Fini, che serve a facilitare la schiavizzazione degli immigrati, specie di quelli senza il permesso di soggiorno, e a ricattare i lavoratori autoctoni; rilanciamo la lotta per la chiusura di tutti i Cie e per un vero riconoscimento del diritto di asilo; attiviamoci contro i tentativi insidiosi della destra leghista e fascista, supportata dalla coppia Grillo-Casaleggio, di scagliare lavoratori autoctoni contro immigrati, precipitandoci tutti nella comune rovina.

Lavoriamo alla confluenza dei movimenti che si oppongono alla devastazione e militarizzazione dei territori in un generale movimento contro gli abusi capitalistici e bellicisti sulla natura, sui suoli, sull'esistenza delle popolazioni.

Denunciamo l'azione di questo governicchio che, per quanto debole e lacerato dai contrasti interni ai suoi padrini, continua a ridurre i diritti dei lavoratori, accresce la precarietà, protegge banche, assicurazioni, imprese, profittatori di ogni genere, rafforza il carattere di classe e anti-operaio del fisco (l'Iva al posto dell'Imu), dà seguito agli impegni di guerra assunti dai governi precedenti, restringe la libertà di organizzazione e di lotta dei lavoratori e dei giovani, e prepara nuove svendite dei beni pubblici e nuove privatizzazioni che costeranno caro ai proletari.

Lavoriamo al coordinamento tra i lavoratori e i delegati che, qualunque sia la loro affiliazione sindacale e il loro settore di lavoro, cercano di opporre resistenza agli accordi-bidone, ai diktat padronali sulla produttività e la competitività, alle derive aziendaliste, e alla formazione di comitati di lotta di operai, precari, disoccupati, immigrati, studenti per dare impulso e forma alla ripresa e all'antagonismo di classe.

Davanti ad una classe capitalistica sempre più centralizzata e organizzata, è più che mai necessario lavorare per superare l'attuale frammentazione politica dei comunisti e preparare la rinascita dell'organizzazione di classe internazionale e internazionalista.

E' un insieme di compiti quanto mai ardui e complessi, ma per la riscossa dei lavoratori non ci sono scorciatoie: da qui bisogna passare.

18 ottobre 2013

Centro di iniziativa comunista internazionalista, Marghera

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