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Il Paraguay in piazza contro il narco presidente

A due mesi dal suo insediamento, Horacio Cartes deve far fronte alle proteste della società civile

(23 Ottobre 2013)

Tra le misure più contestate il Proyecto de Alianza Público-Privada che privatizza le imprese statali

horacio

Horacio Cartes

A poco più di due mesi dal suo insediamento alla presidenza del Paraguay, Horacio Cartes è già inviso a buona parte della società civile paraguayana. Massicce mobilitazioni di piazza hanno caratterizzato i primi sessanta giorni del suo mandato: dalle organizzazioni sociali e sindacali agli insegnanti il presidente è sotto il fuoco della contestazione.

Sindacati, partiti e movimenti si sono riuniti sotto il nome di Coordinadora Democrática: potrebbe essere un nuovo inizio per una sinistra debole, frammentata e uscita distrutta dalle presidenziali dello scorso aprile. I primi a scendere in piazza, nel mese di agosto, sono stati i docenti. In almeno quindicimila si sono riversati per le strade per chiedere modifiche sostanziali alla Ley de Jubilación, la legge che regola il sistema di pensionamento. Poi è stata la volta dei medici, che non ricevono lo stipendio da quattro mesi. È vero ciò che sostiene il Frente Guasú, la coalizione di centrosinistra a cui appartiene l’ex vescovo e presidente del paese Fernando Lugo: Cartes privilegia le relazioni economiche con le grandi imprese, sostiene l’agrobusiness e non ha alcuna intenzione di impegnarsi nel campo dei diritti civili, sociali e sindacali. Del resto, l’attuale presidente del Paraguay si pone in continuità con il golpista Federico Franco, che nel giugno 2012 destituì il capo di stato democraticamente eletto, Fernando Lugo, approfittando del progressivo sfaldamento dell’Alianza por el Cambio e del massacro di Curuguaty. Il 15 giugno la polizia aprì il fuoco su una manifestazione di contadini che cercavano di rientrare in possesso delle loro terre e Lugo fu ritenuto il principale responsabile, quando in realtà furono i terratenientes a sparare: l’ex monsignore venne deposto con un “giudizio politico”, una procedura prevista dalla Costituzione paraguayana, ma mai applicata. Il primo passo della Coordinadora Democrática è stato quello di dichiarare una ferma resistenza alle politiche di privatizzazione messe in atto dall’esecutivo, in particolare al Proyecto de Alianza Público-Privada (APP), che autorizza il presidente a cedere alle imprese private servizi e opere pubbliche di carattere statale. Tra le prime aziende che corrono il rischio di essere privatizzate si trova l’impresa che gestisce il trasporto pubblico a livello nazionale. I colorados, ritornati a Palacio de López con una solida maggioranza, oltre all’elezione di Horacio Cartes, sostengono che l’Alianza Público-Privada non si configura tanto come una legge di privatizzazione, quanto come una legge “di concessione” al capitale privato: un gioco di parole che non cambia la sostanza dell’APP, il cui progetto è stato concepito per saccheggiare le risorse dello stato paraguayano. In ogni caso, l’Alianza Público-Privada non è l’unico dei progetti che ha mobilitato la società civile paraguayana. Desta molta preoccupazione anche la Ley de Defensa Nacional, che permette allo stato di schierare l’esercito nella zona nord del paese, ufficialmente allo scopo di tenere sotto controllo la guerriglia dell’Ejército del Pueblo Paraguayo, ma in realtà per utilizzare le forze armate nel mantenimento dell’ordine sociale nel caso in cui le proteste di piazza crescano di intensità. E ancora, la Coordinadora Democrática ha puntato l’indice contro la riduzione del salario del 50% operata a scapito dei docenti nel mese di settembre per gli scioperi degli ultimi mesi: finora le proteste della Federación de Educadores del Paraguay sono rimaste inascoltate. Di recente Cartes ha ricevuto le organizzazioni sociali, che hanno rivendicato una maggiore libertà sindacale e criticato la privatizzazione in atto delle imprese pubbliche, ma non sono riuscite a smuovere il presidente. Del resto Cartes può permetterselo: in pochi anni è divenuto un empresario tabacalero milionario. Le sue imprese maggiori sono Tabacalera del Este S.A. e Tabacos del Paraguay S.A. . Inoltre è proprietario del Club Libertad, squadra di calcio che ha vinto per sette volte il campionato paraguayano, e possiede diverse imprese agroganaderas, aziende alimentari e di abbigliamento, oltre al Banco Amambay. Proprio i traffici poco chiari per questa banca hanno rivelato che l’attuale presidente paraguayano ha contatti con i narcos: durante la campagna per le presidenziali su molti dei suoi cartelloni elettorali era stato aggiunta a mano la scritta el narco presidente. Cartes sarebbe a capo di una grande impresa volta a riciclare denaro sporco per le mafie del continente latinoamericano: a rivelarlo il quotidiano brasiliano O’Globo, che pure non è certo sospettabile di simpatie di sinistra. Pare che il presidente si sia recato più volte nella zona della Tripla Frontera (Argentina, Brasile e Paraguay) per compiere operazioni di riciclaggio di denaro sporco a favore del Banco Amambay su cui sta indagando, almeno dal 2009, la polizia antidroga degli Stati Uniti. Il legame tra Cartes e il narcotraffico è testimoniato anche da un cablogramma di Wikileaks del 5 gennaio 2010 in cui viene indicato come “il capo dell’organizzazione che si occupa del lavaggio e del riciclaggio di denaro sporco alla Tripla Frontera”. I guai di Cartes con la giustizia non si fermano qui: molte delle sue estancias si trovano in zone del paese conosciute per la produzione e il traffico di droga. Nel 2000 la Secretaría Nacional Antidrogas scoprì che nell’estancia Nueva Esperanza, di sua proprietà, era atterrata un’aeronave brasiliana carica di 20 chilogrammi di cocaina e di 343 marijuana: il mezzo aveva effettuato una sosta nell’estancia dell’allora imprenditore Cartes per caricare un’ulteriore quantità di droga e decollare verso il Brasile. Dalle indagini degli organismi antidroga emerse che Horacio Cartes aveva stretti rapporti con Fadh Jamil, un arabo-brasiliano a capo della mafia che opera nella zona di Amambay, alla frontiera con il Brasile. I due erano soci d’affari, per così dire, fin dal 1993, quando Cartes acquistò da Fadh numerose estancias, tutte dotate di piste di atterraggio che poi sarebbero state utilizzate per lo smercio della droga. Cartes è un tipo talmente poco raccomandabile che, in occasione dell’insediamento presidenziale, i capi di stato di Ecuador e Bolivia decisero non solo di non partecipare alla cerimonia di giuramento, ma anche che la delegazione diplomatica non si recasse ad Asunción. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro non fu nemmeno invitato alla cerimonia e ciò non sorprende: al Venezuela era impedito l’ingresso a pieno titolo nel Mercosur proprio per il voto contrario espresso dal Senato paraguayano. Il Paraguay era stato sospeso dal Mercosur nel giugno 2012 a seguito della destituzione illegale del presidente Fernando Lugo: ad oggi la posizione di Cartes nei confronti del Mercado Común del Sur è molto ambigua. Attualmente il mandatario del Paraguay privilegia esclusivamente una relazione individuale con i presidenti di Argentina, Brasile e Uruguay. Anche Unasur (l’Unión de Naciones Suramericanas) ha sospeso il Paraguay dal suo consesso a seguito del colpo di stato.

Il Paraguay sia avvia verso una fase molto incerta, dal punto di vista politico, dei diritti civili e sociali: probabilmente, solo un’incriminazione di Horacio Cartes per i suoi legami con i cartelli della droga potrebbe costringerlo a lasciare la presidenza di un paese in cui i colorados e i loro alleati di sempre, i terratenientes, continuano a fare il bello e il cattivo tempo.

David Lifodi - PeaceLink

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