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(1 Novembre 2013)
La trama è spesso la stessa. Un’azienda, soprattutto tra quelle grandi, annuncia che sta attraversando un periodo particolarmente difficile. C’è il calo delle commesse, la competizione internazionale, oppure il crollo dei consumi.
L’unica soluzione sembra essere quella dei licenziamenti. Se ne annunciano, a seconda dei casi, decine, centinaia o addirittura migliaia. I sindacati si inalberano e ottengono qualche tavolo di trattativa. Alla fine, in moltissimi casi, si arriva a quello che dai protagonisti stessi (azienda e sindacati) nonché dai giornalisti, viene definito come punto di mediazione. Gli ‘esuberi’ – cioè i licenziamenti – diminuiscono più o meno sensibilmente; in cambio si ottengono incentivi statali e si estorce qualcosa a tutti quelli che rimangono a lavorare.
Il caso dell’Auchan rientra in questo canovaccio. Un mese fa ritorna con insistenza la voce di una riduzione del personale nei punti vendita del napoletano (a Via Argine - NA, a Giugliano e a Nola), che ad oggi contano circa 700 dipendenti; si avvia la trattativa e la multinazionale francese chiede – per rinunciare agli ‘esuberi’ – un sacrificio ai dipendenti: più ore di lavoro a settimana (da 38 a 40) e una decurtazione in busta paga, pari mediamente al 34%.
E ora la battaglia si gioca proprio sull’accettazione di questo piano da parte delle lavoratrici e dei lavoratori. La scelta, checché ne possano dire in tanti, non è affatto libera. In un territorio martoriato da altissimi tassi di disoccupazione e lavoro nero, con aziende che licenziano e chiudono ininterrottamente, chi un lavoro ce l’ha cerca di mantenerlo con le unghie e con i denti. Anche su questo giocano le imprese.
Fonti:
Il Mattino
Napoli Today
Internapoli
clashcityworkers.org
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