">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

Se ero tibetano...

Se ero tibetano...

(14 Agosto 2012) Enzo Apicella

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

Lettera dal presidio Jabil

(5 Novembre 2013)

letteradalpresid

Una precisazione sull’identità dei presidianti Jabil.

Sull’occupazione della fabbrica Jabil e sulla lunga resistenza degli operai per impedire al padrone di portare via impianti, prodotti finiti e componenti è stato scritto un libro: “Km 158, Jabil la fabbrica dimenticata”.

In appendice al racconto si tirano i giudizi sui protagonisti della lotta.

La domanda posta è: “E’ un conflitto di classe?”.

La risposta che il sociologo riporta è che i presidianti della Jabil: “sul piano politico tendono a riferirsi alla figura del cittadino che a quella dell’operaio e del lavoratore”. Quindi secondo questo giudizio, gli operai sarebbero soltanto dei cittadini indignati, come attualmente ce li presentano i mass media nei numerosissimi servizi, sia per il lavoro sia per le tasse, sia per la sicurezza contro gli extracomunitari ecc.

Un giudizio supportato dalle interviste diffuse in tutto il libro, per lo più ad una stessa persona e nell’immaginazione del giornalista diventa pensiero di massa.

Questa operaia si sente metalmeccanica piuttosto che operaia, in quanto la categoria dei metalmeccanici comprende anche chi disegna, chi progetta ecc. Infatti risponde: “Classe….cosa intendiamo? I metalmeccanici non sono una classe, me la dovrei inventare in questo momento…classe operaia è riduttivo, è come recintare persone che lavorano per vivere, come fai a recintare tutto nell’etichetta classe operaia?”

La cara operaia, che aspira a fare carriera, dovrebbe ricordare che anche il suo manager, il suo capo del personale, i dirigenti che l’hanno licenziata,”lavorano per vivere”. Il problema è sempre ed ancora come si lavora, per chi, e di conseguenza come si vive. Anche lo sfruttare gli operai è lavorare, richiede sforzo impegno…. Fra quelli che “lavorano per vivere”ci sono alcuni che possono “sopravvivere” solo se lavorano per far vivere bene, nei privilegi e nella ricchezza gli altri, altrimenti non c’è nemmeno il lavoro per loro. E la storia della Jabil insegna.

Ora questi “cittadini” che hanno diritto a sopravvivere, solo a condizione che il loro lavoro arricchisca altri e faccia star bene i loro leccapiedi, sono la classe degli operai. Tutti hanno interesse che questa realtà venga annacquata, nascosta e la nostra eroina ci si mette d’impegno.

In realtà l’occupazione della Jabil, è stata voluta e praticata dagli operai per rispondere alla scelta del padrone di chiudere la fabbrica con la complicità delle istituzioni. Un chiaro esempio di conflitto di classe davanti ad una fabbrica, non davanti ad un ufficio.

Di questi operai ne sono ancora presenti a presidiare e non si sentono affatto “recintati” se qualcuno li colloca all’interno della classe operaia.

P.S. L’operaia di cui sopra è invece bellamente sparita da otto mesi dal presidio, dopo un fallito tentativo di candidarsi al Parlamento.

Firmato: Francesco Galloro, delegato Rsu – Fiom e del presidio Jabil.

Cassina De’ Pecchi 5 novembre 2013

operaicontro.it

5789