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PIANGE IL TELEFONO: DALLA NIPOTE DI MUBARAK ALLO STATO SENTIMENTALE

(6 Novembre 2013)

Dal blog: http://sinistrainparlamento.blogspot.it

cancellie

Come il Parlamento eletto nella XVI legislatura certificò Ruby nipote di Mubarak; quello della XVII certifica la versione dello Stato sentimentale (con la S maiuscola, non nel senso di condizione).
Uno Stato in cui, nella realtà, il Ministro della Giustizia si è posta immediatamente a disposizione dei faccendieri di turno incappati nelle maglie di un’inchiesta giudiziaria (non scriviamo appositamente “nelle maglie della giustizia” per evidenti motivi).
In comune, per entrambi gli episodi, l’utilizzo del telefono da parte dei potenti come strumento per l’espressione dell’opacità e dell’arroganza di un agire occulto in totale dispregio prima ancora che del dettame costituzionale dei minimi riferimenti di etica politica.
Tralasciamo la descrizione dello scenario al di sopra del quale queste sopraffazioni da parte del Potere sono avvenute: il dramma della quotidianità per milioni e milioni di persone, impossibilitate anche soltanto a esprimere i bisogni più essenziali; così come di inoltrarci nell’analisi di ciò che è rimasto della democrazia italiana, impressionati da un dibattito tra i parlamentari che discettavano della “emergenza carceri” come se fossero sbarcati dalla Luna poche ore prima.
Ma è questo l’elemento caratteristico del rapporto tra i reggitori dei privilegi del potere e la grande massa dei cittadini: quello del presentarsi insalutati ospiti come se nulla stesse accadendo, oppure – come nel caso delle cifre relative alla situazione economica – rifugiarsi in una realtà immaginaria, resa reale dai cronisti di turno capaci di esercitare semplicemente un ruolo di pura e semplice complicità.
Su di un elemento però ci piacerebbe puntare l’attenzione: è stato scritto tante volte che ciò che accaduto (tragedie, scandali, attentati: da piazza Fontana al rapimento Moro) rappresentava di volta, in volta la “pagina più nera della storia della Repubblica”.
Ormai sono tutte nere le pagine di questa Repubblica, nella quale è quasi impossibile riconoscersi per chi crede ancora nei suoi originali valori fondativi.
E’ stato scritto di qualunquismo e populismo: ma neppure la più incredibile performance del comico genovese o del sindaco fiorentino possono alimentare questi fenomeni quanto la pratica giornaliera del potere da parte di una sedicente classe dirigente che appare capace di usare il telefono per esercitare – appunto – la propria infinita arroganza.

Patrizia Turchi e Franco Astengo

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