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BIPOLARISMO ALL’ITALIANA: IL PD DEL POST-PRIMARIE REGGERA’ IL CONFRONTO INTERNO /ESTERNO?

(14 Novembre 2013)

cuperl

Il tentativo di ridurre al bipolarismo il sistema politico italiano appare ormai quasi definitivamente tramontato.
Il colpo più serio a questa ipotesi, pur perseguita per un ventennio dai gruppi dirigenti dei principali raggruppamenti di centrodestra e centrosinistra (con l’attuale legge elettorale usata, addirittura nel 2008 quale veicolo per forzare un “bipartitismo” poi miseramente fallito) è stato inferto dal successo del Movimento 5 Stelle alle elezioni dello scorso Febbraio.
Un successo di tali dimensioni da rendere prevedibile l’esistenza di un “terzo polo” abbastanza duraturo nel tempo: senza contare il peso del “quarto polo”, quello della crescente astensione, giunta ormai a livelli tali (circa il 30% nell’occasione delle elezioni politiche) da esercitare un forte condizionamento sull’intero sistema che soffre così di un alto tasso di sfiducia complessiva.
Oggi, però, l’incertezza più evidente regna all’interno dei maggiori partiti: se il PDL, attorno al nodo della decadenza parlamentare di Berlusconi e del conseguente possibile ritiro dell’appoggio al governo sta vivendo giornate di vera e propria fibrillazione, la situazione più complicata appare essere quella del PD.
Il Partito Democratico, infatti, sta svolgendo la propria fase congressuale che dovrebbe essere conclusa dalle “primarie aperte” previste per il prossimo 8 Dicembre, in uno stato di vera e propria confusione: beninteso non tanto e non solo per le pur gravissime vicende relative al tesseramento e allo smaccato inquinamento dell’esito congressuale dovuto, in molte situazioni, dalla presenza di pittoresche carovane di “truppe cammellate”.
Il dato più significativo e inquietante risiede, invece, proprio nella prospettiva politica che si sta aprendo nel partito, sulla base del possibile esito delle primarie.
Prima di tutto, però, un dato certo: mai come in quest’occasione le primarie non appaiono costituire elemento di volano per la crescita di consensi e di aggregazione, come invece erano state intese in passato.
Non pare proprio che l’evento funzioni da particolare elemento di attrazione nell’elettorato “largo” mentre cresce il partito del cosiddetto “non voto”, dopo il “no” pronunciato da Romano Prodi. Dichiarazioni in questo senso cominciano a emergere in misura e qualità molto significative: dalla CGIL, da ex-presidenti di Regione, da esponenti di primo piano di quella che fu la stagione dell’Ulivo.
Il punto però è quello di una effettiva difficoltà che il PD si troverà ad affrontare nel corso dei prossimi mesi risiede nella discrasia che potrebbe realizzarsi tra struttura e apparato del partito e l’indirizzo politico della nuova segreteria.
Cercando di spiegare con ordine si rileva come, nell’occasione delle primarie per i segretari dei circoli e delle federazioni, l’esito tra i principali contendenti, Renzi e Cuperlo, appare piuttosto in equilibrio e in molte situazioni territoriali si è avuto un interscambio di posizioni se non addirittura candidature comuni (quando non, come a Roma, candidature contrapposte della stessa area).
L’8 Dicembre, però questo scenario potrebbe essere completamente ribaltato dall’entrata in scena del “popolo dei 2 euro”.
Sicuramente l’affluenza alle urne di quell’occasione costituirà il primo elemento per una valutazione obiettiva dello stato di salute del PD.
Stando, però, ai sondaggi in circolazione la candidatura di Renzi dovrebbe ottenere un consenso notevolmente superiore a quello dei suoi concorrenti: si è scritto, da parte dei più qualificati operatori nel settore dei sondaggi, di percentuali tra il 70 e il 75%.
Se così fosse il PD si troverebbe di fronte ad un complicato confronto tra interno ed esterno.
Con l’interno del Partito rigidamente suddiviso in correnti e con una gestione spartita più o meno “a metà” tra le diverse componenti; e un segretario eletto quasi plebiscitariamente da un corpo elettorale molto diverso da quello composto solamente dai militanti e dagli iscritti.
Se questo fenomeno (perché veramente di fenomeno si tratta, uscito fuori dal cappello a cilindro degli azzeccagarbugli che hanno inventato questo metodo) dovesse verificarsi l’effetto più immediato sarebbe quello di una diversità se non di una vera propria “alternativa” nella proposta politica, pur rimanendo beninteso entrambe le opzioni all’interno dello stesso recinto: il segretario eletto direttamente risponderebbe dal punto di vista dei contenuti da proporre alla platea che lo ha eletto; l’apparato, invece, alle logiche compromissorie che lo hanno generato.
A questo punto facile prevedere uno scontro diretto fra queste componenti: uno scontro posto, soprattutto, sul tema della concezione del partito.
L’esito di questo scontro risulta alla luce dello stato di cose in atto del tutto imprevedibile, ma la sua concreta possibilità deve essere segnalata e analizzata per tempo soprattutto al riguardo dei suoi possibili effetti sistemici.
Intanto si stanno aspettando giudizi importanti: primo fra tutti, ben più pregnante della decadenza o non decadenza di Berlusconi dal Senato, quello previsto per il 3 Dicembre quando la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi al riguardo della legge elettorale.
Se da quella seduta della Consulta dovesse emergere un giudizio negativo per la costituzionalità della legge elettorale si avrebbe, prima di tutto, al di là degli specifici punti presi in esame, una valutazione complessiva di sfiducia per l’intero sistema anche avrebbe riflessi molto forti anche sul piano dell’opinione pubblica.
In secondo luogo messo mano obbligatoriamente, da parte del Parlamento, ai punti di criticità che saranno indicati dalla Corte, sarà difficile evitare l’immediato ricorso alle urne.
In questo senso si dovrà lavorare dall’esterno perché si formi un forte movimento per far sì che l’eventuale sentenza della Corte sia applicata attraverso una modifica in senso davvero proporzionale.
Il bipolarismo all’italiana a quel punto potrebbe anche essersi trasformato in “multipartitismo temperato” non riducibile a una forzatura “governista” come quella del doppio turno alla francese e con una rimessa in discussione del complesso degli equilibri politici, in una situazione di forte difficoltà sul piano economico e sociale e in un quadro Europeo dove pare spirare proprio il vento delle “larghe intese” e sempre più necessaria la presenza, a partire dalle elezioni per il Parlamento di Strasburgo del prossimo 25 maggio, una coerente opposizione politica di classe, comunista, per l’alternativa.
Dalla crisi di PDL e PD emergono, dunque, rilevanti questioni sistemiche: sarebbe il caso, anche da sinistra, riflettere al meglio.

Franco Astengo

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