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L'ombra nera

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(20 Agosto 2012) Enzo Apicella
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Accordo FPS 2003 - Agenzia delle Entrate

Un accordo sindacale in chiaro-scuro.

(3 Gennaio 2005)

Il 16 dicembre è stato siglato all’Agenzia delle Entrate la ripartizione del Fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività per il 2003 con ricaduta anche sul 2004.

Accordo sindacale che è stato salutato da diversi interlocutori sindacali come “un buon accordo” o come “innovativo…sulla scia del 1° Contratto Agenzie Fiscali” o come primo risultato dei voti delle elezioni RSU (sic!!).

Esso a prima vista sembra di semplice interpretazione ma nei fatti è molto contorto e complesso.

Il Fondo ammonta intorno ai 125 milioni di euro (250 miliardi delle vecchie lire) di cui 110 milioni per remunerare la produttività: una quota parte di 1500 euro medio pro-capite (meno un acconto del 10% già corrisposto) a tutti; un’altra per remunerare la lotta all’evasione e il servizio di assistenza ai contribuenti.

Quest’ultima fetta è ripartita per il 62% per i lavoratori dell’area controllo (con all’interno una parte destinata al lavoro esterno di verifiche, accessi ecc. con quote salariali differenti) e per il 38% a quelli dell’area servizi (con all’interno una quota di 9 euro cadauno giornaliere destinata al personale dei front-office) e delle unità di direzione e segreteria.

Gli altri 15 milioni di euro sono riservati a finanziare il “fondo di sede” per particolari disagi di lavoro, rischi, responsabilità, turni, per il personale dei CAT e per i centralinisti non vedenti.

Leggendo e rileggendo l’accordo sono maturati al nostro interno grossi dubbi che vogliamo aprire ai lavoratori.

La cosa che sembrerebbe positiva è che la contrattazione sulle modalità, sulle quote di salario relative al “diverso contenuto professionale” saranno demandate alle decisioni delle locali RSU che favorirebbe le stesse a svincolarsi da cappi di decisioni sindacali centrali ma di fatto apre il valzer alla conflittualità non con la controparte ma all’interno delle RSU.

Temiamo purtroppo che "la cultura meritocratica" di cui sono solerti sostenitori i sindacati confederali, unitamente alla presenza durante le contrattazioni ufficio per ufficio dei rappresentanti territoriali dei sindacati firmatari dell'accordo, possa nei fatti annullare o ridurre considerevolmente l'autonomia delle RSU, riproponendo a livello locale sperequazioni e differenze remunerative in barba ai presunti "buoni propositi" enunciati nell'accordo.

Certo sarà compito delle RSU più consapevoli e combattive scongiurare tale pericolo, ma è anche vero che la blindatura degli accordi nazionali, e spesso anche della contrattazione decentrata, potrebbe rendere il compito molto arduo e difficile.

E ancora, l’accordo che abbiamo schematicamente sintetizzato nasconde al suo interno tutta una serie di voci e di frastagliamento delle risorse monetarie che creeranno una difficoltà enorme di quadrare il cerchio negli accordi locali ovvero di non remunerare nella maniera giusta ed equilibrata tutti i lavoratori.

Ed infine questo meccanismo infernale di voci, somme e stanziamenti probabilmente porterà il consolidato retaggio di pagamenti in tempi diversi aggiungendo alla confusione iniziale una dilatazione nelle erogazioni incontrollabile.

Ci auguriamo di sbagliare ma l’esperienza delle gestioni passate sono un macigno che deve farci riflettere.

Il salario accessorio in quanto tale non ha ragione di esistere quando esso avviene all’interno degli uffici. Ognuno di noi è remunerato secondo il livello di appartenenza e creare presunti incentivi per i servizi al contribuente o per intensificare il contrasto all’evasione sono solo una coperta corta atta a dividere il personale.

Solo l’attività esterna (intesa come rimborso per le spese a carico dei lavoratori) ovvero l’attività di verifiche, gli accessi, le udienze in commissione tributaria, le notifiche hanno diritto e spazio per forme di salario accessorio non sperequative (e non come fa capolino in questa ripartizione, addirittura con quote orarie diverse a secondo delle verifiche e degli accessi).

Insomma questo accordo sul Fondo non risolve né attenua discriminazioni economiche, né sana la piaga storica del salario accessorio.

Nessun risultato elettorale delle RSU ci annebbierà la vista sui nostri contenuti e sulla nostra proposta di inserire tutta la parte salariale accessoria in paga-base.

I passi in avanti sbandierati da altre organizzazioni sindacali non ci trovano d’accordo e non ci fanno arretrare sulle nostre convinzioni.

Non servono bluff demagogici, trucchi contabili o dissertazioni telematiche, serve sensibilizzare il personale alla mobilitazione per:

Tutto il salario accessorio del contratto in paga-base;
Per consistenti aumenti salariali legati al costo della vita;
Per un meccanismo automatico di aggancio degli stipendi all’inflazione.

Organizziamoci con i Cobas!

COBAS Pubblico Impiego
Finanze e Agenzie Fiscali
aderente alla Confederazione COBAS

Fonte

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