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(17 Ottobre 2011) Enzo Apicella

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Che cos’e’ il polo autonomo di classe

(dalla tribuna congressuale di Liberazione)

(3 Gennaio 2005)

La proposta di lavorare alla costituzione di un “polo autonomo di classe”, avanzata dalla mozione 3 – “Per un progetto comunista” è l’esatto opposto della prospettiva governista nella quale si muove, anche se con accenti diversi al suo interno, la maggioranza del Prc.

Si tratta di una proposta di facile comprensione, ma, come tutte le scelte impegnative, di impegnativa realizzazione. Per comprenderne la sostanza bisogna anzitutto fare piazza pulita delle tante incomprensioni e banalizzazioni costruite ad arte da interessati sostenitori di altre mozioni.

Il polo autonomo di classe non è una “sinistra alternativa” un po’ più radicale e all’opposizione. Nessuno sogna di vedere confluire i Mussi e i Diliberto, l’Arci e la Cgil, in una formazione anticapitalista. Ma è possibile ignorare che tra le organizzazioni politiche e sociali della sinistra riformista e la loro base si è iniziata a scavare una frattura? Questo varco è mostrato dalle mobilitazioni degli ultimi anni, che hanno spesso costretto le direzioni politiche a inseguire faticosamente la crescente radicalità di tanti giovani e lavoratori (da Genova a Melfi, per intenderci). Gli 11 milioni di voti sull’estensione dell’art.18 ne sono un’evidente dimostrazione. Che cosa possiamo proporre loro? Un mitico “governo delle sinistre” che prospetti le nazionalizzazioni e l’anticamera del socialismo? Questa è la proposta, a loro avviso molto concreta e realistica, dei compagni del 5° documento. La partecipazione o il sostegno esterno a un governo imperialista della Confindustria, come propongono le varie articolazioni della maggioranza?

Credo che la prospettiva più concreta sia quella di cercare di mettere un cuneo tra le direzioni riformiste e i tanti che le seguono con sempre minore entusiasmo e, contemporaneamente, di lanciare una proposta unificante per la galassia di associazioni, sindacati di base, collettivi, che si muovono già sul terreno dell’anticapitalismo. E’ necessario dire loro che noi siamo altro rispetto ai due poli borghesi: noi vogliamo costituire un polo antimperialista, una forza di opposizione che vuole lottare per distruggere un sistema basato, oggi come ieri, sullo sfruttamento. E’ necessario offrire la prospettiva di una vertenza generale, con obiettivi che unifichino lavoratori a tempo indeterminato, giovani e donne tenuti ai margini del mercato del lavoro, disoccupati e pensionati: cosa che non hanno fatto, colpevolmente, in questi anni, i sindacati e lo stesso Prc. Bisogna quindi sfidare le loro direzioni politiche a rompere col centro liberale dell’Ulivo. Se Berlusconi non è stato cacciato dalle mobilitazioni di massa per colpa degli opportunismi del centro sinistra, noi possiamo proporre un accordo tecnico-elettorale, che non implichi in nessun modo una fiducia al governo Prodi. Tutto l’opposto che entrare nei salotti e nei ministeri come vecchi riformisti fuori tempo massimo, con l’illusione di fare da sponda ai movimenti: un’illusione che non vanta neppure un esempio storico vincente, ma solo una tragica scia di insuccessi.

Il segnale che possiamo dare è che in Italia è finita la lunga stagione dei compromessi storici, che il processo di rifondazione comunista è saldamente ancorato all’opposizione. Nessuna “deriva settaria”: si tratta piuttosto dell’alternativa tra rifondare una forza comunista all’opposizione o di una sua distruzione in un governo controriformatore. Si tratta, è da chiarire a chi pensa di sconfiggere le destre con accordi di governo, di non lasciare alle destre il monopolio dell’opposizione. E’ una proposta che, avendo come interlocutore un’area potenziale di 11 milioni di Sì sull’art.18, è tutt’altro che conservatrice e residuale. Il suo realismo deve far riflettere i tanti abituati a parteggiare per le proposte della sinistra del partito “col cuore”, per poi votare l’apparente concretezza della maggioranza. E deve far prevalere l’ottimismo della rivoluzione alla concretezza dei ministeri.

Alberto Airoldi

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