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Kabul: marines per sempre?

(22 Novembre 2013)

marines?

Venerdì 22 Novembre 2013 00:00

I governi di Stati Uniti e Afghanistan hanno annunciato questa settimana il raggiungimento del tanto sospirato accordo bilaterale per la sicurezza (BSA) che garantirà una presenza prolungata di un significativo contingente militare americano nel paese centro-asiatico dopo la presunta fine delle operazioni belliche prevista per il 31 dicembre 2014. La definitiva approvazione rimane però in dubbio dopo che il presidente afgano, Hamid Karzai, nella giornata di giovedì ha chiesto pubblicamente di attendere fino al prossimo mese di aprile, quando si terranno le elezioni per scegliere il suo successore.

L’intesa è giunta dopo che il presidente, Hamid Karzai, aveva posto una serie di condizioni a Washington per dare il via libera ad un trattato controverso e tutt’altro che gradito alla popolazione afgana. Tuttavia, la versione che è all’attenzione in questi giorni di un’assemblea tradizionale di leader tribali afgani (“loya jirga”), che la dovrà approvare prima del Parlamento di Kabul, non contiene praticamente nessuna concessione di rilievo da parte delle forze occupanti.

I punti più controversi sulla strada dell’accordo riguardavano sostanzialmente due questioni, quella dell’impunità da garantire alle truppe americane di fronte alla legge afgana e la facoltà delle forze speciali degli Stati Uniti di continuare gli odiati raid notturni “anti-terrorismo” che consentono l’irruzione indiscriminata nelle abitazioni private.

Consapevole dell’opposizione tra gli afgani ad entrambe le richieste americane, Karzai aveva cercato di manifestare una certa fermezza nel chiedere l’esclusione di entrambe dal trattato bilaterale. Il presidente ha però dovuto prendere atto dell’irremovibilità di Washington, accontentandosi di “esigere” una lettera firmata dal presidente Obama, nella quale gli USA avrebbero dovuto riconoscere gli “errori” commessi in 12 anni di guerra.

Alla fine, non solo gli Stati Uniti hanno ottenuto la possibilità sia di evitare ai propri militari di essere perseguiti dal sistema giudiziario afgano in caso di qualsiasi reato che di condurre pressoché liberamente le operazioni delle proprie forze speciali, ma anche la formalità della lettera di scuse è sparita dalle trattative e dai comunicati ufficiali di questi giorni.

Sulla questione dei raid nelle abitazioni afgane, il testo dell’accordo cerca di assegnarne la responsabilità formale alle forze di sicurezza locali, affermando che quelle americane durante le operazioni “anti-terrorismo” svolgeranno funzioni di “complemento e supporto” nel “pieno rispetto della sovranità dell’Afghanistan e della sicurezza della popolazione”.

L’immunità dalle leggi afgane, invece, sarà assicurata soltanto alle forze armate americane e ai civili alle dirette dipendenze del governo di Washington, ma non ai “contractor” privati che operano nel paese centro-asiatico. Questa clausola aveva determinato la rottura dei negoziati per un simile trattato bilaterale con l’Iraq nel 2011, portando al ritiro di tutto il contingente USA dal paese mediorientale.

Così, il segretario di Stato John Kerry, dopo almeno un paio di conversazioni telefoniche con Karzai per sbloccare la situazione, ha annunciato mercoledì il raggiungimento di un accordo definitivo, escludendo qualsiasi forma di scusa al governo afgano. La Casa Bianca, però, ha successivamente confermato di volere esprimere tutte le rassicurazioni del caso nei confronti di Kabul.

Il testo finale del trattato, pubblicato nella nottata di mercoledì sul sito web del ministero degli Esteri dell’Afghanistan, definisce eufemisticamente il quadro entro il quale rimarrà una presenza di militari americani in questo paese fino almeno al 2024 con il compito di addestrare le forze di sicurezza locali, di svolgere funzioni di consiglieri e di operare missioni “anti-terrorismo”.

La quantità di truppe che resteranno in Afghanistan dopo il 2014 è ancora da stabilire, anche se fonti locali e americane indicano un numero compreso tra gli 8 e i 12 mila soldati, di cui una minima parte di altri paesi della NATO.

In un allegato della bozza di accordo vengono poi elencate le strutture nelle quali saranno ospitati i militari stranieri. In particolare, nove basi sarebbero già state individuate, tra le quali spiccano alcune per la loro posizione strategica, come quelle di Shindand e Jalalabad, non lontano rispettivamente dai confini con Iran e Pakistan.

L’esito della trattativa per un accordo che, contro il volere della maggioranza della popolazione locale, rende pressoché definitiva la presenza degli Stati Uniti in un paese fondamentale per i loro interessi strategici, rappresenta un motivo di disagio per il presidente Karzai, come confermano le esitazioni, le accuse agli americani e le richieste avanzate e poi abbandonate degli ultimi mesi.

La stessa decisione di sottoporre il testo del trattato all’approvazione della “loya jirga” rivela la necessità da parte del presidente afgano di cercare una qualche copertura politica per una decisione impopolare.

Karzai, infatti, parlando nella mattinata di giovedì di fronte ai circa 2.500 delegati all’assemblea tribale riuniti per alcuni giorni a Kabul, ha cercato di ostentare ancora una volta la sua presunta diffidenza nei confronti degli americani, con i quali tuttavia ha affermato di essere costretto a siglare un trattato bilaterale per la sicurezza del paese.

Il presidente afgano, in realtà, nonostante i tentativi di mostrarsi in sintonia con il popolo afgano non è meno interessato degli americani al raggiungimento di un accordo sulla presenza di questi ultimi nel suo paese. D’altra parte, Karzai deve a Washington la sua posizione di potere e le ricchezze accumulate da lui e dalla sua cerchia familiare in questi anni.

Inoltre, Karzai e il resto della classe politica afgana sono ben consapevoli che la sopravvivenza del fragile stato costruito dopo l’invasione del 2001 - e, dunque, il mantenimento delle loro posizioni di privilegio - dipende in larga misura dal flusso di aiuti finanziari internazionali superiori ai 4 miliardi di dollari all’anno e dalla continuata protezione offerta dalle truppe americane, senza le quali con ogni probabilità i Talebani sarebbero in grado di riprendere rapidamente il potere.

L’approvazione del trattato con gli USA da parte della “loya jirga” appare comunque pressoché scontato, vista la composizione dell’assemblea stessa, formata da delegati scelti dalle autorità delle varie provincie dell’Afghanistan e approvati proprio da Karzai.

Ciononostante, durante l’intervento del presidente giovedì a Kabul in occasione dell’apertura della riunione non sono mancate manifestazioni di protesta, in particolare con qualche delegato che ha definito l’accordo appena stipulato con Washington come una svendita del paese agli americani.

Alla luce di questi malumori, secondo gli analisti, è possibile quanto meno che alcune condizioni fissate nel trattato possano essere congelate dall’assemblea tribale e rimandate quindi a Karzai per essere nuovamente negoziate con l’amministrazione Obama.

Michele Paris - Altrenotizie

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