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(15 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Cinque documenti, due proposte

(dalla tribuna congressuale di Liberazione del 10/12/2004)

(11 Dicembre 2004)

La svolta di governo col centrosinistra intrapresa dalla Segreteria è un fatto grave.
Dietro il centro liberale dell’Ulivo (Margherita, maggioranza DS), ci sono i poteri forti del Paese, che vogliono scaricare Berlusconi solo per rimpiazzarlo con un proprio governo: capace di riconquistare la concertazione e la pace sociale, e di rilanciare l’imperialismo italiano.
Se ci offrono ministri è solo per corresponzabilizzarci in questa politica.
Non è forse per questo che la stampa liberale plaude alla “svolta di Bertinotti”, nel disorientamento profondo dei movimenti e del partito?
Al momento del varo della svolta, chiedemmo un Congresso Straordinario che desse la parola a tutti i compagni del partito. Così al CPN del 30/10/04 abbiamo chiesto la sospensiva della partecipazione alla GAD, per garantire al VI Congresso una sovranità decisionale. Purtroppo ogni appello democratico è stato respinto non solo dalla Segreteria ma dai dirigenti oggi “critici” di Ernesto ed Erre. E’ stata una responsabilità grave che ha anteposto interessi di componente ai diritti di tutto il partito.

Ma tanto più ora è necessario avanzare una proposta alternativa chiara, e non subalterna.

1) Il PRC deve lavorare alla cacciata di Berlusconi dal versante dei lavoratori e non a rimorchio di Montezemolo: essere disponibile a forme di accordo elettorale puramente tecnico per le sconfitta delle destre, ma indisponibile a sostenere un secondo governo Prodi.
Un governo Prodi sarebbe il governo della 7a potenza imperialista del mondo, dentro l’Europa di Maastricht e la Nato. Proporre “condizioni minime” per entrarvi (Ernesto) o per appoggiarlo (Erre) significa avallare la svolta di Bertinotti. Significa riproporre l’esperienza del primo governo Prodi, che ci vide sostenere (col voto de L’Ernesto) il Pacchetto Treu. L’opposizione comunista è irrinunciabile.

2) Il PRC deve fare appello a tutti i movimenti e alle loro organizzazioni a rompere col centro e ad unire le proprie forze attorno ad un polo autonomo di classe: che promuova una mobilitazione per la cacciata di Berlusconi e un programma di alternativa vera.
Non si tratta di chiedere ai movimenti di fare “più pressione” sui liberali in funzione di un accordo politico (v. Ernesto ed Erre). Si tratta di far leva sulla domanda di svolta di milioni di lavoratori e di giovani per rivendicare una comune rottura con i liberali.

3) Il PRC deve sviluppare una proposta alternativa alla linea CGIL: la proposta di una vertenza generale che raccolga le potenzialità emerse nelle lotte (Melfi), superi la frammentazione di scioperi simbolici, unisca in una lotta a oltranza l’insieme del mondo del lavoro.
Parallelamente il PRC deve modificare la sua politica locale, proponendo candidature di classe alternative alle coalizioni col Centro. Non si può pretendere di essere alternativi alla prima mozione e poi avallare (Erre) o gestire (Ernesto) gli accordi regionali con i Loiero, i Burlando…Occorre scegliere: o un partito di classe o un partito di assessori.

4) Il PRC deve difendere il diritto di resistenza all’imperialismo di tutti i popoli oppressi, a partire dal popolo irakeno e palestinese, dentro la prospettiva di un’alternativa anticapitalista internazionale.
Non si può rivendicare “il comunismo” (Ernesto) e “la crisi del riformismo” (Erre) e poi avallare l’illusione di un’Europa “sociale”in ambito capitalistico. Solo un’alternativa di potere delle classi subalterne può dare uno sbocco reale alle esigenze di fondo dei lavoratori, delle masse femminili, dei popoli oppressi. Solo sul terreno della lotta per un’alternativa socialista è possibile strappare riforme e risultati parziali. Collegare ogni lotta immediata a quella prospettiva è il compito di un partito comunista.

In conclusione, cinque sono i documenti, due le proposte tra loro alternative: una rifondazione socialdemocratico-ghandiana (1° mozione) e una rifondazione comunista e rivoluzionaria (“Per un Progetto Comunista”).
Questo è il bivio del VI Congresso: in mezzo al guado non si può stare.

I compagni e le compagne del CPN presentatori della 3ª Mozione

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