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EUROPA O ITALIA: C'E' BISOGNO DI POLITICA

(26 Novembre 2013)

Si avvicina la data delle elezioni europee, previste per la tarda primavera del 2014.

Con profondo ritardo ci si interroga su quale possa essere la mossa migliore per avvicinarsi a quella data in termini operativi e quindi elettorali.

Da qualche settimana la Sinistra Unitaria Europea, blocco che racchiude tutti i partiti comunisti, anticapitalisti e in genere ascrivibili alla cd "sinistra radicale" si è attivata e la candidatura a presidente della Commissione europea di Alexis Tsipras è stata decisa dal consiglio dei presidenti del partito e sarà sottoposta alla decisione del prossimo congresso del partito, in programma 13-14 e 15 dicembre.

Non conosciamo il programma e quale possa essere la reale volontà di rappresentanza che la SUE intende proporre.

Resta certo che nella storia dell'Europa moderna, a fronte di nessun dopo-guerra, nessuna crisi economica e finanziaria si è mai così profondamente annidata nei Paesi che la compongono, sia per quelli che fanno parte dall'avvio di questa istituzione sia per quelli aggiuntisi negli ultimi anni.

Le politiche anti-crisi, determinate non semplicemente dall'UE, ma di concerto col FMI e la BCE, stanno letteralmente mettendo in ginocchio economie considerate fragili, facendo pagare il costo alla popolazione, con la creazione di un numero spaventoso e per adesso in espansione dei disoccupati:

Secondo Eurostat, ufficialmente sono ormai più di 26 milioni gli uomini e le donne disoccupati nell'Unione europea, di cui 19 milioni nella sola zona euro. Rispetto a un anno prima, il numero dei disoccupati nei 27 paesi Ue è aumentato di 1,8 milioni. I tassi di disoccupazione più bassi sono stati registrati in Austria (4,8%), Germania (5,4%), Lussemburgo (5,5%) e Paesi Bassi (6, 2%). I più alti in Grecia (26,4%), Spagna (26,3%) e Portogallo (17,5%). La Francia raggiunge il suo massimo storico, 10,8%, mentre l'Italia si attesta ufficialmente al 11,6%.

5,6 milioni di giovani nell'area UE sono senza lavoro, più di un giovane su cinque non riesce a trovare un’occupazione e il tasso di disoccupazione è del 23,5% (24,1% nella zona euro).

Il divario tra i paesi con il tasso di disoccupazione giovanile più alto e quelli con il più tasso più basso rimane estremamente elevato. Attualmente lo Stato membro con il minor tasso di disoccupazione giovanile è la Germania (7,7 % a settembre 2013), mentre quello con il tasso più elevato si riscontra in Grecia (57,3% nel luglio 2013). Dopo la Grecia seguono la Spagna con il 56,5%, la Croazia con il 52,8 %, Cipro con il 43,9%, l'Italia con 40,4% e il Portogallo ( 36,9% ) .

Questi ultimi dati (di fonte UE di novembre 2013), già di per se' allarmanti, non descrivono la situazione di quanti, in Europa, sono sottoccupati e con salari ridicoli, in condizioni di gravissima precarietà (in Italia, secondo le stime della CGIL sono più di 9 milioni le persone sottoccupate).

Precarietà che segna non solo l'aspetto lavorativo, ma le condizioni minime di vita quotidiana, di salute, di istruzione e cultura. Precarietà che diventa povertà.

Ora si tratta di capire se sia opportuno, come sembra di cogliere in ambienti politici italiani non strutturati, promuovere la possibilità di una rappresentanza, che affonda le proprie ragioni in una visione e quindi in un progetto strategico di segno opposto a quello in atto, attraverso la creazione di un progetto “civico e di movimento”, e che possibilmente non ripeta gli imperdonabili errori già visti nelle ultime elezioni italiane.

Ecco, immaginare che in Italia ci sia bisogno di una “lista di cittadinanza” per le elezioni europee non solo non è ammissibile -ovviamente per chi scrive, ma addirittura fuorviante in termini squisitamente politici.

Intanto perché, si scusi la banalità, non vi è nessuna ragione di rivendicare la cittadinanza, in quanto tutti viviamo come cittadini in questa porzione del Mondo, e nessuno intende negarlo neppure la più bieca istituzione, mentre invece viene -nei fatti- negato di vivere.

Ma soprattutto è fuorviante pensare che ci sia possibilità di rivendicare una cittadinanza all'interno di un sistema che andrebbe completamente rovesciato.

Ciò di cui c'è bisogno è un progetto politico di sinistra, in Italia per certo, meglio se spendibile anche in Europa, anticapitalista, alternativo, strutturato in forma partitica, egemone e autonomo, che ridia fiato e prospettiva a quanti da tempo (e sono molti e tutti fuori dai residuali sedicenti partiti della sinistra radicale) se ne percepiscono, desolatamente e a ragione, “orfani”.

25/11/2013

Patrizia Turchi

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