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(19 Marzo 2013) Enzo Apicella

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Schiavi antichi e schiavi moderni

(27 Novembre 2013)

Da nuova unità - rivista di politica e cultura comunista, novembre 2013

Immagini di fabbriche che chiudono o delocalizzano la produzione all’estero con gli operai disperati che presidiano gli stabilimenti vuoti, immagini d’immigrati annegati sui barconi della morte nel tentativo di sfuggire alle guerre o alla fame causata dai paesi capitalisti (fra cui l’Italia) con le relative lacrime di coccodrillo dei politici di turno davanti alle telecamere. Gli occhi di milioni di persone vedono, quando conviene al potere economico-politico, esseri umani costretti a vivere in tende fatiscenti costruite con teli di fortuna di plastica, con tetti fatti con pezzi di rifiuti di eternit, nei campi di pomodori, di ulivi nelle fatiscenti case ai margini delle fabbriche, nei cantieri o nei magazzini della logistica e della grande distribuzione o peggio ancora nei Centri di Integrazione ed Espulsione (CIE) incarcerati senza nessuna colpa se non quella di essere immigrati “clandestini”.

Le immagini televisive che entrano nelle nostre case tramite i telegiornali TV all’ora di pranzo o di cena ci mostrano una realtà e un mondo pieno di violenza e miseria a cui il “nostro” esercito democratico e nostri “bravi e umani” governanti cercano di dare aiuto, pace e democrazia.

Son passati più di 200 anni dalla rivoluzione industriale ma la condizione dei proletari è rimasta la stessa, e in alcuni casi è peggiorata.

Dopo aver depredato, e rubato, con la complicità di governanti corrotti al soldo delle multinazionali, i paesi imperialisti usano i flussi migratori per sfruttare ulteriormente i migranti che sfuggono dalla miseria, la fame e le guerre da loro prodotte. I migranti, esseri umani e forza lavoro senza diritti sono usati nelle campagne, nelle fabbriche, nei cantieri, nelle logistiche, nel terziario, nell’assistenza agli anziani per pochi euro e sono estremamente ricattabili perché possono essere espulsi appena protestano per i loro diritti.
Esseri umani, operai, lavoratori senza diritti, sfruttati invisibili sul piano sindacale e politico, moderni schiavi salariati trattati peggio degli animali. Per le leggi borghesi, chi abbandona un cane è punito con sei mesi di reclusione; un capitalista che abbandona a morte o ammazza un lavoratore se la cava con l’impunità. La concorrenza fra lavoratori immigrati e autoctoni peggiora le condizioni anche di questi ultimi e il mercato impone condizioni da fame a tutti.

I borghesi tramite i governi, partiti, sindacati, istituzioni e mass-media sostengono da sempre che per uscire dalla crisi è necessario che i proletari accettino i sacrifici e collaborino con i padroni per rendere il paese più competitivo. La realtà ha dimostrato che questa strada porta solo alla rovina della classe operaia e proletaria mondiale mettendo gli operai di un paese contro l’altro.

Contro la divisione alimentata dai padroni e dalla concorrenza dobbiamo opporre la solidarietà rivoluzionaria tra gli operai e i lavoratori di tutto il mondo, perché i moderni schiavi salariati oggi sono trattati peggio di quelli antichi.

Per quanto miserabile fosse la loro condizione, gli schiavi antichi erano una proprietà del loro padrone che aveva interesse a mantenere in buono stato la sua proprietà. Oggi, a differenza degli antichi schiavi che rappresentavano per il loro padrone una merce di valore, a cui il padrone assicurava vitto e alloggio, i moderni schiavi salariati, gli operai, essendo proprietà dell’intera classe dei capitalisti non hanno più niente di assicurato.

Con la nascita del capitalismo la merce forza-lavoro dell’operaio impiegata nel processo di produzione ha la qualità specifica di essere forza produttrice di valore, anzi, di essere fonte di un valore maggiore di quello che essa possiede, il plusvalore. La scienza e la tecnica asservite al capitale fanno sì che a ogni nuova scoperta scientifica, a ogni nuovo perfezionamento tecnico questa eccedenza del suo prodotto giornaliero sul suo costo giornaliero aumenta, cioè si riduce quella parte della giornata di lavoro in cui l’operaio produce l’equivalente del suo salario, e si allunga perciò d’altro lato quella parte della giornata in cui egli deve regalare al capitalista il suo lavoro senza essere pagato e il divario fra borghesi e proletari continua ad aumentare a vantaggio dei primi .

La costituzioni borghesi sono piene di belle frasi: libertà, uguaglianza, diritti uguali per tutti, parole che rimangono però frasi vuote. In una società divisa in classi. Anche se le leggi democratico – borghesi affermano che l’operaio e il padrone sono uguali e godono degli stessi diritti, la condizione di completa subordinazione economica sancita dall’ordinamento giuridico borghese fa si che la “libertà” e la “uguaglianza” dei cittadini sia solo formale, essendo l’ordinamento giuridico capitalista fondato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione.
In realtà il proletario “libero” nel sistema economico borghese è semplicemente “libero di essere schiavo”.
Nonostante la diversa condizione formale, l’operaio e l’antico schiavo hanno in comune l’estorsione di “pluslavoro” a cui sono soggetti. La diversità del loro asservimento è che sia lo schiavo antico e il servo della gleba che il moderno operaio salariato frutto del capitalismo, hanno in comune che per vivere e ricevere i mezzi di sussistenza, sono costretti a produrre a vantaggio dei loro rispettivi padroni una quantità di lavoro eccedente rispetto a quella che sarebbe di per sé necessaria per produrre i beni necessari per la loro autoconservazione.

La differenza tra lo schiavo antico, che non era retribuito per il suo lavoro, e quello moderno che sembra pagato per ogni singola ora di lavoro è solo apparente. Se si va al di là delle apparenze, si scopre però che lo schiavo antico riceveva, come stipendio, i mezzi di sostentamento necessari per mantenersi in vita come schiavo cosi come pure nella “busta-paga” dell’operaio vi sono soltanto i soldi necessari affinché egli si conservi come “schiavo” salariato alle dipendenze del capitale.

La crisi mondiale acuisce i conflitti di classe e nella lotta quotidiana fra capitale e lavoro si va formando in ogni paese un’avanguardia di classe che, anche se lentamente, prende coscienza della propria condizione di sfruttamento e della necessità di un partito della classe operaia e proletaria. La storia e l’esperienza ci hanno dimostrato che solo con un’organizzazione politica indipendente, rivoluzionaria che lotta per distruggere dalla fondamenta la società capitalista basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, si possono fare passi concreti verso l’emancipazione la liberazione proletaria.

Michele Michelino

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