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La politica estera degli Stati Uniti: una collezione di insuccessi

(28 Novembre 2013)

politicaestera

27 Novembre 2013

di Josè Reinaldo Carvalho, resp. Nazionale PCdoB settore comunicazione | da www.zereinaldo.blog.br

La politica estera del governo statunitense colleziona continue sconfitte.

Vari segnali ci confermano la constatazione circa il declino storico della potenza imperialista, sempre più isolata a livello internazionale, come si evince da certi comportamenti alla Casa Bianca, rivelatori di una certa disperazione.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato, con 188 voti a favore su 193 membri, un progetto di risoluzione che propone la fine dell’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro l’isola rivoluzionaria che per più di mezzo secolo.

Per la 22’ volta consecutiva, la sessione plenaria dei membri delle Nazioni Unite ha approvato in maniera categorica la fine dell’embargo, con voti contrari di Stati Uniti e Israele, e tre astensioni (Micronesia, Isole Marshall e Palau).

E 'stata la più chiara dimostrazione della volontà di porre fine alla palese ingiustizia nei confronti di un popolo laborioso e di una nazione sovrana.

L’atteggiamento unanime dimostra che la politica imperialista degli Stati Uniti si scontra contro la volontà di quasi tutti i paesi.

Lo stesso fenomeno di isolamento statunitense, nel difendere cause ingiuste, si manifesta in altre latitudini, su altre tematiche.

L’anno scorso, per ampia maggioranza, l’Assemblea Generale dell’Onu ha riconosciuto la Palestina come Stato osservatore non membro. La decisione, che ha elevato lo status dello stato palestinese alle Nazioni Unite, ha significato una clamorosa vittoria politica e diplomatica del popolo palestinese.

La risoluzione dell’organismo internazionale fu approvata con 138 voti sui 193 dell’Assemblea Generale, con nove voti contrari e 41 astensioni. I voti contrari furono di Stati Uniti, Israele, Canada, Repubblica Ceca, Palau, Micronesia, Nauru, Isole Marshall e Panamà. Tuttavia, in Consiglio di Sicurezza, gli Usa sono stati l’unico paese a ostacolare, con il suo potere di veto, i diritti dei palestinesi presso l’Onu, considerando come “unilaterale” la proclamazione dello stato palestinese, nonostante l’appoggio della stragrande maggioranza dei paesi.

Gli Stati Uniti non hanno preso alcun impegno per la pace in Medio Oriente, come invece proclamano, riguardo il conflitto israelo-palestinese.

Tutto l’impegno nordamericano nella regione è condizionato ai suoi interessi geostrategici, che a loro volta, sono in simbiosi con le politiche espansionistiche del regime sionista e genocida israeliano. Adottando e coltivando tali posizioni, l’imperialismo statunitense si scontra con la maggioranza delle nazioni democratiche del mondo, restando isolata.

Ancora per quanto concerne il Medio Oriente, gli Usa esercitano la loro politica estera polarizzando la loro azione contro nemici inventati.

Dal Governo Bush (2001-2008) il bersaglio di Washington è chiamato terrorismo, per cui combatte e pratica ogni sorta di intervento esterno, militarizza la vita del pianeta, trasforma guerre di aggressione in routine e le esercitazioni in terrorismo di Stato.

Ma ancora più grave è che gli Usa individuano nella “lotta al terrorismo”, una lotta contro determinati stati sovrani, come la Siria e l’Iran, paesi che resistono all’imperialismo nella regione mediorientale, lottano contro il regime israeliano, appoggiano la causa palestinese e si rifiutano di essere strumenti degli interessi egemonici degli Stati Uniti.

Pertanto, una delle più cocenti sconfitte politiche e diplomatiche degli ultimi tempi inflitta alla politica estera statunitense è stata la positiva azione combinata tra il governo siriano e quello russo, che hanno saputo neutralizzare e svuotare tutti i pretesti per un intervento militare straniero nel paese arabo appunto, e impedire una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per autorizzare un’azione militare.

Infine, nella collezione delle sconfitte della politica estera statunitense, spicca lo scandalo delle intercettazioni che coinvolge non solo il Dipartimento di Stato e la Cia, ma anche la Casa Bianca; intercettazioni che hanno rivelato come venivano spiati i capi di governo e di Stato di paesi considerati alleati degli Usa.

L’isolamento e le successive sconfitte delle posizioni politiche e diplomatiche dell’imperialismo nordamericano costituiscono un fattore da considerare nell’analisi della situazione internazionale, un punto positivo nella lotta dei popoli per i propri diritti, autodeterminazione e sovranità nazionale, e ci indica che è possibile un cambiamento nei rapporti di forza sul piano mondiale.

Fonte originale: http://www.zereinaldo.blog.br/index.php/315-politica-externa-dos-eua-uma-colecao-de-fracassos

Traduzione di Erman Dovis per Marx21.it

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