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Colombia, giornalista italiano sfugge a un attacco armato

(6 Dicembre 2013)

Brunof

Un giornalista italiano è stato vittima di un attacco di uomini armati in Colombia, dal quale è uscito fortunatamente illeso. Il 3 dicembre Bruno Federico (nella foto), un documentarista che da dieci anni vive nel Paese, accompagnava alcuni contadini nel villaggio di Pitalito (dipartimento di Cesar), per rivendicare la terra di proprietà del signor Juan Manuel Fernandez. Il gruppo non ha fatto in tempo a raggiungere la terra, che due uomini armati (sembrerebbe al servizio del proprietario terriero) hanno aperto il fuoco prima contro il veicolo e poi proprio contro Bruno, che fortunatamente non è rimasto ferito. Gli aggressori son poi prontamente scappati, ma il tutto è stato filmato e ora la Fundacion para la Libertad de Prensa (Fondazione per la Libertá di Stampa) chiede di aprire un’inchiesta per arrivare all’identificazione dei due assalitori.


“La FLIP – si legge in un comunicato della Fondazione – respinge questo tipo di attentati, che sono una chiara violazione alla libertà di stampa, e fa un appello alle autorità affinché diano tutte le garanzie a questo tipo di copertura giornalistica. Esistono immagini degli aggressori ed i resti dei proiettili sono stati raccolti», ha concluso la fondazione”.

Bruno Federico, autore tra le altre cose del documentario “El Gigante” sulla lotta contro la diga ENEL “El Quimbo” in Colombia, stava realizzando un lavoro sull’esproprio delle terre nel Paese. Assieme al giornalista c’erano altri attivisti.

Bruno Federico vive in Colombia da più di un decennio ed è autore di vari documentari, tra i quali “Apuntando al corazón”. È un giornalista freelance e fa parte dell’APIC, Associazione della Stampa Internazionale della Colombia. Ieri pomeriggio, 5 dicembre, Bruno ha postato un commento sul proprio profilo Fb


Ciao a tutti e tutte, grazie per la vostra solidarietà. Ciò che vorrei sottolineare di quanto avvenuto l’altro ieri è che gli spari non erano diretti a me come Bruno, ma che erano diretti contro la Comunità di Pitalito, contro la loro lotta per il ritorno. Gli spari puntavano a difendere il violento impossessamento di milioni di ettari da parte di latifondisti, palmicoltori, impresari minerari. Certamente non si pretende solo che queste comunità rinuncino definitivamente alla propria terra ma si vuole impedire che queste storie siano raccontate. Per questo l’appello è di sostenere queste lotte, sostenere e solidarizzare con la comunità di Pitalito, con il Comité De Solidaridad Presos Políticos Fcspp.Movimiento De Víctimas De Crímenes De Estado

Per chi volesse ascoltare i fatti dalla voce del giornalista ecco un audio con la sua testimonianza.

La Colombia vanta il triste prima del Paese in cui vengono uccisi più sindacalisti e difensori dei diritti umani come abbiamo raccontato in questo post. Soltanto nelle scorse settimane sono stati ammazzati quattro esponenti di punta dei movimenti sociali. Il 30 ottobre è stato assassinato Edier Otero, membro di Marcia Patriottica, era compagno sentimentale di Luz Dary Jaramillo, che aveva ricevuto minacce nei giorni precedenti al delitto in quanto dirigente di ASODESQUI, associazione dei senzatetto del Quindío.

Appena due giorni dopo, a pochi chilometri di distanza, nel municipio di Circasia è stata trucidata Ana Isabel Valencia, dirigente di Marcia Patriottica nel Quindío e membro del Comitato Patriottico Dipartimentale. Nel pomeriggio del 2 novembre la stessa sorte è toccata a Cesar García, un leader contadino che lavorava da anni per la difesa del territorio nella sua regione, ambientalista oppositore del progetto della megaminiera “La Colosa” (portato avanti dall’impresa Anglogold Ashanti nel Tolima); Cesar è stato trucidato mentre tornava alla sua fattoria nella frazione Cajón de la Leona, del municipio di Cajamarca. Lo scorso 9 novembre, infine, nella città di Bugalagrande, nel dipartimento del Valle del Cauca, è stato crivellato di proiettili il sindacalista Oscar López Triviño, lavoratore della Nestlé, episodio che abbiamo raccontato in questo post.

Monica Ricci Sargentini - corriere.it

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