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(12 Dicembre 2013)
Quanto sta avvenendo in questi giorni, con le mobilitazioni e le “sollevazioni” dei cosiddetti “forconi”, indica che stiamo entrando in una nuova fase della crisi economica e sociale nel nostro paese. A mobilitarsi sono settori di piccola e medio-piccola borghesia colpita a fondo dalla crisi nei suoi interessi e nei suoi redditi: commercianti, ambulanti, artigiani, camionisti, a cui si sono aggiunti altre frange sociali popolari più o meno marginali.
Questi settori hanno goduto per molti anni, di una relativa tranquillità ed agiatezza (per qualcuno anche realizzata tramite l’elusione e l’evasione fiscale), ma ora, dopo 6 anni di dura crisi economica, le loro certezze economiche e sociali sono rimesse in discussione.
In realtà, la crisi economica e le politiche di austerità portate avanti dai governi che si sono succeduti, da anni massacrano in primo luogo e soprattutto le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, privati e pubblici colpiti nel salario, nell’occupazione, nella distruzione dei posti di lavoro e dello stato sociale. Tutti “sacrifici” continuamente richiesti dalle politiche liberiste per garantire il trasferimento di ricchezza verso la grande borghesia che è classe dominante e che sapeva bene che questa operazione avrebbe poi coinvolto anche gli strati della piccola borghesia attraverso il drastico crollo dei consumi.
Le forze di destra e di estrema destra, a partire dai soggetti che compongono il comitato promotore dello sciopero, sono ben presenti ed attive e stanno orientando le dinamiche di protesta, logicamente confuse. E’ evidente l’intervento e l’indirizzo politico delle associazioni di categoria che sono “specialiste” nel creare una ideologia ed una identità per cui solo questi lavoratori indipendenti garantirebbero la ricchezza dell’Italia: tutti gli altri sono “ladri, non solo i politici, ma anche i lavoratori pubblici “parassiti” e gli stessi lavoratori privati che disporrebbero del “privilegio” della cassa integrazione.
In questo contesto è facile il gioco della divisione tra settori popolari – tutti in grande difficoltà – e della rivolta qualunquista. Ad esempio a Torino, per le vie della città, erano riconoscibili squadre di giovani di destra, provenienti dalle curve delle tifoserie calcistiche, così come erano ben presenti Forza Nuova e Casa Pound e numerosi sono stati gli slogan e i comportamenti chiaramente fascisti e reazionari. E’ altresì indubbia una regia e una accurata organizzazione della giornata; altri elementi testimoniano di una certa correlazione, che non è solo di simpatia per le ragioni dei manifestanti, di settori delle forze dell’ordine, ma rimanda a un rapporto politico organizzativo con le forze della destra.
E’ fin troppo chiaro che queste classi sociali in via di impoverimento (in piazza c’erano soprattutto gli ambulanti e gli strati inferiori del commercio, non certo i commercianti dei livelli superiori) e la gran massa dei disoccupati possano divenire,in assenza di un forte movimento di massa e di lotta della classe lavoratrice, la base di massa di forze ultrareazionarie e fasciste.
Le responsabilità delle direzioni sindacali, complici dei governi delle banche e della grande borghesia, sono immense. Per rispondere positivamente a quanto sta avvenendo, è necessario costruire dei momenti di lotta su obbiettivi chiari come la difesa del reddito , dell’occupazione, del diritto alla casa, della difesa dell’ambiente a partire da quei movimenti che già esitono come il NoTav .
Solo il protagonismo, la forza e le lotte della classe lavoratrice, dei precari, delle donne , può avere la forza di neutralizzare i settori reazionari che oggi cercano di presentarsi sulle piazze. Questo è il compito urgente che ci sta di fronte.
Per questo la classe lavoratrice e le forze della sinistra anticapitalista, devono cominciare ora e subito la propria lotta, la propria rivolta di classe contro i governi del fiscal compact.
Sinistra Anticapitalista Livorno
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