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(16 Dicembre 2013)
La protesta del cosiddetto “movimento dei forconi” è entrata di prepotenza nel dibattito politico e nelle prime pagine dei quotidiani, cogliendo molti di sorpresa, soprattutto quanti tra noi sono abituati a pensare che in piazza ci vada solo la sinistra. Eppure, a posteriori, dobbiamo ammettere che c'erano tutte le condizioni perché si formasse un movimento simile: la crisi economica che non molla la presa sta provocando un peggioramento delle condizioni di vita non solo per i lavoratori dipendenti, ma anche per i soggetti meno forti del settore privato, la classe media di commercianti, artigiani, autotrasportatori e piccoli imprenditori,settori che hanno goduto di una condizione relativamente privilegiata nei 20-30 anni che hanno preceduto la crisi, mentre lo stato non calcava la mano contro l'evasione fiscale e si diffondevano comportamenti illegali di ogni genere nella gestione delle aziende,allo scopo di incrementare i profitti. Ora le dinamiche economiche girano a loro sfavore, ma non vogliono accettarlo e scaricano la colpa su chi capita: i politici da loro stessi votati col paraocchi per decenni; il lavoro sottopagato degli immigrati che loro stessi sfruttano nelle aziende.
Personalmente non riusciamo a solidarizzare con chi si presenta a protestare per il proprio portafoglio alla guida di Audi e Jaguar che noi ammiriamo solo in pubblicità. Quelli a cui ci rivolgiamo sono i lavoratori dipendenti che si sono fatti trascinare in questa protesta, attirati dai toni vaghi e “trasversali”, da chi dice che si tratta di una protesta “né di destra né di sinistra”. Anche se fosse vero, vi possiamo fare un altro esempio di qualcosa che non è “né di destra né di sinistra”: gli ultimi due governi. Che c'è di nuovo,quindi?
Ma la realtà è che questa è una protesta di destra, organizzata dalla destra per sostenere gli interessi dei piccoli imprenditori. I lavoratori dipendenti, i giovani, i precari, i disoccupati sono stati tirati in mezzo per essere sfruttati come manovalanza, per fare numero: potranno ricoprire solo un ruolo subalterno nella lotta sociale se non si organizzano autonomamente rispetto agli imprenditori. Insistiamo inoltre contro uno slogan che abbiamo sentito ripetere molte volte durante la protesta: è davvero colpa degli immigrati il problema della disoccupazione e dei bassi salari?No! Come abbiamo scritto poche settimane fa in un altro articolo del Collettivo 1° Maggio, l'economia di mercato ha le sue dinamiche di domanda e offerta: è la disoccupazione che provoca l'abbassamento dei salari e i bassi salari a loro volta provocano il calo della domanda di beni, la chiusura delle attività produttive e quindi un'ulteriore aumento della disoccupazione. Questo non cambierebbe nemmeno se non ci fosse un solo immigrato in Italia. Anzi, sarebbe ancora più rapido il processo di delocalizzazione della produzione e la fuga all'estero di capitali. E'un circolo vizioso che bisogna spezzare riprendendo la lotta per i salari e i diritti, estendendola a livello internazionale, contro i padroni e non insieme a loro.
collettivo 1maggio in Monfalcone
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