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Palestina: intervista al segretario del FPLP sulle elezioni

(16 Gennaio 2005)

Ahmet Saadat, segretario generale del FPLP, si trova rinchiuso in una prigione palestinese vicino a Gerico, insieme a tre membri del commando che giustiziò, nell’ottobre del 2001, l’ultra-rezionario ministro del Turismo, Zeevi, come risposta all’assassinio di Abu Ali Mustafa, uno dei dirigenti del FPLP, perpetrato dagli israeliani. Proprio come il processo che, per cedere alle richieste di Sharon, ebbe luogo all’interno della Muqata nella Ramallah assediata, le condizioni nelle quali si trovano attualmente i prigionieri sono grottesche. I suoi carcerieri sono palestinesi, ma li vigilano dai tetti, e le loro conversazioni sono costantemente ascoltate dai soldati americani e britannici in locali strapieni di microfoni e di sistemi di interferenza. Tutto queste attenzioni dedicate alla sua “protezione”. Uno dei membri del commando, condannato ad un anno di prigione nell’aprile del 2002, rimane tutt’ora detenuto, “per il suo bene ”naturalmente, mentre avrebbe dovuto essere liberato otto mesi fa.
Alcuni giorni prima che il FPLP annunciasse il suo appoggio alla candidatura di Mustafa Barghouti alle elezioni presidenziali, conducemmo questa intervista con Saadat ed i suoi compagni in prigione.

La Corte Suprema palestinese ha ordinato diversi mesi fa la sua rimessa in libertà, perché continua a stare ancora in prigione?

Non è la prima volta che una decisione del Tribunale non viene applicata: esistono decine di decisioni che non sono mai state compiute. Una parte degli obblighi sulla “sicurezza” dell’Autorità Palestinese è di cedere ai diktat americani ed israeliani. È per questo che continuiamo a stare qui come ostaggi, come prova di buona volontà da parte dell’Autorità palestinese.

Gli americani e gli israeliani descrivevano Yasser Arafat come un “ostacolo” alla pace. Cambia qualcosa con la sua scomparsa?

Prima di tutto bisogna definire cosa è un ostacolo. Per Israele qualsiasi dirigente palestinese che non accetti l’insieme delle sue richieste è già un ostacolo. Se Abu Mazen ed il prossimo governo difenderanno i diritti fondamentali dei palestinesi, saranno considerati, anch’essi, come ostacoli. Quel che è certo è che Olmert (ministro del Commercio israeliano) ha appena dichiarato che sarà impossibile firmare un accordo di pace con Abu Mazen per il fatto che appoggia la rivendicazione del diritto al ritorno dei rifugiati.

Il FPLP non presenta nessun candidato alle elezioni del 9 di gennaio, mentre il PPP ed il FDLP hanno i propri candidati. Non sarebbe possibile che la sinistra presentasse una candidatura unica?

Noi non presentiamo nessun candidato, soprattutto perché ci rifiutiamo di avallare l’Autorità Palestinese, prodotto degli accordi di Oslo. È inaccettabile il fatto di partecipare a delle elezioni sotto occupazione, ma in più pensiamo che queste elezioni dovrebbero essere globali, con il rinnovo di tutte le istituzioni dell’Autorità Palestinese, il Consiglio Legislativo Palestinese, le autorità municipali... La distanza nel tempo tra le elezioni presidenziali e le legislative ci fa dubitare che sia un passo verso la democrazia. Queste elezioni dovrebbero essere anche un mezzo di lotta contro l’occupazione, uno dei meccanismo per l’ottenimento del diritto all’autodeterminazione. Israele e gli USA pretendono di imporci un cambiamento democratico che corrisponde alle loro necessità e ci negano il diritto all’autodeterminazione.
Nonostante tutto, abbiamo tentato una candidatura unica di sinistra. Abbiamo tenuto degli incontri con altri gruppi; col Partito del Popolo Palestinese (PPP, l’ex Partito Comunista Palestinese ed ex partito di Mustafa Barghouti, ndt), col FDLP (Fronte Democratico di Liberazione della Palestina) e perfino con FIDAH che in parte appoggia gli accordi di Ginevra.
Abbiamo tenuto delle discussioni per iniziare una bozza di programma; una scommessa sulle priorità principali che stanno al di sopra delle questioni personali. Volevamo elaborare un programma che fosse realmente di sinistra. Abbiamo avuto delle discrepanze col FDLP, che ha incluso la “Road Map” nel suo programma, e con il PPP che accetta i principi della “iniziativa araba” sul diritto al ritorno, un concetto che tradisce gli stessi principi del diritto al ritorno, introducendo degli emendamenti e concedendo ad Israele il potere di accettare o meno il ritorno dei rifugiati. Nonostante questi dissidi abbiamo proseguito con i dibattiti. Ed alla fine abbiamo avuto la spiacevole sorpresa di scoprire che il PPP ed il FDLP avevano già nominato i propri candidati: Bassam Sahali per il PPP e Tayser Jaled per il FDLP.

Il FPLP ha deciso quindi di appoggiare la candidatura di Mustafa Barghouti in queste elezioni. Pensate che sia realmente un candidato di sinistra?

Avremmo preferito un candidato chiaramente anticapitalista, poiché è la verità che Mustafa Barghouti non è un rivoluzionario. Però è stato onesto con noi ed ha accettato i punti essenziali del nostro programma, come il diritto al ritorno e l’appoggio a qualsiasi forma di resistenza del popolo palestinese. Mustafa Barghouti è un simbolo a livello nazionale ed internazionale in quanto presidente del PMRC (la principale ONG medica palestinese). La sua posizione non è stata magari sempre troppo chiara, ma il nostro obiettivo consiste nell’aiutarla ad evolvere. Se non ci riusciamo, non perdiamo niente, perché abbiamo la nostra posizione politica, il nostro programma.

Se alla fine Marwan Barghouti si fosse presentato, avreste appoggiato la sua candidatura?

Marwan Barghouti è un dirigente di Fatah, è stato formato da Fatah ed agirà sempre in accordo con la linea dal suo partito. Naturalmente, noi distinguiamo tra Abu Mazen e lui, ma alla fine dei conti, i due rappresentano la stessa ideologia, lo stesso programma al servizio della borghesia palestinese.

Credete che la soluzione di due Stati sia percorribile?

La soluzione di due Stati è un punto di partenza che potrà creare il clima necessario per una soluzione pacifica. Naturalmente, non deve mai fermarsi la lotta per un solo Stato democratico, senza nessun tipo di discriminazione etnica o religiosa, dato che è l’unica soluzione possibile per risolvere i problemi: quello dei palestinesi dell’anno 1948 e quello del diritto al ritorno. In questa battaglia è necessaria la solidarietà internazionale e l’unità di quelli che lottano al nostro fianco. Come palestinesi e come FPLP ci sentiamo orgogliosi di tutte le dimostrazioni di solidarietà con noi e con il popolo palestinese.

A cura di Mireille Terrin e Chris Den Hond della Associazione di Solidarieta’ Francia-Palestina

Notiziario del Campo Antimperialista .... 15 GENNAIO 2005

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