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CILE: FORTE IMPATTO DELLO SCIOPERO DEI PORTUALI

(15 Gennaio 2014)

Il provincialismo dei media italiani è cosa risaputa. Non sono immuni da questa caratteristica nemmeno gli organi di stampa della sinistra. Che di un paese come il Cile (importantissimo nella dinamica politica sudamericana) parlando di rado. Di solito, per tornare sulle vicende tragiche della dittatura di Pinochet (su cui, ovviamente, è sempre bene riflettere) o per commentare l'esisto di una tornata elettorale.
Cosa accade oggi nella società cilena, da quali domande sociali e da quali lotte è attraversata, non è dato sapere.
Così, su un fatto non trascurabile come lo sciopero che i portuali stanno attuando da settimane sono state spese, complessivamente, poche parole. Eppure questa categoria di lavoratori non è nuova, in Cile, a forme di lotta determinate, che sfidano una normativa sull'interruzione del lavoro piuttosto restrittiva.
E che non mancano di avere un serio impatto sul piano economico, come documentava l'agenzia stampa Misna ieri.


CILE, SCIOPERO DEI PORTUALI BLOCCA EXPORT DI FRUTTA E RAME

Lo sciopero dei lavoratori portuali in corso in gran parte del paese da almeno 20 giorni preoccupa gli esportatori di frutta che temono perdite per oltre 100 milioni di dollari entro la fine della settimana. Secondo la Federazione dei produttori di frutta (Fedefruta) ai 40 milioni di dollari di danni accumulati la settimana scorsa se ne potrebbero aggiungere altri 65 se l’agitazione non verrà fermata prima di venerdì. Lo sciopero si concentra nel porto di San Antonio, un centinaio di km a sudovest di Santiago, dove oltre a centinaia di container carichi di frutta si accumulano 20.000 tonnellate di rame che non è stato possibile imbarcare.

I lavoratori chiedono il pagamento, retroattivo dal 2005, di mezz’ora di tempo destinato alla pausa che gli viene contata come non lavorata. La mobilitazione è stata giudicata illegale dalle autorità poiché in Cile lo sciopero è legale sono durante le procedure di contrattazione collettiva; le imprese sono inoltre autorizzate a sostituire gli scioperanti.

I portuali mantengono bloccati gli accessi ai siti di attracco delle navi cargo nei principali scali marittimi nazionali come misura di pressione, mentre le trattative intraprese con la mediazione del governo faticano a portare ad un accordo con le aziende. “Con il persistere del conflitto la situazione diverrà critica per produttori ed esportatori. Normalmente a febbraio imbarchiamo oltre sei milioni di casse a settimana che rappresenterebbero una perdita catastrofica per il nostro settore” ha detto il presidente di Fedefruta, Cristián Allendes.

La statale Corporación del Cobre (Codelco) – il Cile è il primo produttore di rame al mondo – ha lamentato perdite per 130 milioni di dollari nell’arco dell’ultimo mese a causa delle 20.000 tonnellate di minerale ancora ferme a San Antonio. Già lo scorso anno lo sciopero intrapreso per 21 giorni dai lavoratori del porto di Mejillones, nel nord del paese, aveva avuto un forte impatto sulle esportazioni di frutta, vino e rame. Ma questa volta, ha promesso il presidente uscente Sebastián Piñera, “non permetteremo che un pungo di persone abusino del resto dei cileni provocando gravi danni alla nostra agricoltura e a tutto il mondo associato all’export e all’import”.

[FB]

Misna

Giacinto Calandrucci

Fonte

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