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Resolution: Revolution!

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(1 Gennaio 2012) Enzo Apicella
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VI congresso Prc, cinque documenti

Solo Progetto Comunista per l'opposizione di classe, per un governo dei lavoratori

(17 Gennaio 2005)

Conciliare l'inconciliabile

L'orizzonte politico della mozione di maggioranza al prossimo congresso è riassunto efficacemente in alcune frasi di un editoriale di Rina Gagliardi su Liberazione ("Prodi è più forte e ha un disegno", 22/12/04) laddove spiega che centrosinistra e Prc nella Gad guidata da Prodi possono costruire un "compromesso sociale e politico" tra gli interessi dei lavoratori e quelli della "borghesia 'perbene' che riesca davvero a conciliare interessi sociali e di classe divergenti."

Alla fin fine, le Quindici tesi di Bertinotti si trovano riassunte in questa (triste) frase. In questo presunto progetto ("presunto" perché non sappiamo se qualcuno vi ripone realmente fiducia) in cui la "alternativa di società" è declassata dall'originario progetto marxiano, rivoluzionario, della "espropriazione degli espropriatori" alla ricerca di una conciliazione tra espropriatori ed espropriati.

Come se non bastasse, questa meta viene ci presentata come una "innovazione" rispetto a chi vorrebbe attardarsi con le novecentesche "prese del Palazzo d'Inverno". Ahinoi, nella ottocentesca Critica al Programma di Gotha Marx scriveva che la posizione da battere era quella di chi sosteneva "invece di opposizione politica decisa, mediazione generale [coi liberali]; invece della lotta contro il governo e la borghesia, il tentativo di conquistarli e di convincerli."

E -spiace insistere su questo punto- la Critica di Marx è stata scritta nel lontano 1875, vale a dire 130 (centotrenta) anni fa! Ovviamente Marx non se la prendeva con Rina Gagliardi e Fausto Bertinotti -non avendo avuto il piacere di poter leggere i loro testi. Attaccava -da par suo- altri che ben prima del gruppo dirigente del Prc nutrivano la nobile aspirazione di una conciliazione tra le due classi fondamentali in cui è divisa irrimediabilmente la società capitalistica.

La borghesia non pare spaventata da un Prc al governo

Contro l'utopia (a inizi Ottocento ammirevole e innocente, oggi colpevole e poco ingenua, dopo centinaia di tragici esperimenti simili) di un governo armonico al di sopra delle classi si è costruito il movimento comunista a partire dai primi passi che gli fece compiere Marx.

E' possibile, allora, leggere in queste settimane che il Prc vorrebbe andare al governo "per mettere il bastone tra le ruote delle classi dominanti"? Sì, è possibile: lo ha scritto il compagno Alfonso Gianni. Che poi il governo di cui sta parlando sia quello che avrà in Prodi il proprio presidente; nei testi di Prodi e Amato il proprio programma; che quell'alternanza di governo riceva già oggi l'incoraggiamento di tutta la grande borghesia, Montezemolo in testa; che la stampa padronale si sia attrezzata per sostenere questo progetto di governo, affiancando a tal fine alla Repubblica scalfariana nuove direzioni più vicine all'Ulivo al Corriere (affidato a Mieli), al Sole 24 Ore (De Bortoli), alla Stampa (Sorgi): a tutto questo, evidentemente, si fanno spallucce. Come se i militanti del partito non fossero in grado di cogliere l'enormità di certe affermazioni. Mettere il bastone tra le ruote delle classi dominanti. E, capolavoro di astuzia... farlo con il consenso delle classi dominanti medesime.

Difatti non si legge un solo articolo sulla grande stampa non diciamo di timore ma nemmeno di perplessità rispetto al probabile futuro ingresso dei comunisti del Prc al governo. Anzi: pare che la borghesia attenda impaziente il bastone di Gianni. Le classi dominanti vogliono che il Prc vada al governo. E lo vogliono perché sanno che il "circolo virtuoso" di cui ci parlano i dirigenti bertinottiani, "governo leggero -movimenti forti", esiste solo sulla carta sporca di inchiostro delle tesi del Prc, non nella realtà. Nella realtà è un altro il circolo che si innescherà: rimozione dell'opposizione - ingresso dei comunisti al governo - passivizzazione e riflusso delle lotte. Un circolo per la borghesia ben più virtuoso.

L'alternativa di società è un'altra cosa

E non ci vengano a dire (lo ha fatto anche con argomenti presentati come "ortodossi" il compagno Bellotti di Falcemartello: gli riconosciamo l'ortodossia, se conviene con noi che non si sta parlando di marxismo) che l'impossibilità per i comunisti di governare nel capitalismo è una fissazione dogmatica di Progetto Comunista.

E' l'intera esperienza storica -di vittorie e sconfitte- non qualche dogma religioso che ha portato i rivoluzionari (da Marx in poi) a sostenere come fondamenta della loro costruzione che i comunisti non possono mai andare al governo nel capitalismo. E non possono perché il loro scopo non è semplicemente diverso ma è proprio opposto e non conosce come tappa intermedia una sosta in un governo liberale. Lo scopo per cui è nato il movimento comunista è quello di andare al governo, al potere: ma in un governo degli operai per gli operai. E siccome per fare questo non è sufficiente una "presa del palazzo" (che pure rimane un passaggio ineludibile, nel '17 in Russia come domani in Italia) ma è necessario guadagnare a questa prospettiva di rovesciamento del sistema sociale milioni di lavoratori, allora il compito principale dei comunisti è liberare i lavoratori da ogni illusione sulla neutralità dello Stato; fare piazza pulita di ogni finzione di collaborazione tra le classi per un inesistente "interesse comune". Insomma, per guadagnare i lavoratori alla necessità dell'alternativa rivoluzionaria di domani, il presupposto indispensabile di oggi è il rifiuto di ogni partecipazione o sostegno esterno o sostegno critico ai governi liberali e anzi la costruzione di una inflessibile opposizione ad essi. Tutto qui.

Non è una astratta teorizzazione di Progetto Comunista: è l'unico senso che ha e può avere (ma restiamo in attesa di smentite) il definirsi rivoluzionari oggi, il parlare di "alternativa di società", di "socialismo o barbarie" -come pure fa, paradossalmente, la mozione di Bertinotti. Essere comunisti, insomma, ma nel senso opposto a quello inteso dalle tesi di Claudio Grassi: essere comunisti non per cercare di introdurre dei "paletti" nel programma dei banchieri. Essere comunisti perché pensiamo che il capitalismo non è riformabile, non può essere governato meglio. Bisogna costruire i rapporti di forza per distruggerlo. Altro che bastoni e paletti!

Le mozioni "critiche": stessa minestra con più sale

Tra le mozioni del VI congresso, solo la terza, quella di Progetto Comunista, presenta una prospettiva di alternativa di società che non fa torto né alla storia né al vocabolario.

La mozione dell'Ernesto -che si esibisce in abiti più radicali, più partitisti, più internazionalisti di quella di Bertinotti- in realtà, dopo aver avanzato la assurda ipotesi di intavolare una discussione su "punti programmatici" con Prodi per dettare le condizioni di classe al governo della classe avversaria... finisce col proporre, in ogni caso, un sostegno esterno al Prodi-bis, e quindi alle sue politiche anti-operaie.

La mozione di Erre (ex Bandiera Rossa) dopo aver denunciato l'impossibilità di un "programma comune" col centrosinistra (anche se solo per il momento, in assenza -ci spiega Malabarba- "di un movimento straordinario" in grado di... imporsi ai liberali) propone di tentare "un accordo politico" su singoli punti (sostanzialmente contro le leggi berlusconiane, che la Fed ha già dichiarato di voler tutelare e rilanciare) e, in subordine, di limitarsi a un "accordo tecnico". Ma in tutti i casi (anche nella subordinata) per dare infine il voto di fiducia alla nascita del governo e per sostenerlo di volta in volta, criticamente (come dire: dopo bastoni e paletti, arrivano i puntelli).

Entrambe le mozioni -che giustamente si definiscono "critiche" di quella di maggioranza- non propongono dunque nulla di fondamentalmente diverso da quanto propone Bertinotti, in relazione alla questione del governo. Scodellano la stessa minestra, con solo un po' di sale in più.

Il punto vero, infatti, non è se partecipare al governo dei banchieri con propri ministri, o sostenerlo da fuori, o stare nella maggioranza, o ancora limitarsi a un sostegno "critico". Il punto vero è costruire e rilanciare una opposizione di classe a quel governo delle grandi famiglie del capitalismo italiano che, probabilmente, sostituirà il governo Berlusconi. Questo è il problema che non può essere aggirato con mezze proposte o tre quarti di critica ma a cui bisogna rispondere -come cerca di fare Progetto Comunista- con una proposta realmente alternativa alla mozione bertinottiana.

Questo dossier

Nello scorso numero abbiamo analizzato il percorso e le posizioni generali delle due aree critiche fuoriuscite dalla maggioranza nelle ultime settimane (L'Ernesto ed Erre). In queste pagine potete leggere tre brevi note di lettura delle varie mozioni congressuali (con l'eccezione di quella di Falcemartello, a cui abbiamo già dedicato qualche articolo, e che in ogni caso appare irrilevante in termini congressuali e anche politici).

Sul nostro sito (http://www.progettocomunista.it) sono disponibili altri materiali relativi al congresso.

Questo articolo sarà pubblicato nel dossier sul congresso pubblicato del prossimo numero di Progetto Comunista

Francesco Ricci

Fonte

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