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    Al governo nel capitalismo: ma restando in anticamera

    VI° congresso PRC: critica della IVª mozione (Malabarba)

    (17 Gennaio 2005)

    Anche per il IV documento congressuale denominato “Un’altra Rifondazione è possibile”, “l’accordo programmatico di governo” rappresenta, indubbiamente, la proposta centrale del nostro VI congresso.

    Accomuna i sostenitori del testo, si afferma, “una diversa proposta nel rapporto col centrosinistra”, poiché quest’ultimo, per quanto non può essere accumulato al centrodestra, per diversità di storia, cultura e radicamento sociale “si presenta all’interno dello stesso schieramento capitalistico”.

    Si ritiene, in definitiva, che la globalizzazione capitalistica e le sue politiche liberiste, avrebbero “quasi cancellato [ma un residuo di speranza per il IV documento come vedremo rimane, n.d.a.], gli spazi di mediazione e di compromesso”.

    Di più, si afferma: ”se Bush propone la guerra preventiva, il centrosinistra ha inaugurato la guerra umanitaria”.

    A questo punto il lettore potrebbe obbiettivamente convincersi che il IV documento ponga la rottura con la cosiddetta sinistra liberale (maggioranza Ds) e col centro tradizionale borghese (Margherita, Sdi e Udeur) e nel nome della “resistenza dei movimenti”, di un “altro mondo possibile” e della “sinistra d’alternativa”, avanzi la costruzione di un polo autonomo e di classe alternativo ai poli dell’alternanza borghese.

    Nulla di tutto questo!

    La IV mozione dopo aver denunciato che le proposte di Fausto Bertinotti avrebbero prodotto “una regressione” rispetto al V congresso, che si sarebbe definitivamente misurato con la necessità di “mantenere la barra su un progetto anticapitalistico”; afferma, malgrado le critiche, “che sarà necessario trovare qualche forma di accordo col centrosinistra a cui l’attuale sistema elettorale ci obbliga”.

    L’unità col centrosinistra, si obietta in particolare a Bertinotti, che sarebbe richiesta “dai lavoratori”, sempre a detta del IV documento, si consoliderebbe “dalle istanze del movimento".

    Ed essendo “la questione del governo un passaggio da valutare di volta in volta in funzione dell’analisi della fase”, il IV documento ammonisce: prima i programmi e poi l’entrata nella Gad e nell’eventuale governo Prodi bis.

    E’ forte di chissà quale grande novità per la storia del nostro partito, per istaurare un rapporto ottimale col centrosinistra, il IV documento avanza di “verificare e promuovere differenti gradazioni capaci di rimuovere il quadro politico insieme alle forze di movimento e della sinistra alternativa”.

    E se almeno per adesso “un altro Prodi non è possibile”, è viceversa “possibile” un accordo “politico-elettorale”, condizionato più o meno ai taumaturgici paletti programmatici avanzati anche dal documento Essere Comunisti.

    Questo pamphlet del tatticismo politico (alla faccia dell’autonomia dei movimenti!), per il IV documento permetterebbe di non essere coinvolti in responsabilità di governo, mantenere intatta la “nostra autonomia” e al contempo renderebbe “immediatamente comprensibile l’eventuale necessità di far nascere il governo”, giudicando per il futuro "di volta in volta" i provvedimenti presi. E se neppure “questi impegni irrinunciabili trovassero il consenso del centrosinistra”, il lettore a questo punto, smarrito, non si deve perdere d’animo, poiché si propone comunque un accordo-tecnico, nelle forme rese “possibili dalla legge attuale” -e non dalla nostra autonomia di classe.

    L’impostazione “critica” del IV documento congressuale nei confronti della linea del segretario del Prc, in definitiva, riflette tutte le contraddizioni e le ambiguità, di metodo e di merito, maturate in questi anni da Erre nei rapporti con il bertinottismo.

    Bertinotti è stato presentato da questa tendenza come il veicolo, sia pure empirico, di un processo di radicalizzazione progressiva a sinistra di Rifondazione.

    Qui sta tutto il concentrato della subordinazione politica del IV documento al bertinottismo, che emerge platealmente persino nelle pieghe di un’apparente criticità alla prospettiva avanzata dal segretario.

    Tutta l’argomentazione proposta mancante di una base di principio di classe: ignora che il centrosinistra è il braccio politico degli interessi borghesi; dichiara di non avere “pregiudiziali” verso un governo comprensivo degli interessi del capitalismo italiano; non pone la rottura, come unica alternativa di una politica di classe con il centro liberale.

    Insomma, si avanza oggi un rafforzamento del movimento, speculare, domani, al “confronto con il centrosinistra”, proponendo, in definitiva, un movimentismo incapace di prospettare un’alternativa di classe al compromesso riformista avanzato con le 15 tesi di Bertinotti.

    Al contrario, tutte le istanze che sono emerse con la nascita dei movimenti nel periodo 2001-2004, dimostrano la loro inconciliabilità con gli interessi delle forze del capitalismo italiano e con la sua rappresentanza politica.

    Una verità elementare che pone sia la necessità della rottura con il centro liberale e sia un’alternativa di classe e anticapitalista.

    Non si tratta di avanzare come fa il documento di Erre - Sinistra Critica un programma più radicale o più antiliberista, che richieda alla borghesia liberale “i rinnovi contrattuali, la lotta contro la legge 30, un dibattito corretto sul salario” o la “realizzazione transitoria di nazionalizzazioni di alcuni gangli produttivi”, o forme “innovate di scala mobile” per il recupero di potere di acquisto di salari e pensioni.

    Si tratta di proporre un programma di rottura con il centro liberale borghese, capace di cancellare le controriforme imposte dal padronato.

    Si tratta in definitiva di combinare la cancellazione della controriforma sulle pensioni di Berlusconi con la cancellazione della controriforma Dini voluta dall’Ulivo. Di combinare la cancellazione della legge 30 con l’abolizione del "pacchetto Treu" imposto dal Governo Prodi. Di cancellare la legge Bossi-Fini sull’immigrazione, includendo l’eliminazione dei campi di detenzione voluti dal centrosinistra. Di produrre aumenti salariali, delle pensioni e un vero salario garantito ai disoccupati, senza contropartita in flessibilità. Di avanzare una forte espansione della spesa sociale, sanitaria e dell’istruzione pubblica, finanziata con misure di tassazione progressiva dei grandi patrimoni, rendite e profitti. Di nazionalizzare le imprese in crisi, senza indennizzo ai padroni e sotto il controllo dei lavoratori.

    Un programma di alternativa che dimostra, ancora una volta, che l’antiliberismo avanzato dal IV documento -in assenza dell’anticapitalismo- finisce per riproporre con l’antica illusione riformista nuovi ambiti di compromesso di classe con la borghesia liberale.

    Un nuovo compromesso che cancellerebbe il Prc quale rappresentanza sociale e politica delle istanze popolari e dei movimenti sociali, che in questi anni hanno rialzato testa.

    Questo articolo sarà pubblicato nel dossier sul congresso pubblicato del prossimo numero di Progetto Comunista

    Ruggero Mantovani

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