">

IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
La pagina originale è all'indirizzo: http://www.pane-rose.it/index.php?c3:o42217

 

Kostas Filinis, l’ultimo resistente

(21 Gennaio 2014)

kostas

Ho avuto la for­tuna di cono­scere e di aver per molti decenni con­ti­nuato a fre­quen­tare uno dei grandi, anzi straor­di­nari, pro­ta­go­ni­sti del secolo tra­scorso, della sto­ria comu­ni­sta: Kostas Fili­nis, morto ieri ad Atene. Una vita tra­scorsa fra pri­gione e clan­de­sti­nità, lungo le tra­va­gliate vicende poli­ti­che del suo paese, la Gre­cia. Ogni volta, nei brevi squarci di libertà, pronto a rischiare di nuovo, con la fre­schezza, l’ottimismo e la luci­dità di un ragazzo.

La guerra, nel 1940, aveva colto Kostas men­tre era stu­dente del Poli­tec­nico di Atene, già allora mili­tante della gio­ventù comu­ni­sta greca e alla mac­chia sotto l’occupazione fasci­sta ita­liana e tede­sca. Nel ’43 mem­bro del Con­si­glio cen­trale e poi della pre­si­denza della gio­ventù anti­fa­sci­sta, la glo­riosa Epon.

La fine della guerra, come sap­piamo, non portò la Gre­cia alla libertà e alla pace, per­ché il paese fu imme­dia­ta­mente ricac­ciato in una san­gui­nosa e dolo­ro­sis­sima guerra civile che Kostas com­batté nuo­va­mente come clan­de­stino per ben 8 anni. Fino al suo arre­sto nel ’55, con­dan­nato all’ergastolo dal tri­bu­nale militare.

Di lui io ho sen­tito par­lare per la prima volta pro­prio negli ultimi anni ’50, in occa­sione della signi­fi­ca­tiva affer­ma­zione elet­to­rale dell’Eda, l’organizzazione legale entro cui ope­ra­vano i comu­ni­sti, il cui par­tito era sem­pre ille­gale. Di lui, come dei tanti com­pa­gni che da decenni ave­vano alter­nato le durezze di pri­gione e di clan­de­sti­nità. È però solo nel 1966, nel breve tempo in cui con il governo del vec­chio Papan­dreu, George, si era ricreata un po’ di fra­gile demo­cra­zia, che l’ho final­mente incon­trato: era stato scar­ce­rato. Ma si trat­tava di una libertà bre­vis­sima: dopo poco più di un anno il colpo di stato dei colon­nelli, nell’aprile del 1967, lo costrin­geva a una nuova clan­de­sti­nità, la terza della sua vita. Non aveva mai pen­sato a scap­pare, a tro­vare final­mente un rifu­gio. Fu anzi natu­rale per lui ripren­dere la lotta e assieme a Teho­do­ra­kis det­tero vita al Pam, l’organizzazione della resi­stenza al nuovo fasci­smo. Dopo pochi mesi, in autunno, il nuovo arresto.

Lo vidi allora ad Atene in Tri­bu­nale, da lon­tano, durante il pro­cesso che lo con­dannò per la seconda volta all’ergastolo. Ma anni e anni di car­cere non l’hanno mai fiac­cato: ha scritto tan­tis­simo e molti sono i libri poi pub­bli­cati: di poli­tica e di appro­fon­di­mento teorico.

Fu quando era pri­gio­niero nel campo di con­cen­tra­mento nell’isola di Egyna, nel 1968,che Kostas fu pro­ta­go­ni­sta della scis­sione del Pc greco, respon­sa­bile, per set­ta­ri­smo e dipen­denza molto cieca da Mosca, di non pochi errori. Fu nella pri­gio­nia uno dei fon­da­tori della nuova for­ma­zione (fu mem­bro del suo Uffi­cio poli­tico), il “Pc dell’interno”, come fu chia­mata, per indi­care che non si vole­vano più accet­tare ordini dall’esterno.

I moti stu­den­te­schi che cul­mi­na­rono con la rivolta del Poli­tec­nico di Atene, nel 1973, indus­sero i colon­nelli, ormai ten­ten­nanti, a libe­rare un certo numero di pri­gio­nieri, ma Kostas non rinun­ciò nep­pure allora a resi­stere, fino alla cac­ciata del regime militare.

Negli anni più recenti Kostas Fili­nis ha fatto molte cose: ha par­te­ci­pato atti­va­mente ai tanti ten­ta­tivi uni­tari della sini­stra greca, la ”sini­stra greca”, poi Synap­si­smos, ora Syriza.

Ho avuto l’onore di stare con lui nel Par­la­mento euro­peo dove era stato eletto negli anni ’80. La sua morte è per me un grande dolore per­so­nale e poli­tico. Ho voluto con­di­vi­derlo con i let­tori del mani­fe­sto per­ché la vita di Kostas Fili­nis fa riflet­tere su quale sia stata la sto­ria dei comunisti.

A sua figlia Anna Fili­nis che durante gli anni della dit­ta­tura ha vis­suto in Ita­lia ed è una com­pa­gna di Syriza, un abbrac­cio da tutti noi.

20/01/2014

Luciana Castellina - il manifesto

11769