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VI° congresso PRC: critica delle Tesi di maggioranza

(17 Gennaio 2005)

Già nell'avvio del dibattito congressuale abbiamo notato che alla fin fine gli argomenti con cui vengono sostenute le tesi di maggioranza sono pochi e ricorrenti. Ci pare utile provare a riassumerli qui schematicamente, per fornire alcune brevissime risposte.

I dirigenti di maggioranza dicono: Il centrosinistra è cambiato, sotto la spinta dei movimenti. Grazie a questo nuovo quadro, Prodi ci propone una "nuova frontiera" [così si è espresso un Bertinotti entusiasta dopo il discorso di Prodi all'Assemblea della Gad a Milano, poche settimane fa].

Noi rispondiamo: non c'è nessuna modifica reale del centrosinistra -se non in peggio e fatta eccezione per il nome (ora si alterna al vecchio Ulivo l'infelice acronimo Gad). Basta leggere le dichiarazioni quotidiane che tutti i dirigenti del centrosinistra -senza eccezioni- rilasciano quotidianamente sulle loro intenzioni rispetto al futuro governo. Nessun tema è lasciato inevaso: dallo Stato sociale (da "riformare", ovviamente secondo i parametri di Maastricht), alla flessibilità (da "regolamentare"), alle pensioni (da "riformare con gradualità"), alla Scuola e al Lavoro (si preannuncia l'intenzione di ripartire col lavoro dove lo ha lasciato in sospeso Berlusconi), fino ad arrivare alla politica estera (rilancio dell'armamento dell'Europa, piena disponibilità a "sostenere la pace in armi" negli altri Paesi, come rivendica testualmente Romano Prodi). Per tacere del terreno istituzionale, con D'Alema che propone una riforma elettorale che sostanzialmente "abolisca la democrazia rappresentativa", secondo il riassunto efficace datone da Piero Sansonetti, direttore di Libeazione.

Ciò è peraltro in continuità non solo con le precedenti esperienze di governo che già hanno messo alla prova le medesime forze politiche (e persino gli stessi personaggi) ma è fin da ora testimoniato dalle politiche che il centrosinistra rinominato pratica nelle giunte locali, quasi sempre con il sostegno -più o meno critico- del nostro partito.

Nelle giunte dove governa la Gad si arriva persino a... privatizzare l'acqua!

I dirigenti di maggioranza dicono: un conto sono le dichiarazioni giornalistiche un altro conto sarà il programma di governo.

Noi rispondiamo: il programma non è semplicemente un testo che può essere "sistemato", aggiungendo qualche aggettivo o spostando due avverbi. Un programma di governo è dettato -nella triste realtà- dalle forze sociali, di classe, che sostengono il governo. Il blocco che si propone un ricambio di alternanza per il post-Berlusconi è composto dalle principali famiglie del grande capitale italiano, dalle grandi banche, dalle concentrazioni finanziarie. Saranno loro a dettare il programma reale, al di là dei testi. I testi, peraltro, esistono già da tempo e sono le piattaforme programmatiche presentate da più di un anno da Prodi e da Giuliano Amato.

I dirigenti di maggioranza dicono: Progetto Comunista ha una visione statica della realtà, che invece va vista non come una fotografia ma come un film. Il prossimo governo non sarà solo la sommatoria delle forze politiche della Gad, esso sarà influenzato dalla società, dai movimenti. Si innescherà -grazie al lavoro del Prc- un circolo virtuoso: i movimenti influenzeranno il governo e la capacità di incidenza nelle politiche darà nuova linfa alla crescita dei movimenti.

Noi rispondiamo: è una teoria già proposta anche ai tempi del primo governo Prodi. La realtà ha dimostrato, viceversa, che l'assenza di una forza politica di opposizione di classe alle politiche borghesi ha portato alla passivizzazione, alla demoralizzazione, al riflusso dei movimenti (che esistevano anche in quella fase).

Prodi può vantare ancora oggi -come principale biglietto da visita esibito alla borghesia- la capacità che ebbe di imporre politiche anti-popolari in un quadro di "pace sociale", con un record negativo delle ore di sciopero.

Il motivo vero per cui la borghesia preferisce un governo di centrosinistra (ed ha accettato di malagrazia il governo Berlusconi, di cui ora vuole liberarsi) è appunto perché -come spiegò bene Gianni Agnelli- può fare le stesse politiche borghesi avvalendosi della collaborazione concertativa dei sindacati e delle organizzazioni di massa, soffocando il conflitto sul nascere. La grande borghesia vuole che anche il Prc sia partecipe pienamente del prossimo governo appunto perché spera così di privare i movimenti di massa -che tanto l'hanno spaventata in questi ultimi anni- di una potenziale direzione.

I dirigenti di maggioranza dicono: Bisogna pur fermare Berlusconi, sconfiggere le destre.

Noi rispondiamo: anche questo argomento non è nuovo: fu utilizzato per sostenere la necessità di un ingresso del Prc nella maggioranza del primo governo Prodi; e lo impiegò anche Cossutta -contro il Prc- per dimostrare che bisognava mantenere quel sostegno.

Berlusconi può anche essere battuto elettoralmente nel 2006 dalla convergenza tra Prc e Ulivo (la Gad). Ma il problema è battere le destre sul solo terreno elettorale o anche nei rapporti di forza tra le classi? fosse una questione meramente elettorale, vi sarebbe la possibilità di realizzare un accordo tecnico nei soli collegi a rischio in cui il Prc potrebbe non presentare propri candidati a favore di candidati socialdemocratici (sinistra Ds, Pdci, Verdi) per bloccare i candidati berlusconiani. L'accordo di governo dunque non c'entra con la necessità di battere Berlusconi, anche elettoralmente. In realtà tutti vogliamo cacciare Berlusconi e -per essere precisi- Progetto Comunista ha per primo nel Prc sostenuto la centralità di questa battaglia. Ma cacciare Berlusconi per cosa? Per un governo dei banchieri che continui sulla stessa strada? Cacciare Berlusconi dal versante dei padroni o da quello degli operai?

Sostituire un governo Berlusconi con un nuovo governo Prodi significa soltanto sconfiggere momentaneamente la destra (e non le politiche borghesi), dandole modo di vincere di nuovo in seguito anche elettoralmente e con gli interessi (come è già successo con la prima alternanza tra il Berlusconi I e il Prodi I, a cui è succeduto un Berlusconi II).

I dirigenti di maggioranza dicono: Progetto Comunista propone una chiusura settaria, non si pone il problema di dialogare con la "domanda di unità" che viene dai movimenti, dai lavoratori.

Noi rispondiamo: in realtà solo la proposta avanzata da Progetto Comunista consente al Prc di mantenere un rapporto con i movimenti (rapporto già oggi incrinato proprio per la marcia forzata verso il governo) e di svilupparlo. Progetto Comunista non propone una chiusura settaria, ma viceversa la costruzione -nel vivo delle lotte di opposizione a tutte le politiche della borghesia e a tutti i suoi governi- di un polo autonomo di classe, alternativo ai due poli dell'alternanza borghese, fondato sull'indipendenza di classe del movimento operaio e sulle ragioni sociali dei movimenti di questi anni: inconciliabili con le politiche di Prodi e D'Alema. Propone cioè di entrare da un versante di classe nelle contraddizioni tra larghe masse popolari e le direzioni attuali: avanzando la richiesta della "rottura col centro liberale" (maggioranza Ds, Margherita) a tutte le forze socialdemocratiche che si richiamano alla stagione dei movimenti. Si tratta della proposta di unificare le vertenze, le lotte di lavoratori e precari e disoccupati attorno a una piattaforma di classe che -fin dalle sue indicazioni minimali- necessariamente è incompatibile con la piattaforma di classe dei liberali. E' una proposta che può essere rivolta da subito ad un'area potenziale di 11 milioni -quegli 11 milioni che hanno sostenuto l'estensione dell'art. 18 (mentre i liberali con cui dovremmo ora andare al governo stavano tutti -non casualmente- dall'altra parte della barricata di classe). E allora cosa ci separa dai lavoratori: la partecipazione alle lotte o l'ingresso in un governo nemico di quelle lotte?

Questo articolo sarà pubblicato nel dossier sul congresso pubblicato del prossimo numero di Progetto Comunista

Francesco Ricci

Fonte

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