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La «ver­tenza Gra­na­rolo» in Emilia-Romagna ha assunto ormai una rile­vanza che va al di là dei con­fini ter­ri­to­riali. Lo sanno bene i fac­chini che da 9 mesi non per­ce­pi­scono il sala­rio, il sin­da­cato «Si Cobas» che li sostiene, i cen­tri sociali e i col­let­tivi uni­ver­si­tari che sin dall’inizio hanno appog­giato la mobi­li­ta­zione, i soli­dali che boi­cot­tano i pro­dotti Gra­na­rolo e Ano­ny­mous che ha «attac­cato» il sito dell’impresa.

Vogliono la rias­sun­zione di tutti i 51 licen­ziati a mag­gio dal con­sor­zio di coo­pe­ra­tive Sgb, uno dei gruppi che «arruola» fac­chini a basso costo per le imprese che pos­sono così far cre­scere gli utili, in que­sto caso Gra­na­rolo e Cogre­frin (che gesti­sce l’import-export di mate­rie pla­sti­che tra i paesi arabi e l’Europa). Lunedì 20 gen­naio è comin­ciato un pre­si­dio per­ma­nente davanti ai can­celli del colosso del casea­rio con pic­chetti a sor­presa, che sono stati effi­caci nel bloc­care la cir­co­la­zione delle merci e inflig­gere danni con­creti all’azienda.

Fronti con­trap­po­sti

Della rile­vanza della ver­tenza ne sono con­sa­pe­voli anche Gra­na­rolo, Sgb e Coge­frin, che hanno avuto la soli­da­rietà di Lega­coop, organo di rap­pre­sen­tanza delle coo­pe­ra­tive «rosse». Attorno a loro hanno rac­colto un ampio fronte: il comune e la pre­fet­tura di Bolo­gna, i sena­tori di destra e sini­stra che hanno fir­mato un appello con­tro i lavo­ra­tori, i media main­stream. La poli­zia è inter­ve­nuta con vio­lenza con­tro i pic­chetti uti­liz­zando gas urti­canti sui mani­fe­stanti, men­tre alcuni dei fac­chini hanno denun­ciato ossa rotte e pugni in fac­cia. Il 23 gen­naio, le forze dell’ordine hanno fer­mato, e poi però rila­sciato due dele­gati sin­da­cali esterni. La Cgil, nel frat­tempo, ha dira­mato un comu­ni­cato per­ché pre­oc­cu­pata per i danni subiti da Gra­na­rolo e in soli­da­rietà dei lavo­ra­tori che non hanno ade­rito alla mobilitazione.

È in que­sto sce­na­rio che è stata con­vo­cata per oggi una mani­fe­sta­zione a Bolo­gna a soste­gno della lotta dei fac­chini che par­tirà alle ore 15 da Piazza dell’Unità.

La mobi­li­ta­zione è ini­ziata con uno scio­pero, nell’aprile del 2013, dopo che i salari erano stati tagliati del 35 per cento. I lavo­ra­tori, dap­prima sospesi per aver leso sulla stampa l’immagine azien­dale, sono stati poi licen­ziati. In quell’occasione, Lega­coop aveva chie­sto alla Com­mis­sione di garan­zia per lo scio­pero affin­ché dichia­rasse «ser­vi­zio essen­ziale» la distri­bu­zione dei lat­ti­cini di Gra­na­rolo. Dopo oltre set­tanta giorni di bloc­chi e pic­chetti, lo «scio­pero del cap­puc­cino» aveva impo­sto un tavolo di trat­ta­tive tra le parti. L’accordo rag­giunto: gra­duale rias­sun­zione dei 51 licen­ziati e tem­po­ra­nea sospen­sione dei bloc­chi. Un patto rispet­tato solo dai lavo­ra­tori. Ad oggi, infatti, i rias­sunti sono stati solo 9. I pic­chetti sono così rico­min­ciati. I fac­chini, insieme a stu­denti e pre­cari, hanno più volte dichia­rato che vogliono andare fino in fondo affin­ché l’accordo venga rispet­tato. Per que­sto, hanno com­bi­nato dif­fe­renti forme di azione: pic­chetti, difesa sin­da­cale e legale, pro­du­zione comu­ni­ca­tiva autonoma.

Un potere in ansia

Si sono però mani­fe­stati segnali di pre­oc­cu­pa­zione e di dif­fe­ren­zia­zione all’interno del «fronte padro­nale», come testi­mo­niano gli arti­coli apparsi sul Sole 24 Ore e sul Cor­riere della Sera, lad­dove hanno affer­mato che i «fac­chini senza legge» hanno col­pito un nervo cen­trale del potere eco­no­mico e poli­tico della regione. Nella «valle della logi­stica», ha scritto Dario De Vico, rischia di sal­tare tutto. Gra­na­rolo intanto ha pub­bli­cato a paga­mento sulle testate locali una let­tera ai bolo­gnesi, fin­gendo di pren­dere le distanze dalle coo­pe­ra­tive e lamen­tan­dosi dei danni subiti. Gra­zie al boi­cot­tag­gio, nei super­mer­cati i suoi pro­dotti sono ven­duti con forti sconti. Inol­tre, su Inter­net, sono apparse foto dove pro­dotti della Gra­na­rolo sono stati rega­lati ai poli­ziotti che il 23 gen­naio hanno aggre­dito il picchetto.

Eleonora Bortolato e Anna Curcio, il manifesto

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