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L'Inghilterra domina l'economia

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(1 Dicembre 2011) Enzo Apicella

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    (8 Febbraio 2014)

    Brasile. Polizia in assetto di guerra reprime la quinta manifestazione contro il caro-trasporti

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    Alla stazione centrale di Rio de Janeiro, il 6 febbraio 2014. (Lucas Landau, Reuters/Contrasto)

    Già nei primi giorni del 2014, hanno comin­ciato a rina­scere pro­te­ste nelle città bra­si­liane; que­sta volta tra gli altri temi c’è anche la que­stione raz­ziale.
    Alla fine dell’anno scorso a São Paulo, mol­tis­simi ado­le­scenti e gio­vani delle peri­fe­rie di là hanno comin­ciato a riu­nirsi con gli amici per fare un giro negli shop­ping cen­ter, solo per diver­tirsi. Ma da quello che doveva essere un pas­sa­tempo, è nato un grande dibat­tito nazio­nale sulla que­stione raz­ziale, visto che gli shop­ping hanno deciso di chiu­dere le porte e proi­bire l’ingresso dei gio­vani delle peri­fe­rie nei loro spazi.

    A que­sto punto, ado­le­scenti e gio­vani hanno comin­ciato a sta­bi­lire attra­verso i social net­work gli appun­ta­menti per le suc­ces­sive pas­seg­giate (i role­zi­n­hos, così sono stati chia­mati que­sti “giri” per gli shop­ping) in tutti gli shop­ping cen­ter del paese, in soli­da­rietà ai gio­vani della peri­fe­ria di São Paulo. A Rio de Janeiro, per esem­pio, è stato fis­sato un appun­ta­mento, all’inizio di gen­naio, di fronte allo shop­ping di Leblon, uno dei quar­tieri più cari e ric­chi del mondo. Con sor­presa dei mani­fe­stanti, anche que­sto shop­ping ha chiuso le porte nel giorno sta­bi­lito per il role­zi­nho e – oltre a sbar­rare le porte – ha anche raf­for­zato la sicu­rezza.
    Quel giorno era chia­ra­mente visi­bile il pre­con­cetto che alcune delle fami­glie di Leblon ave­vano nei con­fronti dei più poveri della città. Men­tre noi gio­vani sta­vamo di fronte allo shop­ping pro­te­stando con­tro i pre­giu­dizi che non ci per­met­te­vano di entrare nel locale, alcune per­sone usci­vano dai loro palazzi e ci dice­vano di rinun­ciare alle nostre pas­seg­giate in aree che non sono desti­nate ai poveri. Gri­da­vano dicen­doci di stu­diare e andare a pas­seg­giare nelle biblio­te­che per impa­rare qual­cosa e diven­tare ben educati.

    Allo stesso tempo, gli orga­niz­za­tori dei role­zi­n­hos hanno comin­ciato a rice­vere multe di 5/10.000 e anche 40.000 reais per il loro ten­ta­tivo di orga­niz­zare pas­seg­giate all’interno degli shop­ping. Que­sto atteg­gia­mento, i mani­fe­stanti e i movi­menti negri lo con­si­de­rano come espres­sione di un pre­giu­di­zio raz­ziale, come vero e pro­prio raz­zi­smo, visto che l’idea è che i poveri (in buona parte neri) non devono entrare in certi spazi. I mani­fe­stanti hanno anche pro­nun­ciato la parola «apar­theid», sot­to­li­ne­nando il fatto che il paese è com­ple­ta­mente diviso tra ric­chi e poveri e i poveri non pos­sono nean­che entrare negli shop­ping cen­ter per diver­tirsi.
    Ancora nel mese di gen­naio, c’è stato un altro annun­cio sull’aumento dei biglietti dei mezzi pub­blici, pub­bli­cato dai gior­nali com­mer­ciali della città. Da allora si è comin­ciato a fis­sare altre mani­fe­sta­zioni nel cen­tro di Rio de Janeiro. L’ultima è stata gio­vedi. Era la quinta mani­fe­sta­zione con­tro l’aumento dei biglietti (che dovrebbe scat­tare oggi).

    C’erano circa 5000 per­sone. Io ero lì. La repres­sione è stata dura, la poli­zia era in assetto di guerra. Ci hanno cir­con­dato e hanno comin­ciato a pic­chiarci. Ci hanno tirato con­tro lacri­mo­geni, gas che para­liz­zano il respiro. Hanno col­pito un ope­ra­tore che stava ripren­dendo la scena, è stato preso in pieno da una bomba di que­ste che con­ten­gono gas, ha perso san­gue. È rico­ve­rato in ospe­dale, so che l’hanno ope­rato, anche un’altra per­sona è stata ferita. Se volete vedere con i vostri occhi, que­sto è il video degli scon­tri di gio­vedi.

    Al di là della minac­cia dell’aumento del prezzo dei biglietti, resta il fatto che alcune favelas con­ti­nuano a sof­frire delle rimo­zioni for­zate per lasciare spa­zio alle opere dei megae­venti. Altre sono sem­pre più mili­ta­riz­zate e sop­por­tano l’oppressione dello Stato. Il numero di spa­ra­to­rie nelle fave­las è aumen­tato, molti poveri sono stati assas­si­nati in que­ste prime set­ti­mane del 2014.
    Oltre que­sti pro­blemi raz­ziali, di rimo­zioni e di nume­rose spa­ra­to­rie nelle fave­las, l’intera città di Rio de Janeiro ha sof­ferto per la fre­quente man­canza di luce e acqua, soprat­tutto nei quar­tieri più poveri. Su que­sto ci sono mani­fe­sta­zioni dovun­que, abi­tanti delle fave­las hanno bloc­cato le strade veloci a causa di que­sti pro­blemi, in altre fave­las sono state inter­rotte strade e viali per pro­te­stare con­tro le rimo­zioni e tutte quelle azioni, che si stanno mol­ti­pli­cando, che pun­tano all’eliminazione for­zata delle fave­las stesse. Quasi tutti i giorni a Rio de Janeiro c’è stata una mani­fe­sta­zione in un luogo diverso della città, alcune sta­bi­lite dai movi­menti sociali e altre da chi sta diret­ta­mente sof­frendo per l’oppressione dello Stato.
    Il 25 gen­naio, l’avvocata Luisa Mara­n­hão, nella sua mac­china, stava attra­ver­sando il cen­tro di Rio, quando è stata avvi­ci­nata da tre mac­chine e una moto. Luisa stava ascol­tando una can­zone. Una parte del testo diceva «Eduardo Paes è un ban­dito». Ma il pro­blema non è il testo della can­zone, visto che esi­ste in Bra­sile la piena libertà di espres­sione. Il fatto è che pro­prio il sin­daco Eduardo Paes di cui parla la can­zone è sceso dalla sua mac­china e ha abbor­dato l’avvocata chie­den­dole chi la pagasse per ascol­tare quella musica. Il sin­daco era accom­pa­gnato da tre mac­chine e una moto — erano la sua scorta – quando dal fine­strino ha ordi­nato che l’avvocata (in mac­china con la sorella) fer­masse la sua auto. Lei non si è fer­mata, ma il sin­daco ha detto: «dob­biamo par­lare». Quando Luisa ha fer­mato l’auto, Paes ha chie­sto a lei e alla sorella: «Chi vi ha pagato per met­tere que­sta musica?»
    «Mi sono spa­ven­tata – rac­conta Luisa – ho pro­te­stato anche con lui come sin­daco, riven­di­cando il mio diritto di libera cit­ta­dina di poter espri­mermi anche con una cri­tica in musica sulla sua gestione e quella del gover­na­tore, che appar­ten­gono allo stesso gruppo poli­tico». Durante il col­lo­quio, Luisa cri­tica «le rimo­zioni nelle fave­las e il fatto che il popolo non viene con­sul­tato e non ha voce in capi­tolo men­tre sta per­dendo le case a causa delle opere dei megae­venti; l’uso della forza con­tro i ven­di­tori ambu­lanti da parte della Guar­dia Muni­ci­pale, così come l’uso di armi non letali; l’uso della vio­lenza e le deten­zioni di mani­fe­stanti, stu­denti, pro­fes­sori che lot­tano per una edu­ca­zione migliore, per la sanità, i tra­sporti, le case e la dignità nella nostra città e nel nostro paese. La cosa scon­vol­gente — aggiunge — è che il sin­daco in per­sona ha fer­mato la mia mac­china per cer­care di impe­dirmi di ascol­tare una can­zone. La con­si­dero una man­canza di rispetto, sono una cit­ta­dina e devo avere la più asso­luta liberà di ascol­tare il tipo di musica che voglio».

    (Tra­du­zione di Serena Roma­gnoli)

    Gizele Martins, il manifesto

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